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« NIETZSCHE : ANTICRISTO (...NIETZSCHE - ANTICRISTO (... »

NIETZSCHE - ANTICRSITO (14° PARTE)

Post n°45 pubblicato il 27 Gennaio 2006 da Darkthrone85
 

XXXVIII :
A questo punto non posso fare a meno di esalare un sospiro. Vi sono giorni in cui sono ossessionato da un sentimento più tetro della più nera malinconia: il disprezzo per gli uomini. E per non lasciare alcun dubbio su ciò che disprezzo e su chi disprezzo, dirò che si tratta dell'uomo di oggi, del quale sono fatalmente con­temporaneo. L'uomo di oggi: soffoco a causa del suo alito impu­ro... Come ogni uomo di cultura, nei riguardi del passato io sono assai tollerante, ossia mi controllo generosamente: attraverso mil­lenni di un mondo di pazzi, con tetra circospezione, si chiami esso «cristianesimo», «fede cristiana», «Chiesa cristiana», mi guar­do dall'attribuire al genere umano la responsabilità delle sue malattie mentali. Ma il mio sentimento d'un tratto cambia e pro­rompe, non appena m'addentro nell'età moderna, nella nostra epoca. Il nostro tempo è un tempo che sa... Ciò che un tempo era soltanto malato oggi è diventato indecente, essere cristiani oggi è indecente. Ed è qui che ha inizio il mio disgusto. Mi guardo attorno: non una parola è rimasta di ciò che un tempo si chiamava «verità», non sopportiamo neppure più che un sacerdote pro­nunci la parola «verità». Sia pure secondo le più modeste esigen­ze di rettitudine, oggi bisogna sapere che un teologo, un sacerdo­te o un papa, a ogni frase che pronuncia non è solo in errore, ma mente; che non è più libero di mentire «innocentemente», per «ignoranza». Il sacerdote sa come chiunque altro che non v'è più né «Dio», né «peccatore», né «Redentore»; che il «libero arbi­trio» e 1'«ordine morale del mondo» sono menzogne; la serietà e la radicale vittoria spirituale su di sé non permettono più ad alcuno di essere ignorante su questo aspetto... Tutti i concetti della Chiesa sono riconosciuti per quello che sono: le più perfide fal­sificazioni che esistano, allo scopo di svalutare la natura e i valori naturali: il sacerdote stesso è riconosciuto per quello che è: la spe­cie più pericolosa di parassita, il vero ragno velenoso della vita... Sappiamo, la nostra coscienza lo sa, quanto valgano oggi e a che ser­vivano queste sinistre invenzioni dei sacerdoti e della Chiesa, con le quali è stato raggiunto quello stato di autoprofanazione dell'u­manità, la cui vista può suscitare disgusto: i concetti di «aldilà», «giudizio finale», «immortalità dell'anima», di «anima» stessa, sono strumenti di tortura, sistemi di crudeltà di cui si servirono i sacerdoti per diventare e rimanere padroni... Lo sanno tutti: eppu­re tutto rimane immutato. Dove è dunque andato a finire l'ultimo senso di decoro e di rispetto di sé, quando persino i nostri uomi­ni di stato, un razza di uomini assai spregiudicata, di fatto com­pletamente anticristiani, si definiscono ancora oggi cristiani e prendono parte all'eucaristia?... Un giovane principe alla testa dei suoi reggimenti, magnifica espressione dell'egoismo e dell'orgoglio del suo popolo, ma che senza alcuna vergogna si pro­fessa cristiano!... Chi nega dunque questo cristianesimo? Che cosa è per esso il «mondo»? L'essere soldato, giudice, patriota; il difen­dersi; il custodire il proprio onore; il volere il proprio vantaggio; l'essere orgoglioso... Tutta la prassi di ogni momento, di ogni istinto, di ogni valutazione che diventa azione oggi sono anticri­stiani: che mostro di falsità deve essere l'uomo moderno, che nonostante tutto non si vergogna di chiamarsi ancora cristiano!

XXXIX :
Faccio un passo indietro e racconto la vera storia del cristianesi­mo. La parola «cristianesimo» è già un equivoco; in realtà c'è stato un solo cristiano ed è morto sulla croce. Il Vangelo è morto sulla croce. Ciò che si chiamò Vangelo da quel momento in poi era già l'opposto di ciò che egli aveva vissuto: una cattiva novella, un dysangelium. È falso fino all'assurdo il vedere in una «fede», per esempio nella fede della redenzione per mezzo di Cristo, la caratteristica peculiare del cristiano: solo la pratica cristiana, una vita come quella che visse colui che morì sulla croce, questo è cristia­na... Ancora oggi è possibile una vita simile, e per certi uomini per­sino necessaria: il cristianesimo autentico e originario sarà possi­bile in ogni tempo... Non una fede, ma un fare, soprattutto un non-fare alcune cose, un altro essere... Gli stati della coscienza, una fede qualsiasi, per esempio ritenere vera qualcosa, e lo psicologo lo sa, sono questioni assolutamente indifferenti e di quint'ordine rispetto al valore degli istinti: per parlare in modo più rigoroso, l'intero concetto di causalità spirituale è falso. Ridurre l'essere cristiano, la cristianità, a un ritenere per vero, a un mero feno­menismo della coscienza, significa negare la cristianità. In realtà non sono affatto esistiti dei cristiani. Il «cristiano», quello che per duemila anni è stato definito cristiano, è soltanto un autofraintendimento psicologico. Se lo si considera più attentamente, in lui dominavano, nonostante la «fede», solamente gli istinti, e che istinti! In tutte le epoche, per esempio per Lutero, la «fede» è stata solo una copertura, un pretesto, un velo dietro al quale gli istinti facevano il loro gioco, un'astuta cecità sul dominio di certi istinti... La «fede» (l'ho già definita la vera astuzia cristiana), si è sempre parlato di fede, ma si è sempre agito solo d'istinto... Nel mondo delle idee cristiane non esiste alcunché che abbia anche soltanto sfiorato la realtà: all'opposto noi abbiamo riconosciuto nell'odio istintivo contro la realtà l'elemento guida, l'unico ele­mento trainante che sta alla radice del cristianesimo. Che cosa ne deriva? Che qui, anche in psycologicis, l'errore è radicale, vale a dire essenzialmente determinante, ovvero è la sostanza. Si rimuo­va qui un solo concetto, lo si sostituisca con una singola realtà, tutto il cristianesimo crollerà nel vuoto! Visto dall'alto questo stranissimo fatto, una religione determinata non solo da errori ma ingegnosa e persino geniale solo in errori nocivi, solo in erro­ri che avvelenano la vita e il cuore, resta uno spettacolo per gli dèi, per quelle divinità che sono al medesimo tempo filosofi e che, per esempio, ho ritrovato nei famosi dialoghi di Nasso. Nel momen­to in cui il disgusto li abbandona (e abbandona anche noi!), sono grati per lo spettacolo offerto loro dal cristiano: forse è solo per questo caso curioso che il piccolo patetico astro chiamato Terra merita uno sguardo e una partecipazione divini... Perciò non sot­tovalutiamo il cristiano: il cristiano, falso fino all'innocenza, sorpas­sa di molto la scimmia; per quanto concerne i cristiani, una nota teoria sulla discendenza diviene una pura benevolenza...

XL :
II destino del Vangelo fu deciso con la morte, era sospeso alla «croce»... Soltanto la morte, quella morte inaspettata e ignobile, soltanto la croce, generalmente riservata alla canaglia, questo ter­ribile paradosso mise i discepoli di fronte al vero mistero: «Chi era costui? Che senso aveva ciò?». Si comprende fin troppo bene il loro stato d'animo: sentirsi scossi e offesi nel più profondo, il sospetto che una morte simile potesse essere la confutazione della loro causa: il terribile interrogativo: «Perché è stato proprio così?». Qui tutto doveva essere necessario, doveva avere un significato, una ragione, una ragione suprema: l'amore di un discepolo non conosce il caso. Solo allora si spalancò l'abisso: «Chi lo ha ucciso? Chi era il suo nemico naturale?». Questa domanda balenò come un fulmine. Risposta: il giudaismo dominante, la sua classe più ele­vata. Da quel momento si trovarono in dissenso con l'ordine e quindi si considerò Gesù come un ribelle contro l'ordine precostituito. Fino ad allora questo tratto aggressivo e negativo, nelle parole e nelle azioni, non era stato presente nella sua immagine: anzi, egli ne era stato l'antitesi. Chiaramente la piccola comunità non aveva compreso la cosa principale, il suo modo esemplare di morire, la libertà, la superiorità rispetto a ogni sentimento di ressentiment: un segno di quanto poco lo capiva! Gesù con la propria morte in sé non poteva volere altro che offrire pubblicamente la prova più forte, la dimostrazione del suo insegnamento... Ma i suoi discepoli erano ben lungi dal perdonare questa morte, il che sarebbe stato eminentemente evangelico; o addirittura dall’offrirsi a una morte simile con dolce e mite pace nel cuore... Riaffiorò proprio il più antievangelico dei sentimenti, la vendetta. Il caso non poteva affatto chiudersi con questa morte: erano indispensabili una «vendet­ta», un «giudizio» (eppure cosa c'è di più antievangelico della «vendetta», del «castigo» e del «giudicare»?). L'aspettativa popo­lare di un Messia tornò ancora una volta in primo piano; si mise a fuoco un momento storico: il «regno di Dio» viene per giudi­care i suoi nemici... Ma così si è frainteso tutto: il «regno di Dio», inteso come atto finale, come promessa! Il Vangelo era stato inve­ce proprio l'esistenza, il compimento, la realtà di quel «regno». La morte di Cristo era proprio quel «regno di Dio». Soltanto allo­ra tutto quel disprezzo e quell'amarezza contro i farisei e i teo­logi vennero attribuiti al carattere del Maestro, e così Rifece di lui un fariseo e un teologo! D'altra parte, l'esacerbante venerazione di quelle anime completamente confuse non ammetteva più il diritto evangelico di ognuno di essere figlio di Dio, un diritto pre­dicato da Gesù; e la loro vendetta consistette nell’ esaltare Gesù in modo improprio, nel separarlo da sé stessi: proprio come gli ebrei che, nel passato, per vendetta sui loro nemici avevano sepa­rato sé stessi dal loro Dio e lo avevano innalzato al massimo grado. Il Dio unico e figlio unico di Dio: entrambi sono il pro­dotto del ressentiment…

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