Catallaxy

Vita, morte e... senza miracoli.


  La libertà di cui godiamo noi occidentali, credo passi da ciò che il filosofo David Kelley ha chiamato la "prospettiva imprenditoriale della vita", la proprietà esclusiva sulla propria vita.  Da questo parto per sviluppare la mia critica nei confronti dell'atteggiamento politico - generale anche se più marcato nel centro destra - sul caso Englaro. Siamo un paese cattolico, dove "nessuno non può non dirsi cristiano" - come affermò l'ex presidente del Senato Pera, perciò da noi difficilmente si potrà mai pensare a una legge sull'eutanasia (che tanto dà da pensare alla nostra politica e chiesa). Questo però non vuol dire si possa far passare altrettanto pacificamente una linea a difesa del cosiddetto "accanimento terapeutico". Che cosa centra lo Stato nella vicenda Englaro? Nulla, consiglierebbe il buon senso. La vicenda familiare e umana di Eluana è qualcosa di profondamente privato, non riguarda la società, non riguarderebbe la famiglia, ma solo lei: Eluana. Il suo caso però è quanto di peggio il destino può prospettare: la forma umana ha ormai una vita vegetale. Alcuni potrebbero obbiettare o gridare alla bestemmia, anche se in campo medico è più che usato l'attributo "vegetativo" a un determinato stato umano. Questo ci rende incapaci di contatto con l'esterno o, a mio modo di vedere, ci ha staccato la spina, anche se gli altri sperano che sia solo uno standby. Il povero paziente così, privato della capacità di poter esprimere la sua volontà, mette il suo destino in mano ai suoi cari. Questi ultimi hanno tra le mani una responsabilità enorme: il destino di una persona, in quanto essi sono gli unici in grado di avvicinare quanto più possibile, la sorte alla volontà del paziente. Il loro è un dovere morale quanto più grave. Non sono un "idealista" né un "essenzialista". Credo che la vita ognuno abbia la sua e possa quindi decidere solo per la sua. Non mi sto a chiedere che cos'è o qual è la sua origine (perciò non mi pongo questioni di sacralità, ma solo di rispetto: rispetto della proprietà altrui). Tutt'al più posso comprendere la sua "indisponibilità" una volta concepita, quindi i vari protocolli che regolano la pratica dell'aborto, in quanto siamo in presenza di una vita indifesa e che non ha mai espresso un volontà. Ma qui la questione è completamente diversa, siamo in presenza di una persona che nella pienezza della sua facoltà e nell'intimità della sua famiglia, in un' occasione specifica - stando alle parole del padre, espresse la volontà di morire nel caso fosse ridotta, per qualsiasi motivo, a stato vegetale. Qui si pone in essere, per la società tutta, il categorico dovere di stare all'interpretazione che la famiglia dà, delle volontà di Eluana. Altrimenti in che cosa la famiglia è un valore? Nessuno si deve permettere di mettere in discussione ciò che la famiglia decide tenendo conto della volontà della paziente, almeno che si abbiano prove certe che la volontà di quest'ultimo fosse diversa. In questo ci correrebbe in aiuto lo strumento del testamento biologico, che sembra ormai argomento per lo meno di discussione in ambito politico. Non stiamo parlando di "eutanasia" sia ben chiaro, benché non abbia niente contro e anzi sono personalmente favorevole, è una questione del tutto diversa: Eluana dipende da delle macchine, la sua è una terapia permanente e che perciò prefigura, se ancora protratto, un "accanimento terapeutico". Molti sostengono che si deve sperare nel "miracolo", perché nulla vieta che un giorno si trovi una cura o Eluana stessa riprenda le sue facoltà. Ma questa è un affermazione infondata, si basa su un "credo"  e questo è affare tutto individuale: la generalizzazione ci porta dritti allo "stato etico". Da occidentali bisogna approcciare il problema in maniera laica, così bisogna garantire gli spazi di autodeterminazione della persona, anche quelli che mirano a dare disposizioni future nel caso venga a mancare la propria capacità diretta di esporle.        Il governo nel caso Englaro esce male.  Il Ministro Sacconi ha dato prova di come un governo possa prevaricare una famiglia e il suo dolore privato - dimostrando così un oltraggioso non rispetto