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Caso Google: la sentenza vergognosa.


PRIMO CASO - Quello che si è concluso oggi in primo grado, davanti al giudice monocratico della quarta sezione penale Oscar Magi, è il primo procedimento penale anche a livello internazionale che vede imputati responsabili di Google per la pubblicazione di contenuti sul web. Il giudice ha disposto la pubblicazione per estratto della sentenza su Corriere della Sera, Repubblica e Stampa.Da Corriere della Sera.itSono stati condannati. Non per aver compiuto il fatto, ma per averlo pubblicato - o meglio, per amministrare una piattaforma libera dove è stato pubblicato. Ora, se il video non fosse stato visibile su YouTube e fosse rimasto sul cellulare che l'ha ripreso, noi oggi non sapremmo niente, i veri colpevoli sarebbero liberi di continuare con le loro "marachelle". Non è tanto grave la pubblicazione in sé, ma l'atto! Adesso c'è chi grida per regole condivise - riguardano noi, ma le devono condividere lor signori, si intende - per la rete, perché cose del genere non devono essere pubblicate. Ma nascondere certe porcate equivale a far si che non accadano più?!!! Non mi pare una gran soluzione, anzi mi sembra quasi una giustificazione per fare quello che le tante vittime del web (facoltosi editori che hanno perso la sfida contro Google) sognano: controllare internet e mettere dei paletti.Certo, scrive Mingardi su "Il Riformista" di oggi: «Se quello che si teme, dalla trasmissione di immagini di questo tipo, è un effetto-emulazione, è appena il caso di ricordare che esse hanno raggiunto un pubblico ben più ampio rimbalzando nei telegiornali dopo l' "esplosione" del caso».Un attacco alla libertà? Si, tant'è che l'ambasciata americana ha protestato per questa sentenza senza precedenti.Si vuole moralizzare chi offre un mezzo, deresponsabilizzando così chi lo usa. E questo vale per i telefonini, i pc, ma anche le armi o le strade: se uccido delle persone guidando, non credo vadano condannati i responsabili del percorso dov'è avvenuto il fattaccio!Poi ecco Massimo Gaggi che sull'editoriale del CorSera di oggi ammonisce: «Può anche darsi che nella "Internet society" alcuni diritti e alcune libertà siano destinati a subire mutamenti rilevanti. Ma vorremmo che a deciderli non fosse un "softwarista"». Certo! Vuoi mettere? Meglio un politico che regola tutta le rete, che un informatico che ne gestisce una parte cui tu puoi scegliere se farne uso o meno!Ma anche questo è parte della nostra cultura, anche questo fa parte della nostra religione civica: ci vogliamo considerare dei bambini, così ce la prendiamo con chi ci offre delle cose da grandi ...