Le ragioni del mare

Stare immobili e fermare il tempo, Ari Nunes


Il desiderio dell’uomo di registrare immagini da conservare nel tempo risale alla preistoria. La fotografia nasce dal forte desiderio indotto da una precedente invenzione: la stampa che, dai tempi delle prime abbozzate incisioni su legno, si era evoluta in maniera vigorosa. Molti e disperati furono i tentativi di riuscire a “scrivere con la luce”, difatti fotografare significa “scrivere con la luce”.           
La fotografia, nel tempo, venne usata anche per farsi conoscere e rappresentare il proprio status sociale, compresa la realtà di tutti i giorni. Le foto sono la memoria della nostra vita e del nostro piccolo mondo. Le riguardiamo mostrandole agli altri, o le ripassiamo da soli per ricordare una stagione della vita, gli amici persi di vista negli anni, i neonati ormai padri o nonni. La fotografia imprime i ricordi nelle immagini e dalla loro sequenza è possibile leggere la nostra storia, il nostro passato, il nostro stato d’animo, la nostra spiritualità.                       
Guardando un album di foto si scopre di rivivere dettagliatamente tutti i momenti di quegli eventi; affiorano nella mente persone e cose fotografate, si percorrono le circostanze a loro collegate, silenziosamente si sorride o si piange, e guardando l’ultima foto si ha sensazione di aver finito di leggere un libro, un proprio libro alla quale è difficile attribuire un titolo perché si è molto spaziato nei ricordi avendo percorso un lungo tratto della propria vita.                La fotografia ci ha fornito l’illusione di credere che fermare il tempo era diventato possibile. Illusione, luogo comune, una fotografia non ci mostra mai il mondo così com’è, ma, al massimo, come quel frammento di mondo appariva a chi in quell’istante  ha schiacciato il pulsante dell’otturatore di una macchina fotografica. Ciò che la rende  intrinsecamente diversa da ogni altra immagine è che la fotografia è carica di tempo.   
La fotografia ci fornisce la prova della nostra esistenza nella continuità del tempo e forse è proprio da questo è nata la gigantesca nevrosi di “immortalare”  fotograficamente i momenti della vita che consideriamo più importanti. E’ probabile che questa enorme massa d’immagini abbia finito col costruire un muro insormontabile piuttosto che un ponte, tra noi e il reale.E’ possibile anche che la fine imminente della fotografia analogica a favore delle immagini digitali, che inevitabilmente fanno perdere alla fotografia il suo prestigio di documento, di traccia del reale, finiranno col cambiare la ragione e il senso stesso del fotografare.  
Già l’enorme diffusione dei telefonini che fanno foto ha trasformato il fotografare da consapevole scelta di istanti significativi da ricordare in gesto compulsivo di effimero appunto della quotidianità, da cancellare subito. Immagini usa e getta, tempo usa e getta, come tutto il resto. Forse non c’interessa più la fotografia come sfida al tempo ed esercizio di memoria. Forse quello che chiederemo sempre di più alla fotografia digitale e ai computer saranno immagini, finzioni di vita che non abbiamo vissuto e fingeremo di aver vissuto. 
Esiste però una grande scatola in cui riporre le foto della nostra vita, e non ha importanza il modo e lo strumento con cui sono state scattate, se la luce era giusta o meno, o quando tempo è trascorso; esse resteranno immutate nel tempo perché riposte nel cuore: la nostra grande scatola dei ricordi. Citazioni:“Il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare, tre concetti che riassumo l’arte della fotografia” H. Newton.“E’ un’illusione che le foto si facciano con la macchina..si fanno con gli occhi, con il cuore, con la testa” H. Bresson.“Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento” H. Bresson.