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Debiti Pa, ecco chi lucra sui ritardi


Un dossier riservato fa il punto sul mercato del factoring. Che gioca sulla cessione dei creditiDebiti Pa, ecco chi lucra sui ritardiDecine di società bancarie, rappresentate da Confindustria   31 maggio 2012 - di Stefano Sansonetti  A parole è difficile trovare qualcuno che non sia d'accordo. Nessuno può essere ragionevolmente in grado di negare che la pubblica amministrazione italiana dovrebbe pagare più velocemente i suoi fornitori. Cosa che oggi avviene in media dopo 180 giorni, se va bene, con punte che arrivano anche a più di mille giorni. Un'eternità, non c'è che dire. Ma su questi tempi biblici c'è chi lucra un bel po', e quindi ha tutto l'interesse a mantenere la situazione attuale. Si tratta dell'altra faccia della medaglia, quella popolata da un nutrito drappello di società di factoring, ovvero realtà che fanno della gestione dei crediti altrui il loro core business. E che rientrano praticamente tutte nel perimetro dei grandi gruppi bancari e, guarda un po', anche nel caleidoscopico mondo confindustriale. Già, perché le medesime società di factoring, per il tramite della loro associazione Assifact, aderiscono in blocco a quella stessa Confindustria che da una parte dice di volere un più tempestivo pagamento da parte della Pa dello stock di debiti che ormai avrebbe raggiunto i 90 miliardi di euro, ma dall'altra rappresenta proprio quelle imprese finanziarie che sui ritardati versamenti hanno costruito il loro fiorente mercato. Per capire come stanno le cose occorre soffermarsi sulla parola chiave: factoring. Le società di questo settore, in pratica, agiscono facendosi cedere la gestione dei crediti altrui, come lo sono quelli che i fornitori vantano nei confronti della Pa. In cambio forniscono un servizio che può arrivare fino alla riscossione del credito stesso. La cessione avviene pro solvendo, quando è il cedente a mantenere il rischio dell'eventuale mancato pagamento del credito ceduto, oppure pro soluto, quando è il cessionario ad assumersi questo rischio. Detto ciò, si può passare subito a una rassegna delle principali società attive in Italia, quasi tutte controllate dalle maggiori banche: Unicredit Factoring (Unicredit), Ubi Factor (Ubi Banca), Factorit (Bpm e Banca Popolare di Sondrio), Mps Leasing&Factoring (Mps), Mediofactoring e Centro Factoring (Intesa Sanpaolo), Ifitalia (Bnp Paribas), Emilro (Unibanca e Banca Popolare dell'Emilia Romagna), Farmafactoring (società finanziaria londinese Apax Partners), Banca Ifis (famiglia Agnelli), Ge Capital (gruppo americano General Electric). Secondo un dossier riservato messo a punto da un primario istituto di credito, di cui ItaliaOggi è in possesso, a fine 2010 queste 11 realtà avevano complessivamente raggiunto un giro d'affari di 134 milioni di euro. Ed è logico che con queste medie di ritardo nel pagamento dei debiti pubblici, non fanno altro che aumentare le possibilità di incremento del business. Ora, diventa anche curioso notare che oltre a essere difese dal mondo bancario al quale appartengono, le società di factoring hanno trovato da tempo il cappello protettivo di Confindustria. E pensare che sono ancora fresche le parole con le quali il nuovo presidente dell'associazione, Giorgio Squinzi, qualche giorno fa aveva definito insufficienti i circa 30 miliardi di debiti della Pa che il governo guidato da Mario Monti e dal superministro di sviluppo e infrastrutture, Corrado Passera (ex banchiere proprio di Intesa), è intenzionato a sbloccare. Si dà infatti il caso che tutte le società di factoring citate nel dossier facciano parte di un'associazione di categoria, l'Assifact, che aderisce a Confindustria servizi innovativi e tecnologici. Insomma, di giorno Confindustria preme sul governo perché elimini il ritardo con cui la Pa paga le aziende fornitrici, mentre di notte dà rappresentanza alle società di factoring che su quei ritardi basano la ragione fondamentale dei loro ricchi affari. http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1773978&codiciTestate=1&sez=hgiornali