Creato da: lecasame il 04/04/2010
Con calma e per piasèr

 

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 2001.

 

DIFENDIAMOCI!

Intanto difendiamoci
da chi ci sta sbranando,
poi penseremo a individuare
chi glielo sta lasciando fare.

 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultimi commenti

Archivio messaggi

 
 << Marzo 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
        1 2 3
4 5 6 7 8 9 10
11 12 13 14 15 16 17
18 19 20 21 22 23 24
25 26 27 28 29 30 31
 
 

Ultime visite al Blog

Negro1981FabioVenezia1981urlodifarfallamarco.mestrinaroFRA81XLBTDangela.pellegrini51cassetta2donatellagiacomazzifavarulo.vincenzodiego336nchieffoormaliberabompietro1952chifandaniela
 

Area personale

 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

UN GIORNO MIGLIAIA DI UOMINI LASCERANNO...

Proclama all’occidente 
del presidente algerino Houari Boumediene
nel 1974 dal podio delle Nazioni Unite:

“’Un giorno milioni di uomini lasceranno l’emisfero sud per fare irruzione nell’emisfero nord. E non in modo amichevole.

Verranno per conquistarlo, e lo conquisteranno popolandolo con i loro figli. E’ il ventre delle nostre donne che ci darà la vittoria”.

.........................................

 

IL CUCULO

... quando si schiude l’uovo del cuculo, il piccolo intruso sbatte fuori dal nido i suoi “fratellastri” caricandosene sul dorso le uova e gettandole fuori, o spingendo giù gli altri uccellini del nido se sono già nati...

Leggi tutto

 

SPOT PARTITO DEMOCRATICO SVEDESE

 

QUESTA E' SPARTA!

 

Dichiarazioni DIRITTI UMANI

Dichiarazione Universale
dei diritti umani

................................

Dichiarazione Universale
dei diritti dell'uomo nell'islam

................................

 

 

 
« Salerno, il consorzio de...Cina crisi: affogano nel... »

Il Meridione va messo a stecchetto

Post n°983 pubblicato il 05 Settembre 2012 da lecasame

Per Marco Demarco, direttore del Corriere del Mezzogiorno, il Sud è stato drogato da troppi fondi
 
Il Meridione va messo a stecchetto
 
Deve abituarsi a dei budget e a rispettare i limiti di spesa
di Luigi Chiarello

Prima la medicina, amara: «Oggi il Mezzogiorno si salva solo con un'operazione di spending review straordinaria; serve una revisione della spesa moltiplicata per cento». Poi, la terapia: «Noi meridionali dobbiamo abituarci ad avere dei budget; a rispettare i limiti. Dobbiamo abituarci a spendere ciò che possiamo, non ciò che vorremmo».

Quindi, la diagnosi: «Va riconsiderato il rapporto tra spesa pubblica e qualità del ceto dirigente. Più c'è denaro pubblico, meno alta è la qualità della classe dirigente». Marco Demarco, direttore del Corriere del Mezzogiorno, è come un medico di frontiera. Studia il paziente, con meticolosità; giorno dopo giorno ne osserva i sintomi, ne legge il decorso. Il suo malato non è in carne e ossa. Ma è in milioni di carni e milioni di ossa. Il suo paziente è il Sud, a cui ogni sera tasta il polso, nella cucina del suo giornale. Raggiunto da ItaliaOggi, Demarco fotografa un Meridione stordito dalla crisi globale e, in parte, disorientato dal prosciugarsi delle furbizie clientelari. Nel racconto utilizza le parole col distacco del chirurgo, modulando la voce come un bisturi, nella carne viva della società e della politica meridionali. Senza sconti, senza vittimismi, senza silenzi di convenienza.

Domanda. Nei giorni scorsi, lei ha scritto sul Corriere del Mezzogiorno che trova paradossale che Napoli faccia un'icona del suo lungomare liberato e pedonalizzato, mentre un intero quartiere, Scampìa, continua a essere «l'Alexanderplatz del buco», il supermercato della droga. Perché le due azioni non possono stare assieme?

Risposta. Perché quando è stata pedonalizzata via Caracciolo, la via di scorrimento più importante di Napoli, il sindaco, oltre alla naturale soddisfazione, ci ha messo un di più di enfasi: chiamando la via pedonalizzata il «lungomare liberato». La Liberazione, però, fa venire in mente lo sbarco degli americani, la guerra al nazifascismo e la Liberazione del paese. Ma passi. Il problema è che, quando riscoppia la faida di Scampìa, beh la contraddizione emerge e diventa evidente. Non si può dire: «Abbiamo liberato via Caracciolo», quando rimane occupato un intero quartiere, Scampìa. È come se il generale Patton, appena sbarcato in Italia, avesse gridato alla liberazione del paese, quando, invece, proprio allora iniziava «il bello».

D. Resta il fatto che ordine pubblico e lotta alla criminalità organizzata sono di competenza dello Stato centrale, del ministro dell'interno. Non certo del sindaco, che, per di più, è un noto ex pm...

R. Certo, la competenza principale è dello Stato, ma il Comune ha competenze specifiche molto importanti in materia. Tutti sappiamo che il controllo della Camorra su un territorio avviene anche attraverso l'occupazione abusiva delle case di quel territorio. Funziona così. Il clan della Camorra occupa abusivamente tutto un rione e, così, ne ha il controllo.

D. E il Comune cosa può fare?

R. La Camorra assegna le case ai propri affiliati. Ma, essendo queste case pubbliche, sono state già assegnate a legittimi titolari. I camorristi li minacciano e li costringono ad abbandonare gli appartamenti per assegnarli ai loro affiliati. Attraverso questa occupazione la Camorra riesce ad avere una presenza costante sul territorio. Ma è il Comune che ha il diritto di assegnare le case. Quindi, lo stesso Comune ha un compito ben preciso: deve ripristinare la legalità, sgombrando gli abusivi e riassegnando gli appartamenti ai legittimi assegnatari.

D. De Magistris invece è inerte?

R. Il Comune di Napoli, sei mesi fa, ha completato l'ultimo censimento delle case. De Magistris era già sindaco; dunque già conosce i nomi degli abusivi. E anche dove essi sono. Ciò nonostante questa operazione di legalità non è stata ancora fatta. Di conseguenza, è ancor più singolare che si «liberi» il lungomare, che non era certo occupato abusivamente. E non si liberi, invece, un intero rione, che è abusivamente occupato.

D. Ma non sarà tutta colpa di De Magistris?

R. Certo. Poi c'è il paradosso della magistratura. Abbiamo saputo che esistono ben 300 richieste di arresto, che da anni, non mesi, anni, giacciono presso l'ufficio del Gip. E sono tutte richieste che hanno a che fare con Scampìa.

D. Perché non procedono?

R. Probabilmente sono bloccate per il super lavoro. Ma il paradosso è che noi, quasi tutti i giorni, sentiamo il tribunale di Napoli lamentarsi della scarsezza di mezzi a disposizione. Della mancanza di carta o di auto per la polizia. Ma mai, dico mai, è stato lanciato un allarme per l'accumularsi delle tante richieste di arresto non eseguite. Alcune di queste richieste datano tre anni fa. È un fatto gravissimo. Abbiamo uno Stato lento, che non agisce dove deve. E un Comune che non fa quello che deve.

D. Lei ha definito Scampìa una «zona franca nello Stato di diritto». Non è l'unica nel Mezzogiorno. Perché lo Stato unitario, a 150 anni dalla sua nascita, non è padrone al Sud del suo territorio?

R. Questo è il problema principale della questione meridionale. C'è una sostanziale cessione di sovranità dello Stato a favore di potenze nemiche: le organizzazioni criminali. Tutto ciò si spiega con uno scambio: la cessione di sovranità data dallo Stato viene ripagata con i voti. È questo il grande scambio che ha determinato l'arretratezza complessiva del Mezzogiorno. Lo Stato ha ceduto potere per ricevere consenso politico.

D. Un abbraccio mortale

R. Ma lo Stato, questo consenso, avrebbe potuto raccoglierlo anche in positivo. Non solo in negativo. Le strade tentate, però, non hanno funzionato. Penso all'industrializzazione fatta da Nitti, dal primo '900 in poi. Ha funzionato solo a periodi. Penso anche a un secondo tentativo; quello fatto con la Cassa per il Mezzogiorno, durata per un certo periodo. Terminato il quale, si è tornati alla logica della cessione di potere in cambio di consenso. Una logica, va detto, continuata anche con la sinistra al potere. Quella stessa sinistra che, pure, aveva contestato quell'approccio.

D. Si riferisce a Bassolino?

R. Vede, quando la sinistra andò al governo, nella prima metà degli anni 90, lo fece perché denunciò lo strapotere e i disastri di quello che definì «il partito unico della spesa pubblica». Che sostanzialmente era il Pentapartito. Bassolino vinse le elezioni con questo slogan. Era la stagione della cosiddetta primavera dei sindaci, quella anche di Orlando e di Bianco, per intenderci. Beh, dopo qualche anno, quella sinistra divenne essa stessa il «partito della spesa pubblica». Bassolino ha lasciato una situazione debitoria da raccapriccio al Comune di Napoli.

D. Alla fine si sono arresi alle richieste clientelari?

R. Sì. Tutte le forze politiche hanno ceduto alla tentazione delle istanze clientelari. Ma, diciamolo forte, quella del consenso clientelare non è una condizione ineluttabile. C'è un'altra classe dirigente, quella veneta per esempio, che ha fatto diversamente. Fino agli anni 50 il Veneto e la Campania erano in condizioni molto simili; avevano lo stesso genere di vita, le stesse condizioni socio economiche. Poi, le due regioni hanno preso strade opposte

D. Lei è ben cosciente del contesto geopolitico in cui il Mezzogiorno è calato. Ha scritto: «Oggi l'intero Sud dell'Europa è sotto tutela; Grecia, Portogallo, Spagna e Italia sono oggetto di preoccupata attenzione per i poco credibili meccanismi delle rispettive democrazie rappresentative; e addirittura si teme che questi paesi, già sfuggiti al controllo dei partiti, non possano essere retti che da commissari straordinari». Ora, un Mezzogiorno in cui lo Stato cede sovranità alle mafie come ne esce?

R. La situazione diventa sempre più difficile. Oggi, risulta poco credibile persino l'Italia intera. Anche se, con Monti, la percezione del paese all'estero sta lentamente migliorando. Comunque, il giudizio del Nord Europa sull'Italia resta molto sospettoso. Ora, se in un periodo economico espansivo, tali dubbi possono anche essere tollerati, in periodi di crisi o recessione come quello attuale, queste perplessità diventano ancora più stringenti. Per noi meridionali la situazione va sempre peggio.

D. Come se ne esce?

R. In un modo:

smettendola di chiedere altri soldi.

 Anche perché, ormai, di soldi pubblici non ce ne sono più. E facendo un'operazione di spending review straordinaria; cioè, una revisione della spesa moltiplicata per cento. Vede, non voglio arrivare al paradosso di dire che l'eccesso di denaro pubblico ci ha «inguaiato», ma_

D. Ma?

R. Tutto questo denaro pubblico ha fatto sì che ci fosse meno responsabilizzazione; che la classe dirigente venisse selezionata, non per la qualità delle idee, ma per la capacità di relazione con il potere centrale. Tant'è vero che i meridionali che hanno fatto carriera politica l'hanno fatta trasferendosi a Roma. Oggi, il punto centrale è riconsiderare il rapporto tra spesa pubblica e qualità del ceto dirigente. Io, poi, penso che più c'è denaro pubblico, meno alta è la qualità della classe dirigente.

D. Secondo lei l'euro fa bene al Mezzogiorno? O servirebbe una lira leggera, svalutata, più adatta alla situazione economica del Sud Italia?

R. No! Non credo che se si configurasse una diversa moneta, per il Sud le cose andrebbero meglio. Anzi. Saremmo ancora più esposti a quella zona grigia dell'economia, che poi diventa zona nera: il lavoro nero, lo sfruttamento, l'evasione. Un'ipotesi del genere, per il Mezzogiorno, sarebbe drammatica. Noi meridionali, al contrario, dobbiamo necessariamente restare attaccati al treno dell'Europa del Nord. Di più: dobbiamo spingere quel treno! Non trattenerlo. Ogni illusione secessionista, autonomista, che dovesse consistere nel portare il Sud lontano dal centro dell'Europa, oggi è sconsiderata. Non ci sono le condizioni

D. E le primavere arabe? Con tutte le loro contraddizioni, celano chance per il Sud Italia, come per il Veneto lo fu la caduta del Muro di Berlino?

R. No. Perché, la parte d'Italia che maggiormente dialogava e ancora dialoga economicamente con la sponda sud del Mediterraneo è Milano. Non il Sud, non Napoli. La posizione geografica, di per sé, non è sufficiente. Piuttosto, è la posizione economica, la robustezza del tessuto produttivo e del progetto politico, che fanno diventare una realtà attrattiva; riferimento per altre economie emergenti

D. C'è poi il federalismo. Nel Mezzogiorno, la chiamata al protagonismo diretto dell'amministratore locale sarà dannosa, per via delle clientele da alimentare?

R. Forme di federalismo, in uno Stato unitario, non possono che far bene al Mezzogiorno, perché accrescono la responsabilizzazione della classe dirigente. Bisogna cambiare. Dobbiamo rispondere dei soldi che spendiamo. Fino a oggi, il Sud Italia ha speso; poi ha presentato una nota spese e si è fatto rimborsare tutto. Noi meridionali dobbiamo abituarci ad avere dei budget; a rispettare i limiti. Dobbiamo abituarci a spendere ciò che possiamo, non ciò che vorremmo.

D. A Nord c'è chi prevede o auspica una scomposizione della rappresentanza politica sulla base di istanze territoriali. In sostanza, c'è chi vuole la nascita di un partito del Sud, che sia portatore degli interessi del Mezzogiorno, contrapposto a un partito del Nord, che sia motore della macroregione Settentrione

R. Questa scelta non mi convince affatto. Mi convince, invece, l'ipotesi di partiti nazionali, organizzati in senso federale per grandi aree. Questo sì. Servono partiti federali, capaci di rappresentare le istanze territoriali, ma pur sempre dentro partiti nazionali. Questo perché un partito territoriale perde di vista completamente gli scenari e gli equilibri internazionali. Il quadro complessivo. E finisce per coltivare solamente aspirazioni localistiche e molto corporative.

D. Torniamo all'Unità d'Italia. Crede che, nel Mezzogiorno, abbia castrato l'evoluzione borghese propria delle rivoluzioni industriali, per lasciare, intonso, il modello di relazioni feudali, fatto di signori e clientes, politici e cortigiani?

R. Al contrario, secondo me l'Unità d'Italia ha fatto molto bene al Mezzogiorno, perché ne ha interrotto la feudalizzazione. Solo che, questo processo, è durato molto poco. E, comunque, è andato avanti molto lentamente. In tutta la prima fase dell'Unità d'Italia, diciamo dall'unificazione alla Belle époque, Napoli ha continuato a crescere. A essere una grande città europea. Questa situazione è andata avanti, fino alla Prima guerra mondiale. Poi, a quel punto, con lo sviluppo della rivoluzione industriale nel Paese, il Nord, che era più attrezzato, è salito sul treno; il Sud è rimasto fermo alla stazione.

D. Resta il fatto che gran parte dei rappresentanti meridionali, nel senato del Regno italiano, erano latifondisti. Il Gattopardo_

R. Certo, è così. Ma, fino a metà del '900, il pensiero meridionale è stato, probabilmente, il più fecondo e vivace; inseriva nel dibattito pubblico le idee più innovative. Pensiamo alle idee di Giustino Fortunato. Che, a un certo punto, quando tutti avevano un'idea arcaica del Mezzogiorno, quasi fosse il paradiso in terra, un luogo pacificato da una natura generosa, disse che non era vero. Disse «il Sud è povero, è misero». Queste idee hanno cambiato la storia.

http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1787271&codiciTestate=1&sez=hgiornali&testo=&titolo=Il%20Meridione%20va%20messo%20a%20stecchetto

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/Lecasame/trackback.php?msg=11555837

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
Quintana5
Quintana5 il 05/09/12 alle 14:52 via WEB
Va messo a stecchetta..come? L'analisi è correttissima ci mancherebbe, solo che non so come e chi potrebbe mai prendere in considerazione certe proposte: il Sud è troppo abituato alla presenza di mamma Stato ed i politici locali, quelli che poi vengono votati non diranno mai cose del genere, tanti, troppi del Sud non si rendono minimamente conto di chi li "campa" (ricordi il famoso zorro?) e continueranno a cullarsi nelle loro illusioni, anche se temo che la sveglia sarà brutta assai.
(Rispondi)
 
 
lecasame
lecasame il 21/09/12 alle 22:28 via WEB
Sinceramente non ho alcun desiderio di mettermi a "rieducare" una parte del Paese che non ne ha nessuna intenzione. La cosa si trascina da cinquant'anni ma, come si suol dire, non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. Attualmente non vedo altra soluzione che la secessione.
(Rispondi)
 
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963