Chésta lé casa mè

AL SUD 80 MILIARDI OGNI ANNO: LOMBARDIA, EMILIA E VENETO PAGANO


AL SUD 80 MILIARDI OGNI ANNO: LOMBARDIA, EMILIA E VENETO PAGANO18 aprile 2012 di GIANLUCA MARCHI È  l’altissima spesa pubblica che continua a rappresentare la palla al piede di questo sgangherato Paese, con effetti che si ripercuotono  negativamente sull’economia reale e sul sistema produttivo, tanto che le piccole e medie imprese stanno cadendo come birilli. E il governo dei professori, i geni della lampada che sanno tutto e non capiscono un cacchio, pensano di risolvere i problemi con l’articolo 18.Un paio di giorni fa ho dato affettuosamente dei “coglioni” ai lombardi che, secondo i numeri elaborati da Giuseppe Bortolussi su dati del 2007, hanno un residuo fiscale di 43 miliardi all’anno, cioè lasciano nelle casse dello stato questa enorme somma che rappresenta la differenza fra le tasse pagate e i servizi pubblici forniti ai cittadini. E’ come se andassimo a comprare un etto di prosciutto che costa  4 euro e perché siamo noi ci viene fatto pagare 8 euro.
Il dibattito su questo mio articolo è stato molto vivace e qualcuno, molto diligentemente, mi ha messo sulla strada di un altro studio, più recente, pubblicato infatti nel giugno del 2011: “Federalismo, sussidiarietà ed evasione fiscale” realizzato da Unioncamere del Veneto, in collaborazione con il Consiglio e la Giunta Regionale del Veneto.Secondo questa analisi, facendo una media per il triennio 2007-2009, i dati sono terrificanti: il residuo fiscale annuo della Lombardia ammonta a 70 miliardi€, segue l’Emilia Romagna con 18, 192€, il Veneto con 16,585 e il Piemonte con 13,483 (nel grafico sopra trovate il residuo fiscale procapite per abitante). L’elaborazione di Unioncamere Veneto, effettuata su dati del ministero dello Sviluppo economico, dice che ogni anno dalle Regioni più ricche vengono trasferiti alle Regioni più povere circa 80 miliardi€. Se a questa somma mastodontica aggiungiamo circa 10 miliardi che provengono dalla Ue, che tuttavia non producono alcuna crescita accettabile per una delle aree più arretrate ma più beneficiate dell’Europa comunitaria. Penso che non ci sia da aggiungere altro a queste cifre. Mi limito a dire che il Nord non può più reggere questa situazione. 
Di seguito limitiamoci a ripercorrere alcuni passi della ricerca in questione:“La Pubblica Amministrazione italiana non gestisce con efficacia le proprie risorse. Nel 2010 le spese totali sono risultate pari al 51,2% del Pil (in lieve diminuzione rispetto al 52,5% nel 2009). Se il debito e la sostenibilità sono problematiche di difficile soluzione nel breve periodo, un recupero di efficienza nell’impiego delle possibilità di spesa sarebbe possibile ed auspicabile, soprattutto in un momento di mancanza di risorse e di attesa di una concreta ripresa economica. Una bassa efficienza della Pubblica Amministrazione appare come una delle principali cause che conducono a debiti pubblici elevati, bassa attrattività degli investimenti, basso livello dei servizi erogati alla popolazione. Per di più, un’elevata spesa pubblica unita ad un già consistente debito, può portare in periodi di bassa crescita all’impossibilità di implementare politiche espansive al fine di rilanciare la crescita.A livello regionale si evidenzia una distribuzione “disequilibrata” delle risorse. La spesa pubblica nelle Regioni meridionali è più bassa, ma la sua incidenza sul Pil è molto più alta, in ragione del basso livello di sviluppo economico: la spesa del settore pubblico sul Pil delle regioni del Sud è di oltre 15 punti percentuali superiore a quella del Centro-Nord. In particolare, nella media 2007-2009 l’incidenza percentuale della spesa delle Amministrazioni pubbliche sul Pil in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna è inferiore al 40%. Per dare sempre più aiuto alle imprese del territorio e incoraggiarle in questo cammino di ripresa è quindi sempre più importante riordinare la finanza pubblica agendo sia sul sistema perequativo che sui tagli alle spese e agli sprechi.L’Italia inoltre si configura come il Paese nel quale la Pubblica Amministrazione esercita la maggiore redistribuzione interna delle risorse per realizzare la coesione nazionale. Il totale infatti delle risorse che ogni anno in Italia vengono trasferite dalle Regioni più ricche a quelle più povere per il principio della perequazione nazionale (che definiamo residuo fiscale) ammonta a circa 80 miliardi di euro; a questi si aggiungono i circa 10 miliardi di euro dell’UE (coesione comunitaria). Nonostante ciò le aree più deboli non hanno conseguito quella crescita economica che si è invece realizzata in altre aree economicamente più arretrate nell’Unione europea.In particolare, dal Veneto lo Stato centrale preleva molto di più di quanto effettivamente restituisca in termini di spesa pubblica. Inoltre, il Veneto, regione con residuo fiscale in attivo, non alimenta il debito pubblico: anzi, grazie al maggior prelievo statale (e alla minore spesa) contribuisce a ridurre l’indebitamento annuo e, conseguentemente, limita l’incremento dello stock del debito. Il quadro per le Amministrazioni periferiche si caratterizza per la costante scarsità di risorse a disposizione rispetto agli oneri di spesa a loro carico: la mancata attuazione del federalismo e una perequazione dimensionalmente rilevante e ancora basata su criteri di tipo “storico” producono un quadro generale di incertezza di risorse che mette in difficoltà i governi locali.L’attuale assetto istituzionale appare estremamente penalizzante per la Regione. Le risorse aggiuntive che vengono prelevate dallo Stato italiano in Veneto e destinate verosimilmente alla perequazione territoriale, mediamente nel triennio 2007-2009 ammontano a oltre 16 miliardi di euro (3.405 euro per abitante). Alla luce di questi dati, è possibile individuare proprio nella cifra di oltre 16 miliardi di euro il costo annuo per il Veneto della mancata attuazione del federalismo fiscale. Il drenaggio di risorse da parte dello Stato italiano può essere misurato, infatti, come una mancata opportunità di investire in Veneto le imposte versate dai contribuenti locali.Alla luce di questi dati, è possibile individuare proprio nella cifra di oltre 16 miliardi di euro il costo annuo per il Veneto della mancata attuazione del federalismo fiscale. Il drenaggio di risorse da parte dello Stato italiano può essere misurato, infatti, come una mancata opportunità di investire in Veneto le imposte versate dai contribuenti locali.Per valore del residuo fiscale il Veneto si colloca al terzo posto della graduatoria delle Regioni italiane in avanzo finanziario, alle spalle della Lombardia (70.041 milioni) e dell’Emilia-Romagna (18.192 milioni). In termini procapite il Veneto ha registrato un residuo fiscale pari a 3.405 euro per abitante, oltre la metà di quello della Lombardia (7.198 euro) e di poco inferiore a quello dell’Emilia-Romagna (4.203 euro). Al gruppo delle Regioni che vantano un saldo fiscale positivo fanno parte anche Piemonte, Lazio e Toscana. Fatta eccezione per Marche, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Liguria, Umbria e Abruzzo, che registrano un residuo positivo molto contenuto, tutte le altre Regioni evidenziano un saldo negativo. Vale la pena sottolineare che la somma delle entrate tributarie prelevate in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna servono per bilanciare i disavanzi maturati da tutte le Regioni del Mezzogiorno”.http://www.lindipendenza.com/al-sud-80-miliardi-annui-pagano-lombardia-emilia-e-veneto/