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Buonasera a tutti, continuo il mio progetto dell'anticristo di neitzsche, dandovi anche questa sera un corposo aggiornamento, tre parti ora e altre dopo, leggete con attenzione, e se volete, commentate
L :
Non posso esimermi in questa sede da una psicologia della «fede», dei «credenti», a vantaggio, com'è giusto, proprio dei credenti. Se ancora oggi non mancano coloro che ignorano fino a che punto sia indecente essere «credenti», ovvero essere emblema della décadence, di una volontà di vivere spezzata, ebbene, giungeranno a saperlo domani. La mia voce arriva pure a coloro che sono duri d'orecchi. Sembra, se non ho capito male, che tra i cristiani vi sia una specie di criterio di verità chiamato «prova di forza». «La fede rende beati: quindi è vera». Ora si potrebbe immediatamente obiettare che la beatitudine futura non è provata, ma soltanto promessa: la beatitudine è legata alla condizione di «fede», si deve essere beati perché si crede... Ma che si verifichi effettivamente ciò che il sacerdote promette al credente riguardo a un «aldilà» inaccessibile a qualsiasi controllo, come si potrebbe provare tutto questo? La pretesa «prova di forza» è quindi in fondo soltanto un'ulteriore credenza che l'effetto promesso dalla fede non potrà venir meno. In una formula: «Credo che la fede renda beati, dunque è vera». Ma con ciò siamo già alla fine. Questo «dunque» sarebbe l’absurdum stesso, assunto a criterio di verità. Ammettiamo tuttavia, con un po' di indulgenza, che la beatitudine futura sia provata grazie alla fede (non solo desiderata, non solo promessa dalla bocca, comunque sospetta, del sacerdote). La beatitudine - o, per usare un'espressione più tecnica, il piacere - potrebbe mai costituire una prova di verità? Lo sarebbe così poco che si ha quasi la prova opposta e in ogni caso il massimo sospetto nei confronti della «verità», quando le sensazioni di piacere hanno voce in capitolo riguardo alla domanda: «Che cosa è la verità?». La prova del «piacere» è una prova di piacere: nulla di più. Quando mai sulla Terra è stato stabilito che i giudizi veri procurino maggior diletto di quelli falsi e che, secondo un'armonia prestabilita, arrechino necessariamente sensazioni piacevoli? L'esperienza di tutti gli spiriti rigorosi e profondi insegna il contrario. La verità ha dovuto essere conquistata passo dopo passo: le è stata sacrificata quasi ogni cosa cara al nostro cuore, da cui dipendono il nostro amore e la fiducia nella vita. Per essa è d'uopo la grandezza d'animo: servire la verità è il più duro dei servigi. Giacché cosa significa essere onesti nelle cose dello spirito? Che si è severi con il proprio cuore, che si disprezzano i «bei sentimenti», che ogni sì e ogni no divengono una questione di coscienza! La fede rende beati, di conseguenza mente...
LI:
Che in qualche caso la fede renda beati, che la beatitudine non basti a fare di un'idea fissa un'idea vera, che la fede non smuova le montagne, ma certo le ponga dove non sono: una rapida visita a un manicomio sarebbe abbastanza chiarificatrice al riguardo. Tuttavia non per un sacerdote: poiché costui nega per istinto che la malattia sia malattia e che il manicomio sia manicomio. Il cristianesimo ha bisogno della malattia almeno quanto l'ellenismo ha bisogno di un eccesso di salute. Rendere malati è il vero fine recondito di tutto il sistema della procedura salvifica della Chiesa. E la Chiesa stessa non è il manicomio cattolico come ideale supremo? Insomma, la Terra come manicomio? L'uomo religioso così come lo desidera la Chiesa è un tipico décadent: l'epoca in cui una crisi religiosa si impossessa di un popolo è caratterizzata sempre da un'epidemia di malattie nervose; il «mondo interiore» di un uomo religioso è talmente simile al «mondo interiore» del sovreccitato e dell'esaurito da essere scambiato per esso; gli stati «più elevati» che il cristianesimo ha posto al di sopra del genere umano come i valori di tutti i valori sono forme di epilessia: la Chiesa ha canonizzato solo folli o grandi impostori in maiorem dei honorem... Una volta mi sono permesso di descrivere l'intero training cristiano della penitenza e della redenzione (che oggi si studia meglio in Inghilterra) come una folie circulaire prodotta metodicamente, come è naturale, su un terreno già predisposto, cioè profondamente malaticcio. Nessuno è libero di divenire cristiano: nessuno è «convertito» al cristianesimo, bisogna essere sufficientemente malati per esso... Noi altri, che abbiamo il coraggio della salute e anche del disprezzo, abbiamo il diritto, noi, quanto possiamo, di disprezzare una religione che insegna a equivocare sulla corporeità; che non vuole liberarsi della superstizione dell'anima; che si fa un «merito» della scarsa alimentazione; che combatte il benessere come una sorta di nemico, di diavolo, di tentazione; che si è convinta a credere che un'«anima perfetta» possa aggirarsi in un corpo di cadavere e che ha dovuto creare per sé una nuova concezione della «perfezione», un essere pallido, malato, un fanatico fino all'idiozia: la cosiddetta «santità», santità che di per sé stessa non è altro che la serie di sintomi di un corpo consunto, snervato e irreparabilmente corrotto!... Come movimento europeo, il movimento cristiano è stato fin dagli albori un movimento collettivo di reietti ed elementi di scarto di ogni sorta (questi volevano il potere con il cristianesimo). Non è l'espressione del declino di una razza, ma piuttosto l'aggregazione delle forme della décadence, che vengono da ogni dove, che si ammassano e si cercano reciprocamente. Non è, come si crede, la corruzione della stessa antichità, dell'antichità nobile, che rese possibile il cristianesimo: l'erudita idiozia che ancora oggi sostiene un simile fatto non potrà mai,essere combattuta con sufficiente violenza. Nell'epoca in cui le classi dei dandola di tutto l’imperium, pervertite e corrotte, diventarono cristiane, il tipo opposto, l'aristocrazia, esisteva proprio nella sua forma più bella e più matura. La maggioranza diventò padrona; il democratismo degli istinti cristiani ebbe il sopravvento... Il cristianesimo non era «nazionale», non era condizionato a una razza, si rivolgeva a tutti i tipi di diseredati della vita e aveva i suoi alleati ovunque. Il cristianesimo si fonda sul rancune dei malati, ha l'istinto diretto contro i sani, contro la salute. Ogni cosa che è ben fatta, fiera, esuberante, in special modo la bellezza, infastidisce le sue orecchie e i suoi occhi. Ricordo ancora una volta le inestimabili parole di Paolo: «Dio ha scelto ciò che al mondo è debole, ciò che è stolto, ciò che è vile e spregevole»: ecco qual era la formula, in hoc signo vinse la décadence. Dio in crocei Non è chiaro quale spaventoso significato si cela dietro a questo simbolo? Tutto ciò che soffre, tutto ciò che è sospeso sulla croce è divino... Noi tutti siamo sospesi sulla croce, quindi siamo divini... Solo noi siamo divini... Il cristianesimo fu una vittoria e per causa sua perì una disposizione spirituale più nobile: finora il cristianesimo è stato la più grande sciagura dell'umanità.
LII :
II cristianesimo contrasta anche ogni ben riuscita costituzione intellettuale, può impiegare solo la ragione malata come ragione cristiana, assume le parti di tutto ciò che è idiota, lancia una maledizione contro lo «spirito», contro la superbia dello spirito sano. Poiché la malattia fa parte dell'essenza del cristianesimo, è anche necessario che la condizione cristiana, la «fede», sia una forma morbosa; è necessario che ogni via diretta, onesta e scientifica, che porta alla conoscenza, sia ripudiata dalla Chiesa in quanto rappresenta un percorso proibito. Persino dubitare è peccato... L'assoluta mancanza di limpidezza psicologica nel sacerdote, che emerge nel suo sguardo, è una conseguenza della décadence; si osservi nelle donne isteriche e nei fanciulli rachitici come l'istintiva falsità, il mentire per il gusto di mentire, l'incapacità a guardare diritto e ad agire rettamente siano regolarmente espressioni di décadence. La «fede» è volere ignorare ciò che è verità. Il pietista, il sacerdote di ambo i sessi, è falso perché è malato: il suo istinto esige che la verità non affermi i suoi diritti in alcun luogo. «Ciò che rende malati è buono; ciò che deriva dalla pienezza, dalla sovrabbondanza, dalla potenza è cattivo»: ecco ciò che pensa il credente. L'obbligo alla menzogna, in questo riconosco ogni teologo predestinato. Un'altra caratteristica dei teologi è la loro incapacità filologica. La filologia in questa sede deve essere intesa in senso assai ampio, come arte del leggere bene, del sapere legge re i fatti senza falsificarli con interpretazioni, senza perdere la prudenza, la pazienza o la sottigliezza per il desiderio di comprendere. Filologia come ephexis nell'interpretazione: si tratti di un libro, di notizie di periodici, di destini e di tempo; per non parlare della «salvezza dell'anima»... Il modo in cui un teologo, non importa se a Berlino o a Roma, interpreta una «parola delle Scritture», o un qualsiasi evento, per esempio la vittoria dell'esercito della propria nazione, alla luce sublime dei salmi di Davide, è sempre così temerario da far spazientire i filologi. E cosa devono fare questi quando i pietisti e altre vacche di Svevia attraverso il «dito di Dio» rimettono in sesto la loro misera esistenza, quotidiana e fumosa, facendone un miracolo di «grazia», di «provvidenza» e di «sante esperienze»? Eppure il minimo dispendio di ingegno, per non dire di decenza, dovrebbe persuadere questi interpreti dell'assoluto infantilismo e dell'indegnità di un tale abuso di capacità divina. Anche solo una piccolissima dose di devozione in noi dovrebbe essere abolita, se esistesse un Dio talmente assurdo da curare al momento opportuno un raffreddore o da farci entrare in carrozza proprio quando sta per incominciare un acquazzone. Questo Dio visto come domestico, postino, venditore di almanacchi, in sostanza una parola sola per esprimere la forma più stupida tra tutte le circostanze casuali... La «divina provvidenza», alla quale ancora oggi crede quasi una persona su tre della «Germania colta», costituirebbe un'obiezione tale contro Dio, che non se ne potrebbe immaginare un'altra più forte; e in ogni caso è un'obiezione contro i tedeschi!...