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NIETZSCHE - ANTICRISTO (15° PARTE)

Post n°46 pubblicato il 27 Gennaio 2006 da Darkthrone85
 

XLI :
A quel punto si presentò un problema assurdo: «Come aveva potuto Dio permettere ciò?». La ragione turbata della piccola comunità trovò una risposta a questa domanda davvero assurda e terribile: Dio offrì suo figlio in sacrificio per la remissione dei pec­cati. Come finì in un solo istante il Vangelo! II sacrificio espiatorio, per giunta nella sua forma più ripugnante e barbara, il sacrificio di un uomo innocente per le colpe dei peccatori! Che atroce paganesimo! Gesù non aveva abolito persino il concetto stesso di «colpa»? Non aveva negato l'abisso tra Dio e l'uomo, non aveva vissuto quest'unità tra Dio e l'uomo come la sua «buona novel­la»?... E non come un privilegio! A partire da quel momento ci si addentrò passo dopo passo nel tipo del Redentore: la dottrina del giudizio e della seconda venuta, la dottrina della sua morte come morte sacrificale, la dottrina della resurrezione che abolisce l'inte­ro concetto di «beatitudine», l'intera e unica realtà del Vangelo, a vantaggio di uno stato dopo la morte!... Paolo, con quell'impu­denza rabbinica che lo caratterizza in ogni cosa, razionalizzò così quest'interpretazione (un'interpretazione sfacciata): «Se Cristo non è risorto dalla morte la nostra fede è vana» '. E d'un tratto il Vangelo divenne la più spregevole di tutte le promesse irrealizza­bili, l'incredibile dottrina dell'immortalità personale... Paolo stesso la predicò anche come una ricompensa!...

XLII:
Si può ben capire cosa aveva fine con la morte sulla croce: un nuovo tentativo del tutto originario per un movimento buddhista di pace, per una reale e non solo promessa felicità sulla Terra. Poiché questa rimane, l'ho già sottolineato, la differenza fonda­mentale tra le due religioni della décadence: il buddhismo non promette, ma mantiene; il cristianesimo promette tutto e non mantiene nulla. Alla «buona novella» seguì la peggiore di tutte: quel­la di Paolo. In Paolo s'incarna il tipo opposto al «messaggero della buona novella», il genio dell'odio, nella visione dell'odio, nell'inesorabile logica dell'odio. Che cosa non sacrificò all'odio questo disangelista? Innanzi tutto il Redentore: lo inchiodò alla sua croce. La vita, l'esempio, l'insegnamento, la morte, il signifi­cato e il diritto dell'intero Vangelo: non esisteva altro che ciò che intendeva nel suo odio questo falsario, ciò che poteva servirgli. Non la realtà, non la verità storica!... E ancora una volta l'istinto sacerdotale dell'ebreo perpetrò l'identico grande crimine contro la storia, cancellò semplicemente lo ieri e l'avantieri del cristia­nesimo, s'inventò una storia del cristianesimo primitivo. Di più: anco­ra una volta falsificò la storia d'Israele, così che tale storia potes­se apparire come la preistoria dei suoi atti: tutti i profeti hanno parlato del suo «Redentore»... La Chiesa successivamente falsificò persino la storia dell'umanità per farne la preistoria del cristia­nesimo... Il tipo del Redentore, la dottrina, la pratica, la morte, il significato della morte, persino il tempo successivo alla morte, nulla rimase intatto, non restò alcunché che recasse almeno una somiglianza con la realtà. Paolo spostò semplicemente il centro di gravita di tutta quell'esistenza dietro di essa, nella menzogna del Gesù «risorto». In fondo non poteva assolutamente servirsi della vita del Redentore, aveva bisogno della morte sulla croce e di qualcosa di più... Considerare Paolo una persona onesta, lui che come patria ebbe il principale centro dell'illuminismo stoico, quando con un'allucinazione si dava la prova dell'esser-ancora-vivo del redentore. O persino credere al fatto che ebbe quella allucinazione sarebbe una vera niaiserie per uno psicologo. Paolo voleva il fine, quindi voleva anche i mezzi... Ciò che lui stesso non credeva lo credettero gli idioti tra i quali partorì la sua dottrina. Il potere era il suo bisogno; con Paolo, il sacerdote mirò nuovamente al potere, poteva utilizzare soltanto quei concetti, quegli insegnamenti e quei simboli con cui si tiranneggiano le masse e si formano le greggi. Quale fu l'unica cosa che Maometto più tardi prese in prestito dal cristianesimo? L'invenzione di Paolo, il suo mezzo per istituire una tirannia sacerdotale, per formare il gregge: la fede nell'immortalità, ossia la dottrina del «giudizio»...

XLIII :
Se si pone il baricentro della vita non nella vita, ma nell'«aldilà», nel nulla, si è privata la vita del suo centro di gravita. La grande menzogna dell'immortalità personale distrugge ogni razionalità, ogni natura dell'istinto; tutto ciò che negli istinti vi è di benefico, di vitale; tutto ciò che negli istinti promette il futuro, ora suscita diffidenza. Vivere in modo tale da non avere «senso» per vivere: questo ora diventa il «significato» della vita... A che scopo la coscienza sociale, a che scopo la gratitudine per la nascita e verso gli antenati, a che scopo la cooperazione e la fiducia, a che scopo allora l'avere presente e il promuovere il benessere generale?... Altrettante «tentazioni», deviazioni dalla «retta via», «una cosa sola è necessaria»... che, in quanto «anima immortale», ognuno sia uguale ad ogni altro, che nella totalità degli esseri la «salvezza» di ogni singolo possa reclamare un'importanza eterna, che i piccoli bigotti e i folli per tre quarti possano immaginare che per essi si infrangano costantemente le leggi della natura; una tale crescita di tutti gli egoismi fino all'infinito, fino all'impudenza, non sarà mai segnalata con sufficiente disprezzo. Eppure è a questa mise­rabile lusinga della vanità personale che il cristianesimo deve la sua vittoria, con questo strumento ha portato dalla sua parte tutti i malriusciti, le menti ribelli, i derelitti, tutta la feccia e i rifiuti del­l'umanità. La «salvezza dell'anima»,  o in parole povere:  «il mondo gira attorno a me»... Il veleno della dottrina «diritti ugua­li per tutti», questo più di ogni altra cosa è stato propagato fon­damentalmente dal cristianesimo: dai più segreti recessi dei cattivi istinti il cristianesimo ha sostenuto una guerra a morte contro ogni sentimento di rispetto e di distacco tra uomo e uomo, cioè contro la premessa di ogni elevazione, di ogni incremento cultu­rale, ha forgiato col ressentiment delle masse la sua arma principa­le contro di noi, contro quanto sulla terra vi è di nobile, gioioso, e generoso, contro la nostra felicità sulla terra... Accordare r«immortalità» a un Pietro o a un Paolo è stato il più grande e il più malvagio attentato perpetrato fino ad oggi contro il genere umano nobile. E non sottovalutiamo la sorte avversa che dal cristianesimo ha strisciato fino alla politica! Nessuno oggi ha più il coraggio dei privilegi o dei diritti di governare, il diritto del sen­timento di rispetto verso se stesso e verso il prossimo, un pathos della distanza... La nostra politica è malata da questa mancanza di coraggio! L'aristocrazia del carattere è stata subdolamente mina­ta dalla menzogna dell'uguaglianza delle anime; e se la fede nei «privilegi della maggioranza» crea e creerà rivoluzioni, senza dubbio è il cristianesimo, sono le valutazioni cristiane che tra­sformano ogni rivoluzione solo in sangue e crimine! Il cristiane­simo è una rivolta di tutto ciò che striscia contro tutto ciò che è elevato: il Vangelo degli «umili» rende miserabili...

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