Creato da: a.benassi il 10/08/2006
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Partirono Sifonotti arrivarono Sifonati

Post n°57 pubblicato il 07 Settembre 2007 da a.benassi

Finisterrae coincide con Finedimondo. Anche questa volta niente meno mille per il Lazio. Eppure siamo proprio contenti. Questa volta l'acqua c'ha dato un po di tregua e ci mancherebbe, di fuori sembrava d'essere in autunno con i faggi rossi e  mezzi secchi per la siccità. Eravamo anche riusciti ad essere un bel gruppo di tre con Pino, salmonati e trapano-muniti; le corde c'erano la voglia di scendere pure, ma così come fino ad ora c'aveva trascinato giù senza sosta, appena sotto quell'ultimo salto, questa volta la grotta ha deciso che le gallerie proprio non ce le meritavamo, al massimo ci avrebbe potuto concedere l'ultimo tuffo. E così è stato: nuotata nel lago, tanto per essere certi che tutto continua sotto il pelo dell'acqua, silenziosa contemplazione del grande arrivo cascata che precipita da località ignota (ora e sempre nei secoli dei secoli) e non ci resta che ritornare al campo. E dire che tassellando tassellando avevamo anche migliorato un paio di pozzi con le simpatiche viti avvita-svita.  Tra un conto e l'altro a base d'altimetro abbiamo anche constatato, come avevamo sospettato la volta precedente, che c'eravamo un pò allargati sugli ultimi pozzi. Forse sarà stata l'acqua che li ha ristretti, o forse l'acqua che ci cadeva in testa che li aveva allungati, fatto stà che tra il rilievo di -700 e le stime altimetriche, dovremmo essere intorno ai -830 al fondo, sempre più o meno; poi quando si tornerà per finire l'ultimo pezzo di rilievo ci metteremo la parola fine. Tornando indietro, visto che l'avevamo montato abbiam deciso di farci un bel giro di pennica al campo, tanto per dire d'averlo usato almeno due volte, poi con calma e fantasia sulla via del ritorno ci siam messi a fare riprese tanto per provare a dare l'idea del marciume. Vedremo cosa ne uscirà fuori. Dal punto di vista esplorativo sono rimasti almeno un paio di punti realistici ed interessanti, e fortunatamente non proprio al fondo. Intorno ai 450 torneremo a vedere il pozzo X trovato la volta  precedente, profondo forse un 40-50 metri, da cui esce una bella vagonata d'aria. Se non ritorna sul conosciuto potrebbe essere una nuova storia, ovviamente sempre bagnata. Appena sopra un finestrone sul pozzo delle Meteoriti sembra sussurrare le parole gallerie fossili, cosa finora eretica in questo posto. 

Poi, forse riusciremo finalmente a liberarci dai Lepini, per migrare liberi verso posti meno fetidi, posti dove il concetto d'asciutto abbia ancora un senso.

 

 
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Tra Finisterræ e Finedimondo

Post n°56 pubblicato il 27 Agosto 2007 da a.benassi

 

E fu in quei giorni di luna nuova, che Tom Sayer disse al suo amico Huclebarry Finn:

“Hei vecchio, perché non ci costruiamo una zattera con i gambi di fungo e scendiamo lungo il fiume ad inseguire i battelli?”

Ad Huclebarry l’idea parve buona, fu così che si costruirono la zattera; la fecero lunga dieci cubiti, larga dieci ed alta due, tutta catramata di pece e vi posero dentro ogni specie di corde e le presero maschie da dieci e femmine da otto. Quando furono sicuri di non lasciare neanche un bullone, allora tagliarono l’ancora con un colpo di scure e si lasciarono prendere dalla corrente, verso la prima cateratta. Erano ormai giunti in vista del folle volo, quando gli si parò d’innanzi un enorme pescecane, mostrando le lunghe file di denti spalanco le fauci e così parlò loro:

“anvedi ‘sti due bischeri, io già l’altro giorno mi so’ mangiato Pinocchio, Geppetto ed un’intera tonnara, o che vi siete ingrulliti a girare in codesto modo?”

E senza aspettare risposte, l’inghiottì in un sol boccone.

 

p.s.

 

Tra il 30 agosto ed il 2 settembre si torna alle Porte del tempo; sempre più giù, oltre la catastrofe piscocosmica, alla deriva nel mar dei Sargassi, sempre alla ricerca di un fondo con cui dare pace alle nostre menti malate.

 
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Post N° 55

Post n°55 pubblicato il 25 Luglio 2007 da a.benassi
Foto di a.benassi

 
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Amarcord...

Post n°54 pubblicato il 25 Luglio 2007 da a.benassi
Foto di a.benassi

Tra una esplorazione e l’altra c’è sempre il tempo per
ricordare i tempi andati, i rilievi mai finiti, i frammenti di spedizione
rimasti appesi e tutto l’armamentario di varie ed eventuali che per pigrizia
non diventeranno mai articoli ma resteranno ricordi spersi e frammenti di
memoria. Per dare un po’ di vita a questo mucchio in ordine sparso, inauguro
quindi una sezione d’intermezzi dove dare spazio ai brandelli…



 



 



Wuaraska
Honduras - gennaio 2004

E’ notte, c’è acqua, c’è fango, non manca nulla. Don
Cipriani l’ha vista lunga a fermarsi a Tilopo. Non che l’unica casa del paese
sia proprio un paradiso, ma almeno lui e Candida questa notte avranno un pavimento dove dormire. Avremmo dovuto dare
retta a lui invece che a Jorge. Sessant’anni, tanti di quei figli che dopo i trenta
ha smesso di contarli, una cataratta che lo rende cieco come un talpone, tanto
che s’è portato una figlia al posto del bastone, un’autonomia di dieci
chilometri con una bottiglia di rhum, ma la nostra guida Pech la sa lunga,
molto più lunga di Jorge.  Quando siamo
partiti da Catacama per una versione Olanchiana del classico on the road, non
avevamo molto chiaro dove saremmo andati a sbattere. Dopo aver gironzolato tra
acqua e fango per la Sierra di Agalta come due scemi, dopo aver sceso la dolina
di Cielo di Pietra dalla parte verticale, tanto per farla più complicata, con Ramon appeso alle liane preoccupato più
che cadesse la sua pistola che noi, ormai pensavamo di averle viste tutte. Ma
ci mancava ancora la caccia alla Ciudad blanca, un classico, la versione locale
dell’Eldorado. Qualcuno aveva detto a Jorge, che qualcun altro aveva visto dei
ruderi sparsi, lungo l’alto corso del rio Platano. A lui era bastato questo. A
noi aveva detto ci fossero grotte. A noi era bastato questo. Forse avremmo
fatto tutti meglio ad informarci un po’ di più. Tra San Pedro di Pisjire e La
Colonia avevamo fatto il pieno di ogni
fantasia. Nell’ordine stavamo cercando: un posto chiamato Wuarasca, la cueva
del Rio Aner, el cementerio e la Casa blanca. Nessuno ci voleva accompagnare,
ma in compenso c’indicavano la direzione, aggiungendo anche il tempo
necessario, due, forse tre giorni di cammino. Considerato che ci stavamo
muovendo attorno alla grande foresta del Rio Platano le cose si complicavano un
po’. Poi era scappato fuori Don Cipriani, l’avevamo pescato già ubriaco ad una
festa, ovviamente confermò ogni nostra fantasia, ma questa volta si offri di
portarci alla Casa blanca, e di mostrarci una cueva ad un giorno di cammino.
Occasione ghiotta, e così la mattina seguente siamo in sei nella macchina che
arranca nelle pozze di fango verso Tilopo. Jorge è vestito come Indiana Jones,
con tanto di daga alla cintura, e tanto per fare più cavaliere s’è portato
anche Carlito un ragazzo di dodici anni come scudiero, Don Cipriani è cieco
come una talpa e quindi per farci da guida nella foresta s’è portato Candida
una delle sue ultime figlie, noi ci siamo portati dietro tanto di quel
materiale da caricare una carovana di muli. Tra una pozza e l’altra la strada
finisce per mancanza di ponti, la mancanza anche di muli spinge a riconsiderare
l’utilità di mute e canotto. Alla fine salta fuori Luiss con un mulo ed un
cavallo. Il primo, il mulo,  ci farà da
guida, il secondo, il cavallo,  lo occupa
Giovanni in vena western, che  raggiunge il top quando riesce a farsi una foto con altri due tizi a cavallo
armati di M16 e pistoloni in pieno stile guerriglia nella selva. Intorno alle quattro Don Cipriani decide di
fermarsi, dice che non arriveremmo mai alla baracca sul rio wuaraska prima di
notte, il mulattiere dice che manca
mezz’ora, o almeno così Jorge ci fa credere. Partiamo convinti che il vecchio
abbia esagerato. Dopo quattro ore siamo convinti che avesse ragione. L’unica
cosa certa è il mulo davanti, lui la strada la conosce, il cavallo dietro è
molto meno sicuro come ha scoperto Giovanni dopo che gli è cascato addosso
scivolando nelle pozze di fango che arrivano oltre il ginocchio. Il resto è
incerto. Dire che è buoi pesto non rende, con il fango al ginocchio scivoliamo
da ore su e giù in tunnel tagliati nella foresta, per le bestie speriamo che
siamo tutte a letto, per le zecche e le sanguisughe ci penseremo domani. Jorge
è entusiasta di giocare all’esploratore, Carlito tace, Giovanni maledice Jorge,
il mulattiere cerca di non perdersi le bestie, io cerco di non perdere lui.
Alla fine una radura, il cielo stellato e la vecchia capanna sulla riva del
Wuaraska, giusto alla confluenza con il Rio Blanco, le sorgenti del
Rio Platano. La mattina dopo di buon ora Don Cipriani e Candida si presentano
tranquilli tranquilli in tempo per la colazione. La casa blanca è ancora
lontana, forse un giorno di cammino, forse più, ma la cueva è vicina, lungo la
riva del fiume. Sacchi in spalla ci ributtiamo in foresta, poi dopo poco
affiora roccia, poi un torrentello limpido, qualche colpo di machete e siamo
difronte all’imbocco della nostra risorgenza. La grotta purtroppo dura poco,
centocinquanta, duecento metri e decide di sifonare,  i primi coloni che girarono in queste zone nei
tempi recenti hanno lasciato le loro tracce, mischiate a quelle dei cercatori
di tesori. Girando per foresta Jorge trova un paio di tombe e un campo di
ananas inselvatichiti. Don Cipriani da buona guida ci procura il piatto forte
pescando a fiocinate un wapote. Il pesce più spinoso che esista in natura. Intanto
le scimmie ci guardano beffarde dall’alto. La via per la cueva del rio Aner
sarebbe lunga, molto lunga, ancora due giorni, a noi da qui ne servono già due
per tornare a Catacamas. Il Rio Platano vuole tempi lunghi. Sulla via del
ritorno Luiss ci fa intravedere un pizzico del mistero di questi luoghi. Una
via pietrata attraversa la foresta, viene dal nulla e va nel nulla. La seguiamo
lavorando di machete, mezz’ora, un’ora, finché finiamo su una spianata, due
strani cucuzzoli a cono. Altro giro di machete ed i cucuzzoli si scoprono monticoli
costruiti, con muri alla base, dietro una sorta di piazza con tanto di
scalinata, basamenti di edifici, sparsi ovunque resti di metates, troni
cerimoniali su tre piedi, pietre per molare il mais, palle di pietra lavorate.
Una piccola città persa nella foresta. Nella zona ce ne sono decine, forse
centinaia, ancora tutte da scavare, le prime furono posizionate negli anni ’80
lungo il basso corso del Rio Platano, ma attorno per centinaia di chilometri
quadrati è pieno. La guerra dei contras è finita da pochi anni è qui siamo
sulla frontiera in tutti i sensi. Questa non sappiamo neanche se sia
conosciuta, Jorge che è il responsabile archeologico per la regione non sa
nulla. Di sicuro ci sono passati i coloni a caccia di tesori, ma d’altronde da
queste parti tutti hanno almeno una statua antica in giardino. Prendiamo le
coordinate del posto, un rapido rilevamento e siamo di nuovo sul sentiero. A
notte arriviamo alla macchina, una rapida discussione con un paio di ragazzi
armati di mitra che si sono innamorati del coltello di Jorge e siamo in viaggio per S. Pedro, il primo
posto dove trovare un birra. Stiamo tornando in Italia, ma con la testa siamo
già a Pian Bonito, tra i pozzi di Cielo di Pietra.

 
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Suonala ancora Sifonotto... (come dicevano i fratelli Marx)

Post n°52 pubblicato il 21 Luglio 2007 da a.benassi

C'è voluta una settimana per rimettere insieme i pezzi, però la prossima punta ha già ingravidato il futuro. Fine settimana tra il 30 agosto e il 2 settembre, fine settimana allargato come al solito, se ce ne son volute 43 l'ultima volta, speriamo ne servano almeno 48 la prossima. Se tutto va bene questa volta dovremmo fare come i musicanti di Brema e per la strada raccogliere anche gente oltre che sacchi, si dovrebbe essere in quattro. In tenda, stretti stretti nell'enfasi d'amor forse c'è ancora spazio per uno, poi solo posti in piedi, anzi posti a mollo. Per farsi un giro dentro è fuori l'invito è sempre valido per tutti. Le prospettive sono avvolte nelle nebbie fitte: si potrebbe scoprire che il  Mar dei Sargassi è l'ultima fermata e che Finis Terrae coincide con Fine di Mondo. Grande lago, grande sifone. Oppure, come speriamo e temiano, potrebbe essere solo l'ennesimo lago che precipita nell'ennesimo pozzo, questa volta a rischio Tsunami. Le sorgenti sono lontane lontane, quei 200-300 metri ci potrebbero stare senza sconvolgere nessun teorema d'idrodinamica... Per ora a furia di fare giravolte in su e in giù siamo finiti proprio sotto la cima più alta del Malaina. Esattamente sotto q.1450, quindi sopra le teste invece di avere i 900 ereditati dall'ingresso, di metri ne abbiamo 1000 tondi tondi.


 
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Mille non più mille e altre amenità phantaspeleologiche

Post n°51 pubblicato il 12 Luglio 2007 da a.benassi



Le grotte sono quasi accidenti geologici, quelle profonde ed umanamente percorribili accidenti rari, se poi andiamo a cercare quelle che girano attorno e passano la mistica barriera dei mille, allora siamo nella categoria del superenalotto. Visti i trascorsi del Lazio, dove non solo non era mai uscito sei, ma neanche il cinque, e fino a tempi recenti già fare terno era una festa, noi siamo stati indubbiamente fortunati
ad intignare nel posto giusto. Ma adesso, ora  che abbiamo scovato una di queste misteriose singolarità,  viene ancora più la voglia di ricominciare a perdersi in teorie e azzardi su dove possano nascondersi le altre. Alla fine ci libereremo dei Lepini e quindi bisognerà pure ingravidare il futuro con semi di nuova follia.
Il Lazio è un posto pieno di montagne, praticamente quasi tutte in buon calcare, questo è risaputo, il trucco comincia quando cerchi di entrare, allora scopri che i posti buoni, nonostante tutto non sono così tanti. Se poi cerchiamo nascondigli per -1000 allora i candidati cominciano a diventare veramente pochi. Ovviamente ci vuole una bella montagna e ci vogliono delle sorgenti basse basse, magari ben canalizzate. Veramente ci vorrebbero anche tante altre belle cose, ma alla fine a cercare troppi ingradienti tutti insieme si rischia di arrivare alla conclusione che di buchi così non ce ne possono essere, e contenti della conclusione e dello scampato pericolo si smette di cercarli. Quindi teniamoci larghi e sull'onda del probabile o quanto meno del possibile. Tanto per cominciare leviamoci la provincia di viterbo, dove al massimo possiamo perderci nei travertini, e questo era facile. La provincia di Rieti è contorta. Le montagne non mancano e sarebbero alte, oltre i 2000, le sorgenti  ci sarebbero, e sarebbero basse, alcune intorno ai 500, le grotte finora latitano. Eccezione il bel sistema di Cittareale, che a scendere c'ha provato, (-450),ma con tanti impicci geologici a complicare la situazione. Un bel posto dove potrebbe nascondersi un mille è il vecchio monte Nuria. un quasi 1900, con sotto la famosa sorgente del Peschiera,
 quella di Roma a q.500, da 15 metri cubi. La storia la sanno in tanti, ed in tanti s'è girato intorno al monte senza cavarne un bel niente. Omertoso anche in esterno. Molto meno ragionata è la situazione di tutto il massiccio del monte Terminillo e monte di Cambio. Ci si va a fare forre, belle forre, lunghe, le sorgenti sempre in fondo, nella piana di cotilia a dintorni. D'inverno gironzolando con ramponi e piccozza
per i canali, si trovano spesso buchi soffianti; si dice ci tornerò, poi il punto scompare, l'estate è lontana.  Magari c'è il classico ghiaione da circo glaciale, si desiste, forse troppo presto, tanto si sa che sul terminillo non ci sono grotte... per ora.  A questo punto per trovare un'armadio abbastanza grande bisogna spostarsi parecchio, scendiamo a sud, verso est, abbandoniamo i sabini e facciamo un giro per
prendero la rincorsa attorno ai lucretili. Sarebbe bello finire dentro queste montagne, visto la follia pura della falda di tivoli, le risalite gassose che scavano il pozzo del merro, sarebbe bello fantasticare d'entrare a prato favale ed uscire direttamente dalle terme a villa adriana. Ma questa non è più fantaspeleo ma allucinazioni da monossido di carbonio. Per ora sui Lucretili si scende poco e niente, peccato perchè sono
un bel posto e anche vicino a Roma. A dire la verità non ci si è capito neanche un granchè.  Adesso di slancio fino ad Agosta. Qui il bastardo ci deve essere, anche se ben nascosto. La sorgente c'è, grande, 7-8 metri cubi, bassa, 300 metri, c'è anche la montagna, anzi tutta la catena dei simbruini occidentali. Ci sono anche le grotte come sanno bene dalle parti di Subiaco e non solo: c'è il Nessuno, c'è Camposecco,
a -400 ci si arriva, poi forse è anche questione d'insistere. Noi al Nessuno c'abbiamo intignato, ma senza successo, ma nell'altra forse... volendo giocare anche li ai sifonotti...  In tutti i casi, non è un gran mistero, il fronte sud-occidentale nasconde un bel bottino. Andando verso oriente, l'inferniglio con la sua ghirlanda di sifoni in salsa francese è ancora un mistero misterioso, un mistero da  andare a cercare lungo il versante sud del Monte Autore. D'inverno, spersi nella neve, sperando in
un soffio buono. Tra i due giganti nascosti scorre invisibile lo spartiacque, forse proprio tra una villetta e l'altra di campo dell'osso.  In piena provincia di Roma, non ci resta che precipitare verso sud, verso il più classico dei topoi speleologici, i soliti Lepini. Di questo posto possiamo anche far finta di saperne qualcosa, e  qualcosa alla lunga infatti è scappato fuori. Lo spazio per i mostri c'è. Il credo dei Lepini al primo articolo
recita a lettere di fuoco: "non avrai altra sorgente al difuori di Ninfa", e Ninfa con i suoi 30 metri è veramente  bassa. In realtà altre sorgenti ci sono, tra Sezze e dintorni, comunque altrettanto basse. Il problema, che  tutti sanno è che sono lontane dalle grotte, quindi teoria tanta, conferme zero. Nei Lepini occidentali, di mostri e mostriciattoli ce n'è parecchi: il problema è quel maledetto disturbo sotto carpineto, i sifoni sospesi sotto pian della faggeta, il formale che esce troppo alto... L'Ouso della Rava Bianca c'era quasi, se si fosse chiamato Ouso della Semiluna a quest'ora era millenario, se si capisse come sfondare il Pozzo alla croce di Capreo saremmo al giro di boa. E' indubbio che quello è il versante giusto, e che la Rava non è l'unico accidente nascosto. A spostarsi appena appena, le cose cambiano. Verso nord i livelli impermeabili nascono come funghi, la sorgente del Rapiglio e della Fota stanno li a dirti che il posto non è giusto. Forse sotto Camporosello, se le acqua escono dall'Istrice, da qualche parte magari rientrano pure, e prima d'arrivare a Bassiano ce ne vuole di strada, magari li dorme un mille. Già che siamo sul Semprevisa, inutile
rovistare troppo sopra lo strato impermeabile, la sorgente del Sambuco e l'Enrighez stanno li a monito per dirti che li gli abissi si aprono sotto. E infatti sotto si aprono abissi a Farfalla, anzi a Occhio della Farfalla, ma purtoppo siamo in basso ed i sifoni di pian della faggeta sono sempre in agguato. Il monte Erdigheta fa il miracolo, alto e profondo, cosi ha voluto l'abisso Consolini, che fino a 550 scende convinto, poi forse
bisognerebbe andare a fare bolle sott'acqua per vedere cosa c'è dall'altra parte. L'Erdigheta è un mistero e il problema è che sembra volerlo rimanere, scende più o meno convinta fino a -450, ma il dubbio è dove scenda, se dovesse evitare pian della faggeta e puntare verso la piana lontana, allora ci sarebbero grandi orizzonti, se invece, com'è probabile è parte del sistema con il Consolini, allora anche li c'è da camuffarsi da animale munito di branchie.  Ormai nella provincia di Latina  non ci resta che scivolare lungo costa fino al confine campano, sotto gli Aurunci. Sono belle montagne, alte, piene di grotte e con belle sorgenti  praticamente in spiaggia, ma non tutti i posti sono buoni. Di tante valli e creste, alla fine forse solol in versante
sud-orientale è veramente buono per nascondere spilungoni da mille e oltre. Il versante del Fammera o del Petrella che guarda Spigno Saturnia e la bella sorgente di Capodacqua, un posto pieno di pareti, aspro e con parecchi punti interrogativi. Intendiamoci, di grotte e abissi ce ne sono parecchie, non è certo un posto in cui
cominciare da zero, i -450 del Vallaroce, o i -300 e passa dello Shisma parlano chiaro. E' un posto dove bisogna solo incastrare bene i tasselli e capire dove intignare, magari un buco nuovo tra i mille canali, magari una strettoia soffiante come a Cese ju viccio.  A questo punto non ci resta che risalire il santo Garigliano ed entrare nella provincia di Frosinone, di nuovo verso l'appennino. La prima tappa è Campo Staffi,
siamo ancora nei Simbruini, proprio sul confine abruzzese, montagne alte, il Tarino, il Cotento, duemila e affini, le sorgenti, le vie? mistero. Forse già in abruzzo, forse la sorgente della Sponga, forse Vallepietra ad alimentare il simbrivio, lo spartiacque deve esistere, ed in tutti i casi le sorgenti le troviamo ad oltre mille metri sotto i pianori e le creste sommitali. C'ho girato tanto tempo fa, cercando voci lontane di buchi,
c'ha girato è rigirato Nerone, e i buchi l'ha trovati, bei buchi, storie tutte nuove che potrebbero inghiottirci e portarci via col vento. Io spero sconfinino in abruzzo, verso spazi lontani e profondissimi, adesso bisognerà aprire ed insistere. Scendendo a sud est piacerebbe trovare un bel abisso millenario sulla cima del monte Viglio, si perchè visto Zompo lo schioppo e le sue amiche sorgenti, bisognerebbe entrare proprio
dalla cima;  in inverno nei canali sotto il circo sommitale qualche buco soffia in modo poco educato, ma le speranze diventano significative solo dopo abbondante sbronza alcolica. Continuando a scendere siamo negli Ernici, e qui la sosta all'abisso degli Urli è d'obbligo. Qui il mille non c'è ancora solo perchè s'è  smesso di andarci. Con i suoi -610 tutti in galleria, non saranno certo un paio di sifoni a bloccare la storia.
Cioè per ora la bloccano, e anche bene, ma il trucco dev'esserci. Le acqua come ben si racconta ai corsisti prima di metterli a letto, escono tutte belle fresce alla grotta della Foce, un bel 1120 metri sotto l'ingresso, e molta strada dopo. Non insistere qui è un peccato mortale contro la speleologia. Forse il fondo di -525 al terzo troncone, con la sua strettoia da allargare, forse misteriosi condotti che si arrotolano sul Nautilus,
forse un trucco non ancora trovato nella misteriosa grotta dei Silenzi, ma in tutti i casi il mostro c'è e va svegliato.  Continuando di cresta in cresta, la piramide di Pizzo Deta o le creste del Ginepro sarebbero proprio una bello skyline per un abisso degno; per ora solo buchi misteriosi avvolti nella leggende narrate: abisso del pirata, grotta dell'orso... forse c'è spazio, forse...   Avvolti ormai dall'Abruzzo da ogni lato, non ci resta che sbattere le corna sul monte Cornacchia, putroppo solo sbattere le corna, perchè nonostante tutto lo spazio del mondo a oltre un chilometro e mezzo in dislivello dalle magiche sorgenti del Fibreno, non c'è un buco manco a disegnarlo con la vernice... anzi a dire il vero un paio di posti dove esce aria ci sono, ma uno s'aspetterebbe qualcosa di più per convincersi a camminare quasi quattro ore. Magari abbiamo solo sbagliato il tiro, magari sul Monte Tranquillo e sulla Serra Traversa, alta,
molto alta sopra S. Donato Val di Comino. Li le doline non mancano, si dice che tanto son tutte brecce e calcari rotti, però quanto spazio e che bella vista diretta diretta sul lago del fibreno e sulle sue lontane sorgenti. Tanto per concludere con aria molisana non ci resta che cercare un bel -1000 da dedicare alla Madonna nera di Canneto,
si perchè se mai uscirà fuori un abisso, qualcosa a che fare con le radici del Melfa, allora bisognerà bene ingraziarsi Mefitis l'antica, Mefitis la millenaria, magari  sul monte Meta, negli infiniti pianori lungo il passo dei monaci, o forse sul Colle Nero o Rocca Altera tutti posti degni d'ospitare una Dea e il suo Abisso.

 
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La profondità non è tutto... ma aiuta

Post n°50 pubblicato il 09 Luglio 2007 da a.benassi

Che le grotte siano cose ben complesse e non si risolvano con i numeri e tantomeno con quello della profondità, lo sappiamo bene, che della montagna continueremo a capire poco anche una volta arrivati al fondo, anche di questo nei siamo sicuri, ma al gusto tutto triviale e umano delle classifiche proprio non vogliamo rinunciare. Il Lazio è terra avara d'abissi, almeno fino ad ora, il nostro buco fetido farà fatica a diventare un grande complesso pieno d'ingressi e gallerie (anche se non è detta l'ultima), ma da quando abbiam capito che almeno scende convinto, s'è cominciato a sbirciare la graduatoria generale... almeno per quel numerino in cui si può competere onorevolmente. Ogni volta che s'esce si da un'occhiata e si vede quanti posti abbiamo scartato... per la prossima punta direi che forse forse abbiamo almeno tre prede facili... finchè dura a scendere...

Abisso Paolo Roversi -1300
Abisso Olivifier -1215
Complesso del Corchia -1190
Complesso alto Releccio - 1190
Abisso Perestroika -1160
Complesso Saragato-Aria Ghiaccia -1125
Complesso del Foran del Muss -1110
Abisso Mani Pulite -1060
Pozzo della Neve -1050
Buca Gofredo -1015
Complesso del Tambura -1008
Complesso di Piaggia Bella -975
Abisso di Malga Fossetta -974
Complesso dei Piani Eterni -971
Abisso Led Zeppelin -960
Grotta di Monte Cucco -929
Abisso dello Gnomo -923
Abisso Cul di Bove -906
Ouso di Passo Pratiglio -900

 
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Pratiglio ultimo Atto (per ora): la seconda campana 'don'

Post n°49 pubblicato il 09 Luglio 2007 da a.benassi

Si, ahimè confermo tutto quello ha detto Andrea e aggiungo:
No, non tornerò mai più li sotto, GIURO CHE QUESTA E' L'ULTIMA
VOLTA!!
E' troppo, spogliarsi con i piedi nudi nell'acqua gelida, infilarsi
strati e strati di gelido neoprene, immergersi fino al collo
nell'acqua anch'essa gelida, striciare imbottiti di neoprene in
angusti meandri, scendere pozzi bagnati e finire dentro pozze
profonde, risalire pozzi sotto una doccia battente che ti rintrona,
schizzi in faccia, dentro gli occhi, acqua in bocca, testa bassa per
respirare e corda che sale su, sempre piu su e spariasce nel buio
sotto una pioggia battente.... E' il delirio, ma per sopravvivere
bisogna rassegnarsi, solo mantendo i nervi saldi sarà possibile
sperare di uscire da questo incubo, incubo che questa volta è durato
43 lunghissime ore.
Devo dire che unico momento di tregua è stata la tendina a -700, che
goduria vederla montata, infilarsi il pile asciutto e ficcarsi
dentro il saccapelo!! Peccato che il sonno è durato poco, spezzato
dal rumore fragoroso della cascata d'acqua, ce n'è una a monte ed
un'altra che cade dall'alto pochi metri piu a valle della tenda.
Sembra di stare al polo, mi immagino insieme agli altri naufraghi
dell'Endurance all'isola elefant che attendono speranzosi il loro
mitico comandante Shackleton. Poi però mi rendo conto che a noi non
verrà proprio nessuno a salvarci, a noi toccherà risalire tutto sto
popo' di pozzi-cascate-laghi tutto da soli con le poche forze
residue. Toccherà prima o poi pure trovare il coraggio di uscire dal
sacco a pelo e mettersi la maglietta e le mutande fraciche ed
ovviamente la famigerata gelida muta...
Oltre al campo la sequenza dei pozzi continua, è un'esplorazione
anomala, non si prova piu quella euforia che ti invade mentre scendi
un pozzo in esplorazione, non c'è piu adrenalina che scorre nelle
nostre vene, è solo lotta per la sopravvivenza e poi è sempre la
stessa storia, alla domanda: che vedi? Come prosegue? La solita
risposta: C'è un pozzo!! E allora pensi: No, un'altro pozzo?? Basta
pietà!! Alla fine è la totale desolazione, arriviamo sopra un salto
che immette in un enorme galleria allagata, senza sponde, sembra un
lago molto profondo, poi giù in fondo un'enorme volta indica la
probabile prosecuzione, ma bisognerà nuotare per arrivarci... E
allora la paura ci assale, rimaniamo in silenzio a riflettere: e se
la grotta dovesse continuare con gallerie allagate? E se non si
tocca e bisognerà nuotare per chissa quanto? Qui si muore affogati!!
Fortuna che non abbiamo le corde! E poi intanto abbiamo giurato che
li sotto non ci si torna piu... Vero???
Poi il ritorno, dopo 14 ore di sofferenze disumane e di abbrutimento
totale, rivediamo la luce, sembra come rinascere a nuova vita, tutto
ora è bello, sono euforico, invaso da una felicita estatica, forse
sarà la consapevolezza di essere ancora vivo e di non dover piu
soffrire, è la pace dei sensi!! E poi siamo arrivati a -900!! Ma è
durata poco... Dopo poche ore dall'uscita ecco arrivare una
telefonata, è Pino (Astigo) vuole sapere come è andata, sta
rosicando perche all'ultimo non è potuto venire, ma è chiaro che la
prossima volta non se la perderà di certo.... Cazzo, sono passate
solo poche ore e gia si sta programmando un'altra punta? Si parla di
tornarci a Settembre.... Mi cascano le palle, ma non ho la forza per
reagire, mi riaddormento sotto l'ombra dei faggi, li a due passi
dalla grotta pensando che nei prossimi due mesi mi godrò tutto il
godibile prima di tornare li sotto allo spogliatoio a -250 e trovare
il coraggio, la forza e la convinzione di varcare ancora una volta
la soglia della desolazione...


 
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Pratiglio Ultimo Atto (per ora): La prima Campana 'din'

Post n°48 pubblicato il 09 Luglio 2007 da a.benassi




 Alla deriva, alla deriva verso nord, nord ovest, profondità 900 metri... una catastrofe psicocosmica sbatte contro le mura del tempo. Se domani non mi sveglio nella tenda al campo di Madre de Dios, allora vuol dire che siamo usciti e siamo vivi. Entrati a mezzogiorno di giovedì abbiamo rapidamente raggiunto lo spogliatoio di -250, già rinominato il limbo, li abbiamo fatto la conoscenza con il terzo sacco, ben ripieno di cordame, attacchi e una quantità esagerata di spit. Il sacco è stato ben accolto dagli altri due appena entrati: un tipo rosso di nome el gordo, e un coso giallo di nome siluro. E' stato subito chiaro che l'epica lotta umani contro sacchi si metteva mala per i primi; un paio di centinaia di metri più sotto è stato cappotto totale: con l'imboscata del simpatico sacco tenda la partita s'è conclusa quattro a due per i sacchi. Per penitenza abbiam fatto tutta via dell'acqua marcia, per l'occasione
rinominata via delle corde marce, in ginocchioni sui ceci. Poi dalle parti di Action Mutante abbiamo scoperto che non solo i sacchi ci vogliono male e che le cascate hanno una consapevolezza propria. Noi si pensava d'aver fatto almeno qualche armo fuori dall'acqua, ma se questa si sposta e riempie tutto il pozzo allora non vale. Per punizione nuova via crucis e ad ogni cabina idromassaggio un bagnoschiuma diverso. Dopo appena una dozzina d'ore abbiamo raggiunto la sala di -700 destinata al campo, l'unico posto in tutta la grotta dove c'è del terreno orizzontale che non sia invaso da un lago o dove non cada una cascata, un bel posto, grande più o meno come una smart; confinante d'avanti con una cascata, di dietro con una cascata a sinistra con un lago e a destra con una parete. Il campo Isla Madre de Dios. Sicuri di poter sopravvivere e ristabilito un rapporto paritario con i sacchi ci siamo quindi avviati sul fronte di -770 per iniziare il blues del martellatore folle. A sacco vuoto
diciamo che è stato un pareggio: noi siamo scesi e risaliti vivi, ma non la considerei una vittoria sulla grotta, quanto un accidente quantistico, una semplice casualità. Il posto, che ha preso il nome di Catastrofe Psicocosmica, c'ha catapultato a circa -900: dire che casca acqua non rende bene l'idea, forse è più esatto dire che ci sono dei laghi volanti che si spostano lungo i pozzi intersecando le corde. Alla base dell'ultimo salto, difronte ad una bella galleria allagata abbiamo sinceramente sperato nel sifone. Purtroppo cominciamo a credere che la grotta non abbia intenzione di farci arrivare vivi in fondo e quindi anche questa volta niente sifone. Dopo la solita allegra nuotata la galleria riprende a scendere ed ecco a voi un bel pozzo nuovo
nuovo. Ma se non è riuscita ad affogarci lungo i pozzi, adesso la grotta prova una nuova strategia, e quindi sotto il salto da 10-15, questa volta tranquillo, un lago, ma non uno dei soliti laghi da due bracciate stile libero, questa volta si tratta di un lago esagerato, un posto da motore fuoribordo. Abbiamo di nuovo sperato nel sifone... poi guardando meglio, sulla limpida superfice si specchia un grande arco di galleria, ghignante e allagato. Contenti di vedere il fondo del sacco, abbiamo suonato una
onorevole ritirata per fine corde. A venti ore dall'ingresso siamo finalmente riusciti a sdraiarci orizzontali senza dover nuotare. Sette ore al campo passando in rassegna tutti gli incubi in cui fosse coinvolta l'acqua, e quindi l'infinita risalita. Tredici ore per scoprire che oltre all'interno esiste anche un fuori e che sabato mattina il sole splende e scalda. In sintesi ora abbiamo il rilievo strumentale fino al campo base di -700, a occhio e croce il fronte è sui -900, questa volta la via crucis è durata 43 ore ed è stata seriamente dura. Ora esiste un campo, almeno per i prossimi due tre mesi, e questa è cosa buona, ma in compenso per rendere meno disumani un numero imprecisato di pozzi serve un trapano, ovviamente un trapano idrofilo e leggero. Servono altre corde e cosa certa servono altri folli disposti al martirio. L'idea è
d'aspettare settembre sperando che l'acqua diminuisca, è sicuro che questa è stata l'ultima esplorazione di coppia, abbiamo fatto voto solenne: se non scappano fuori altri fessi l'esplorazione termina qui. Speriamo in bene.

 
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Il Pratiglio a -900... e continua

Post n°47 pubblicato il 08 Luglio 2007 da a.benassi

Le corde servivano, anzi ne servivano di più. Due bischeri e quattro sacchi non sono bastati per avere ragione di questo fetido abisso. Tra giovedì e sabato siamo finalmente riusciti a montare un campo base a -700, un posto tanto accogliente da meritarsi il nome di Campo Isla Madre de Dios, ma di fondi neanche l'ombra. Dopo l'ennesima serie di pozzi battuti da cascate, siamo fermi sull'ennesimo salto con sotto un lago enorme dall'aspetto poco invitante con annessa galleria allagata. Dopo 43 ore di punta, di cui oltre 30 passate con la muta a scendere e risalire quasi 700 metri di pozzi, l'intera faccenda merita una pausa di riflessione esistenziale o quanto meno alcuni giorni per smaltire il marcio.

 
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