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NIETZSCHE - ANTICRISTO (12° PARTE)

Post n°43 pubblicato il 26 Gennaio 2006 da Darkthrone85
 

XXXIV :
Se comprendo qualcosa di questo grande simbolista è il fatto che assunse per realtà, per «verità», esclusivamente le realtà interiori e che intese tutto il resto, tutto ciò che è naturale, temporale, spa­ziale e storico, soltanto come segni, come spunti di parabole. Il concetto di «figlio dell'uomo» non è una persona concreta appartenente alla storia, qualcosa di individuale, di unico, ma un fatto «eterno», un simbolo psicologico affrancato dalla nozione di tempo. Lo stesso vale, nel senso più elevato, anche per il Dio di questo simbolista tipico, per il «regno di Dio», per il «regno dei Cieli», per i «figli di Dio». Niente è più acristiano delle grossolanità ecclesiastiche, di un Dio come persona, di un «regno di Dio» che deve venire, di un «regno dei Cieli» nell'aldilà, di un «figlio di Dio», la seconda persona della Trinità. Tutto ciò, mi si perdoni l'e­spressione, è un pugno nell'occhio, oh in che occhio!... Quello del Vangelo: un cinismo della storia del mondo nella beffa del simbo­lo... Ma è del tutto ovvio (non così ovvio per tutti, lo ammetto) ciò a cui si allude con i simboli di «padre» e «figlio»: con la parola «figlio» si esprime l'introduzione nel sentimento della trasfigura­zione generale di tutte le cose (la beatitudine), con la parola «padre» questo stesso sentimento, il sentimento di eternità e di com­pimento. Mi vergogno di ricordare quello che la Chiesa ha fatto di questo simbolismo: non ha forse posto una sorta d'Anfitrione alla soglia della «fede» cristiana? E un dogma dell'«immacolata concezione» ' per giunta?... Ma proprio in questo modo ha macchiato la concezione.
Il «regno dei Cieli» è una condizione del cuore, non qualcosa che sia «sopra la Terra» o viene «dopo la morte». Nel Vangelo manca ogni concetto di morte naturale: la morte non è un ponte, né un passaggio, manca perché appartiene a un mondo apparente, del tutto diverso, utile soltanto per i segni. L'«ora della morte» non è un concetto cristiano, l'«ora», il tempo, la vita fisica e le sue crisi, non esistono nemmeno per il maestro della «buona novella»... Il «regno di Dio» non è qualcosa che si attende; non ha né ieri né domani, non viene «tra mille anni», è un'esperienza di cuore; è ovunque e in nessun luogo...

XXXV :
Questo «messaggero della buona novella» morì come aveva vis­suto, e come aveva insegnato, non per «redimere gli uomini», ma per mostrare come si deve vivere. Ciò che lasciò in eredità all'u­manità è la pratica: il suo contegno dinanzi ai giudici, alle guar­die, agli accusatori e a ogni sorta di calunnia e derisione, il suo contegno sulla croce. Non reagisce, non difende il proprio diritto, non fa un solo passo per respingere da sé il peggio, anzi, lo provo­ca... Prega, soffre, ama con quelli e in quelli che gli fanno del male. Le parole al ladrone sulla croce contengono l'intero Vangelo: «Costui era davvero un uomo divino, un figlio di Dio!» dice il ladrone. «Se lo credi - risponde il redentore, - tu sei in paradiso, anche tu sei figlio di Dio». Non difendersi, non andare in collera, non attribuire responsabilità... Non resistere neppure al malvagio, ma amarlo...

XXVI :
Soltanto noi, spiriti emancipati, possediamo le basi per compren­dere qualcosa che è stato frainteso per diciannove secoli, questa integrità divenuta istinto e passione che fa guerra alla «sacra menzogna» più che a ogni altra... Si era indicibilmente lontani dalla nostra benevola e cauta neutralità, da quella disciplina dello spirito con la quale solamente diventa possibile indovinare cose tanto strane e sottili: in ogni tempo si è voluto con sfacciato egoismo cercare in queste cose soltanto il proprio vantaggio; si è costruita la Chiesa in contraddizione con il Vangelo. Chiunque cercasse la prova di un'ironica divinità all'opera dietro al grande dramma universale troverebbe un non piccolo appiglio nell'enorme punto interrogativo che si chiama cristianesimo. L'umanità si inginocchia davanti all'opposto di ciò che era l'ori­gine, il significato, il diritto del Vangelo; ha santificato nel concet­to di «Chiesa» proprio ciò che il «messaggero della buona novel­la» considerava al di sotto di sé, dietro di sé. Invano si cerca una formula più importante di ironia della storia del mondo.

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