Leggere leggero

Pena (post moralista)


Mi viene da pensare a tutte quelle persone che circa due settimane fa piangevano la scomparsa del motociclista Marco Simoncelli o che ancora qualche giorno prima inneggiavano a Steve Jobs, dopo il suo recente trapasso, scrivendo su Facebook la sua frase più celebre: “Stay hungry, stay foolish”. Mi viene da pensare a tutti coloro che, sempre su Facebook, hanno impostato come avatar la riccioluta foto del centauro; magari avendo appreso della sua esistenza il giorno stesso della sua dipartita. Mi viene da pensare a quella gente che adora palesare i propri sentimenti, sbandierare il proprio cordoglio, ignorando che di ventiquattrenni dall’accento simpatico ne muoiano parecchi ogni giorno. Mi viene da pensare a quelli che hanno reagito alla morte del genio americano dell’informatica come alla morte di una madre Teresa di Calcutta in versione più cibernetica, come se “Stefano Lavori” i suoi stupendi computer li regalasse o almeno li vendesse a prezzi accessibili. Mi viene da pensare ai troppi soggetti che per questi due incliti morti si sono sentiti in dovere di far sapere al mondo la loro disperazione posticcia – ma tremendamente in voga -, mentre per le madri ed i bambini seppelliti vivi da un muro di acqua e fango in un androne di via Fereggiano a Genova non hanno ferito colpo. Mi viene da pensare che in questa società pressappochista fa più tristezza la morte di un motociclista romagnolo rispetto agli sfollati delle Cinque Terre e della Lunigiana, molti dei quali hanno perso amici, parenti, la casa, l’intero paese. Mi viene da pensare al povero bimbo genovese, fresco orfano di madre, intervistato prontamente da una giornalista/sciacallo del Tg2 in uno dei servizi più di cattivo gusto che si potessero mandare in onda.Mi viene da pensare a tutto ciò, e provo una gran pena.