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NIETZSCHE - ANTICRISTO (16° PARTE)

Post n°47 pubblicato il 27 Gennaio 2006 da Darkthrone85
 

XLIV :
I Vangeli sono documenti inestimabili in quanto testimonianza dell'inarrestabile corruzione all'interno delle prime comunità. Tuttavia ciò che Paolo più tardi portò a buon fine, con il suo cini­smo logico da rabbino, fu soltanto il processo di declino che ini­ziò con la morte del Redentore. Non si leggeranno mai con suf­ficienti cautele questi Vangeli: ogni parola presenta la sua diffi­coltà. Confesso, mi si perdoni, che proprio per questa stessa ragione sono per lo psicologo un diletto di prim'ordine, come opposto di ogni ingenua corruzione, come raffinatezza par excellence, come abilità nella corruzione psicologica. I Vangeli costitui­scono una entità a sé stante. La Bibbia in generale non ammette paragoni. Si è tra ebrei: ecco la prima considerazione per non perdere completamente il filo. Tale autodissimulazione nel «sacro», del tutto geniale e altrove mai eguagliata neanche lonta­namente nei libri e tra gli uomini, questa coniazione di parole e di gesti falsi in qualità di arte non è il fenomeno di un singolo talento o di una natura eccezionale. Per queste cose è indispen­sabile la razza. L'intero giudaismo, un'educazione a una tecnica giudaica perseguiti per millenni con la massima serietà, raggiun­ge la sua perfezione estrema nel cristianesimo, l'arte del mentire santamente. Il cristiano, quell'ultima ratio della menzogna, è ancora una volta, anzi, tre volte l'ebreo... La volontà d'impiegare per principio solo concetti, simboli, atteggiamenti provati con la pratica del sacerdote, il rifiuto istintivo di ogni altra pratica, di ogni altro tipo di prospettiva di valore e di utilità: questo non è solo tradizione, ma eredità: solo in quanto eredità, opera come natura. L'intera umanità, persino le menti migliori delle epoche migliori (con la sola eccezione di un uomo, che forse non era che un mostro) si sono lasciati ingannare. Il Vangelo è stato letto come il libro dell'innocenza... E non vi si rintraccia nemmeno il minimo riferimento a quanta maestria è stata necessaria per recitare la commedia. Certo se potessimo vedere, anche soltanto di sfuggita, tutti questi bigotti prodigiosi e questi santi artificiali, sarebbe la fine. Ed è proprio perché io non leggo una parola senza vedere nel contempo gli atteggiamenti che con loro ho chiuso... Hanno un modo di sollevare gli occhi che non posso sopportare. Fortunatamente per la maggior parte della gente i libri non sono che letteratura. Non dobbiamo lasciarci ingannare: dicono «Non giudicate!» ma nel contempo mandano all'inferno tutto ciò che intralcia il loro cammino. Lasciando che sia Dio a giudicare, giu­dicano essi stessi; glorificando Dio, glorificano sé stessi; pretenden­do la virtù di cui essi stessi sono capaci, anzi di più, quella di cui hanno bisogno in assoluto per rimanere al vertice, si danno arie come se lottassero per la virtù, come se combattessero per il trionfo della virtù. «Noi viviamo, moriamo, ci sacrifichiamo per il bene» (la «verità», la «luce», il «regno di Dio»): in realtà fanno ciò di cui non possono fare a meno. Mentre tirano avanti in modo ipocrita, seduti nei loro cantucci, vivendo nell'ombra come ombre, si fanno di tutto questo un dovere: l'umiltà della loro vita appare loro un dovere, è una prova in più della loro devozione... Ah, questa specie di umile, casta, misericordiosa specie di men­zogna! «La virtù stessa deve testimoniare per noi». Leggete i Vangeli come libri di seduzione per mezzo della morale: questa gente meschina ha sequestrato la moralità; essi sanno a cosa serve! L'umanità si lascia raggirare meglio con la morale! In realtà qui recita la commedia della modestia la più consapevole arroganza degli eletti: una volta per tutte hanno posto sé stessi, la «comunità», il «buono e giusto» dalla parte della «verità» e il resto, il «mondo», dall'altra... Questa è stata la più funesta forma di megalomania mai esistita sulla Terra: piccoli aborti di bigotti e impostori cominciarono a impossessarsi dei concetti di «Dio», «verità», «luce», «spirito», «amore», «saggezza», «vita», quasi fos­sero loro sinonimi, così da stabilire la separazione tra essi e il «mondo»; ebreucci superlativi, maturi per ogni sorta di manico­mio, stravolsero i valori per adattarli per lo più a sé stessi, come se solo il «cristiano» fosse il significato, il sale, la misura e anche il giudizio finale di tutto il resto... Tutta questa sciagura fu possibile unicamente perché al mondo esisteva già una megalomania simi­le, di razza affine, quella ebrea: dal momento in cui si spalancò l'a­bisso tra ebrei e cristiani circoncisi, questi ultimi non ebbero altra scelta che adottare contro gli ebrei gli stessi procedimenti di auto­conservazione suggeriti dall'istinto ebreo: mentre gli ebrei fino ad allora li avevano assunti solo contro tutto ciò che non era ebraico. Il cristiano non è altro che un ebreo di confessione «più libera».

XLV:
Fornisco alcune prove di ciò che questa gente meschina si è messa in testa e di ciò che ha messo in bocca al loro maestro: sem­plici confessioni di «anime belle».
«E se in qualche luogo non vi ricevessero né vi ascoltassero, parti­tevi di là e scuotetevi la polvere di sotto ai vostri piedi; ciò serva di testimonianza contro di loro. In verità vi dico, il giorno del giudi­zio Sodoma e Gomorra riceveranno più clemenza di quella città» (Marco VI, 11). Come è evangelico ciò!...
«E chiunque avrà offeso uno di questi piccoli che credono in me, meglio sarebbe per lui che gli fosse messa al collo una pietra da maci­na, e fosse gettato in mare» (Marco IX, 42). Come è evangelico ciò!... «E se il tuo occhio ti dà motivo di scandalo, cavalo; meglio è per te entrare con un occhio solo nel regno di Dio, che aver due occhi e venire gettato fra le fiamme infernali, dove il verme non muore e il fuoco non si estingue» (Marco IX, 47-48). Non è proprio del­l'occhio che qui si tratta...
«In verità vi dico che alcuni di coloro che sono qui presenti non saggeranno la morte, senza avere visto il regno di Dio venire con potenza» (Marco IX, 1). Bella menzogna, leone ... «Chiunque voglia venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché...» (Marco VIII, 34-35) (Osservazione di uno psicologo: la morale cristiana è confutata dai suoi perché; le sue «ragioni» confutano, questo è cristiano). «Non giudicate acciocché non siate giudicati. Perché con la misura con cui misurate sarete misurati» (Matteo VIII, 1-2). Che idea di giu­stizia, di un giudice «giusto»!...
«Poiché se amate coloro che vi amano, che premio avrete? Non fanno lo stesso anche i pubblicani? E se fate bene soltanto ai vostri fratelli, cosa fate più degli altri ? Non fanno lo stesso anche i pub­blicani?» (Matteo V, 46-47). Principio dell'«amore cristiano»: vuole essere ben pagato...
«Giacché se voi non perdonate agli uomini neppure voi il Padre vostro perdonerà voi» (Matteo IV, 15). Assai compromettente per il «padre» in questione...
«Cercate prima il regno di Dio, e la sua giustizia; e tutte queste cose vi saranno date in più» (Matteo VI, 33). Tutte queste cose, cioè: cibo, vestiario, tutto le necessità della vita. Un errore, per usare un'espressione discreta... Un po' prima Dio appare come sarto, almeno in certi casi....
«Rallegratevi in quel giorno, esaltate di gioia: perché il vostro pre­mio sarà grande nel Cielo: fecero lo stesso i loro padri ai profeti» (Luca VI, 23). Spudorate canaglie! Si paragonano già ai profeti... «Non sapete voi che siete il tempio di Dio, e che lo spirito di Dio dimora in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Iddio distruggerà lui; poiché santo è il tempio di Dio e questo tempio siete voi» (Paolo, Prima Lettera ai Corinzi VI, 16-17). Non c'è disprezzo sufficiente per tali concetti...
«Non sapete voi che i santi giudicheranno il mondo? E se il mondo sarà giudicato da voi, siete voi indegni di giudicare le mini­me cose?» (Paolo, Prima Lettera ai Corinzi VI, 2). Sfortunatamente questo non è solo il delirio di un pazzo... Questo spaventoso impo­store prosegue testualmente: «Non sapete voi che giudicheremo gli angeli? Tanto più allora giudicheremo i beni di questa vita»! (Paolo, Prima Lettera ai Corinzi VI, 5).
«Dio non ha trasformato la sapienza di questo mondo in stoltez­za? Poiché, infatti, nella sapienza di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha riconosciuto Dio, piacque a Dio di salvare i cre­denti con la stoltezza della predicazione...; non vi sono tra voi molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili. Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti; e Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti; e Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprez­zato, ciò che è nulla, per ridurre a nulla le cose che sono: affinchè nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio» (Paolo, Prima Lettera ai Corinzi I, 20 e segg.). Per capire questo passo, documento di primissimo ordine per la psicologia di ogni morale di Ciandala, si legga la prima parte della mia Genealogia della morale, dove per la prima volta ho sottolineato l'opposizione tra una morale nobile e una morale da Ciandala sorta dal ressentiment e dalla vendetta impo­tente. Paolo fu il più grande di tutti gli apostoli della vendetta...

XLVI :
Che cosa si può dedurre da tutto ciò ? Che è bene mettersi i guanti quando si legge il Nuovo Testamento. La vicinanza di tanto sudi­ciume quasi lo impone. Eviteremmo di stare in compagnia dei «primi cristiani», come degli ebrei polacchi: non che sia necessa­rio esprimere una sola obiezione contro di loro... Entrambi non emanano un buon odore. Invano ho cercato nel Nuovo Testamento anche un solo tratto simpatico: non v'è in esso alcunché di libe­ro, buono, franco e onesto. Qui l'umanità non ha ancora mosso i primi passi, manca l'istinto di pulizia... Esistono soltanto cattivi istinti nel Nuovo Testamento, non c'è nemmeno il coraggio per questi cattivi istinti. Tutto in esso è vigliaccheria, un inganno di sé stessi e occhi chiusi. Ogni altro libro diviene chiaro dopo aver letto il Nuovo Testamento. Per esempio, immediatamente dopo avere letto Paolo, ho letto con entusiasmo il più incantevole, il più spavaldo dei canzonatori, Petronio, del quale si possono affermare le medesime cose che Domenico Boccaccio scrisse al duca di Parma a proposito di Cesare Borgia: «E’ tutto festo», immortalmente sano, immortalmente allegro e ben riuscito... Questi piccoli bigotti si sbagliano nella cosa principale. Sferrano attacchi, ma tutto ciò che viene attaccato da loro diviene per que­sto degno di onore. Chiunque venga attaccato da un «primo cri­stiano» non ne è contaminato... Al contrario: è un onore avere come avversali i «primi cristiani». È impossibile leggere il Nuovo Testamento senza una preferenza per tutto ciò che in esso viene maltrattato, per non parlare della «saggezza di questo mondo» che un impostore impudente cerca di oltraggiare inutilmente... Ma persino gli scribi e i farisei traggono vantaggio dall'avere nemici di tal sorta: per essere odiati tanto indecorosamente dove­vano valere qualcosa. Ipocrisia: questo sarebbe un rimprovero che i «primi cristiani» avrebbero potuto con diritto fare! In fondo essi erano i privilegiati: tanto basta! L'odio dei Ciandala non richiede ulteriori motivi. Il «primo cristiano» e, io temo, anche l'«ultimo cristiano», forse vivrò abbastanza per vederlo, nei suoi più bassi istin­ti è ribelle contro tutto ciò che è privilegiato, vive, combatte e sempre per «uguali diritti»... A guardare meglio, non ha scelta. Se si desidera essere, per sé stessi, «eletti da Dio», o «tempio di Dio» o «giudice degli angeli» allora ogni altro principio di scelta, per esempio la rettitudine, lo spirito, la virilità, l'orgoglio, la bellezza e la libertà del cuore, diventano semplicemente «il mondo», il male in sé... Morale: ogni parola in bocca al «primo cristiano» è una menzogna, ogni atto che compie una falsità istintiva, tutti i suoi valori, i suoi scopi sono dannosi, quindi chi viene odiato da lui, ciò che viene odiato da lui, ha valore... Il cristiano, specialmen­te il sacerdote cristiano, è un criterio di valore. È necessario che io dica anche come nell'intero Nuovo Testamento non c'è che una sola figura degna di rispetto? Pilato, il governatore romano. Prendere seriamente una disputa tra giudei: è una cosa di cui non può convincersi. Un ebreo in più o in meno che importa?... La nobile ironia di un romano davanti al quale si sta facendo uno spudorato abuso della parola «verità» ha arricchito il Nuovo Testamento con l'unica espressione che abbia valore, espressione che è la sua critica, il suo stesso annientamento: «Che cosa è la verità?»...

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