TUTTI I COSTI DELL'IMMIGRAZIONE(2° parte) «L’immigrazione pone rimedio alla nostra denatalità»Da noi c’è troppa gente. La penisola è affollata. In alcune parti la soglia di preoccupazione è stata superata. Oggi i livelli di popolamento della Padania, area in cui si concentra più del 61% dell’immigrazione extracomunitaria, sono altissimi: ci sono 254 abitanti regolarmente censiti per chilometro quadrato, contro i 158 del resto d’Italia. In Europa ne hanno di più solo Olanda e Belgio senza nessun territorio montuoso, neppure una collinetta. In Lombardia ci sono 382 persone (esclusi ospiti e clandestini) al chilometro quadrato: al mondo sono messi peggio solo il Libano, la Corea del Sud e il Bangladesh. Nella provincia di Monza e Brianza ci sono 2.033 persone per chilometro quadrato, inferiore al mondo solo a Monaco, Singapore e alla striscia di Gaza. L’affollamento si ripercuote drammaticamente sulla qualità della vita, sull’inquinamento, sul traffico, sulla produzione di rifiuti e sui livelli dei servizi. É del tutto comprensibile che, in una situazione del genere, la nostra gente cerchi spontaneamente di diminuire la propria concentrazione, “sfollando” quando possibile verso aree meno costipate di campagna o collina, oppure – più semplicemente – facendo meno figli. Se abbiamo deciso di diminuire di numero è una scelta libera e responsabile: abbiamo uno dei tassi di natalità più bassi del mondo e sono fatti nostri. Se abbiamo deciso di restare più larghi è per nostro vantaggio e non per fare posto ad altri. Non siamo affatto in via di estinzione ed è comunque un problema che dovremo – se mai si porrà – risolvere per conto nostro. La denatalità è strettamente collegata con il rifiuto dell’affollamento eccessivo, ma anche con l’insicurezza, con le difficoltà economiche, e con la mancanza di prospettive di libertà. Negli anni ’60 il Sud Tirolo sembrava avviato verso quella che veniva chiamata “la marcia della morte” della comunità autoctona: con l’acquisizione di larghe autonomie, la provincia di Bolzano è balzata ai vertici dei tassi di rinnovata natalità. Il giorno in cui le nostre comunità dovessero disporre di maggiori autonomie e libertà si riprodurrebbe inevitabilmente lo stesso andamento.Oggi l’immigrazione crea ulteriore insicurezza e quindi minore natalità fra i padani a vantaggio dei foresti di qualsiasi provenienza. Non ha neppure senso spingere verso tassi più alti per evitare la formazione di vuoti e l’arrivo di ultronei: non avremmo alcuna possibilità di vincere la devastante guerra dello spermatozoo. Il tasso di natalità delle donne italiane è di 1,29 contro il 2,13 delle immigrate: quest’ultimo tende a diminuire nel tempo ma resta alto per le ultime arrivate, in un circolo senza fine. Nel terzo mondo i livelli sono da tre a cinque volte superiori ai nostri: è un confronto dagli esiti scontati. La nostra gente deve essere libera di scegliere i propri tassi demografici, di pilotare la propria crescita o decrescita, anche senza che lo Stato si intrometta con incentivi economici che finiscono per implementare ulteriormente l’altrui natalità a spese nostre. Un popolo libero deve potersi regolare senza paura di intromissioni esterne, deve potersi alzare da tavola senza la paura che qualcuno gli freghi il posto. Quello che sta succedendo da noi ha invece assunto caratteri davvero preoccupanti.Vale la pena di provare a ipotizzare gli scenari futuri della nostra condizione demografica. Oggi gli abitanti della penisola (fra residenti regolari e clandestini) sono circa 62 milioni. Il 35% circa è costituito da cittadini italiani residenti nelle otto regioni settentrionali, il 53% nelle regioni centro-meridionali, e il 12% circa da immigrati stranieri di vario genere, regolari, irregolari e naturalizzati. I tre gruppi, ai fini di questo calcolo, vanno considerati come entità omogenee: con “padani” si intendono gli abitanti delle regioni padane (compresi gli immigrati meridionali e i loro discendenti) e con “italiani” quelli di tutte le restanti parti della Repubblica italiana.
TUTTI I COSTI DELL'IMMIGRAZIONE (2° parte)
TUTTI I COSTI DELL'IMMIGRAZIONE(2° parte) «L’immigrazione pone rimedio alla nostra denatalità»Da noi c’è troppa gente. La penisola è affollata. In alcune parti la soglia di preoccupazione è stata superata. Oggi i livelli di popolamento della Padania, area in cui si concentra più del 61% dell’immigrazione extracomunitaria, sono altissimi: ci sono 254 abitanti regolarmente censiti per chilometro quadrato, contro i 158 del resto d’Italia. In Europa ne hanno di più solo Olanda e Belgio senza nessun territorio montuoso, neppure una collinetta. In Lombardia ci sono 382 persone (esclusi ospiti e clandestini) al chilometro quadrato: al mondo sono messi peggio solo il Libano, la Corea del Sud e il Bangladesh. Nella provincia di Monza e Brianza ci sono 2.033 persone per chilometro quadrato, inferiore al mondo solo a Monaco, Singapore e alla striscia di Gaza. L’affollamento si ripercuote drammaticamente sulla qualità della vita, sull’inquinamento, sul traffico, sulla produzione di rifiuti e sui livelli dei servizi. É del tutto comprensibile che, in una situazione del genere, la nostra gente cerchi spontaneamente di diminuire la propria concentrazione, “sfollando” quando possibile verso aree meno costipate di campagna o collina, oppure – più semplicemente – facendo meno figli. Se abbiamo deciso di diminuire di numero è una scelta libera e responsabile: abbiamo uno dei tassi di natalità più bassi del mondo e sono fatti nostri. Se abbiamo deciso di restare più larghi è per nostro vantaggio e non per fare posto ad altri. Non siamo affatto in via di estinzione ed è comunque un problema che dovremo – se mai si porrà – risolvere per conto nostro. La denatalità è strettamente collegata con il rifiuto dell’affollamento eccessivo, ma anche con l’insicurezza, con le difficoltà economiche, e con la mancanza di prospettive di libertà. Negli anni ’60 il Sud Tirolo sembrava avviato verso quella che veniva chiamata “la marcia della morte” della comunità autoctona: con l’acquisizione di larghe autonomie, la provincia di Bolzano è balzata ai vertici dei tassi di rinnovata natalità. Il giorno in cui le nostre comunità dovessero disporre di maggiori autonomie e libertà si riprodurrebbe inevitabilmente lo stesso andamento.Oggi l’immigrazione crea ulteriore insicurezza e quindi minore natalità fra i padani a vantaggio dei foresti di qualsiasi provenienza. Non ha neppure senso spingere verso tassi più alti per evitare la formazione di vuoti e l’arrivo di ultronei: non avremmo alcuna possibilità di vincere la devastante guerra dello spermatozoo. Il tasso di natalità delle donne italiane è di 1,29 contro il 2,13 delle immigrate: quest’ultimo tende a diminuire nel tempo ma resta alto per le ultime arrivate, in un circolo senza fine. Nel terzo mondo i livelli sono da tre a cinque volte superiori ai nostri: è un confronto dagli esiti scontati. La nostra gente deve essere libera di scegliere i propri tassi demografici, di pilotare la propria crescita o decrescita, anche senza che lo Stato si intrometta con incentivi economici che finiscono per implementare ulteriormente l’altrui natalità a spese nostre. Un popolo libero deve potersi regolare senza paura di intromissioni esterne, deve potersi alzare da tavola senza la paura che qualcuno gli freghi il posto. Quello che sta succedendo da noi ha invece assunto caratteri davvero preoccupanti.Vale la pena di provare a ipotizzare gli scenari futuri della nostra condizione demografica. Oggi gli abitanti della penisola (fra residenti regolari e clandestini) sono circa 62 milioni. Il 35% circa è costituito da cittadini italiani residenti nelle otto regioni settentrionali, il 53% nelle regioni centro-meridionali, e il 12% circa da immigrati stranieri di vario genere, regolari, irregolari e naturalizzati. I tre gruppi, ai fini di questo calcolo, vanno considerati come entità omogenee: con “padani” si intendono gli abitanti delle regioni padane (compresi gli immigrati meridionali e i loro discendenti) e con “italiani” quelli di tutte le restanti parti della Repubblica italiana.