Creato da liberemanuele il 26/01/2009

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"Perché l'aiuto ai paesi poveri, a ben guardare è un imbroglio"

Post n°46 pubblicato il 15 Luglio 2009 da liberemanuele
 

 

 

" ... E' solo la rappresentazione di una generosità a spese altrui - i contribuenti - che si converte immediatamente in un solido supporto a regimi disastrosi".

Carlo Lottieri, da ilTempo del 9 luglio 2009

L'estate è arrivata e si sente anche qui. Solo in ufficio non è cambiato nulla, grazie al aria condizionata nemmeno di temperatura - quasi .

Ma le notizie e le novità non sono andate in vacanza: ieri lo sciopero dei blog (contro non so bene quale decreto Alfano), nuove regole sul codice stradale (e qui c'è da dire, anche in senso positivo, ma devo documentarmi meglio) e la conclusione del G8.

Pensare ad otto uomini che decidono sul destino di miliardi di persone non mi ispira nulla di buono; quando sento parlare di regole per l'economia proposte dai capi di stato (che come dice il buon Ron Paul, per la regola del "chi paga chi", saremmo noi a dover regolare loro, non il contrario), rientro (forzato?) dei capitali dai paradisi fiscali (e sul paradosso evocato da questi termini, già mi sono espresso), nuovi protocolli per il clima (che fanno sorridere dato che le vere potenze mondiali, ed emergenti, non firmeranno questi protocolli, che rallenteranno solo la nostra crescita - saturando ancora di più la burocrazia per le imprese - e  impediranno la nascita di attività economiche nei paesi del terzo mondo) e - appunto - aiuti all'Africa.

Proprio di questi vorrei parlare e vorrei farlo con l'aiuto di un economista "dissidente", Peter Bauer.

Come disse Lord Desai, Peter Bauer era uno convinto che "la forza trainante dell'interesse personale nel perseguimento del benessere, avesse un'applicazione universale". "Universale" appunto. Nonostante le differenze di credo e di istituzioni, l'atteggiamento umano è fondamentalmente economico.

Partendo da qui, lancia la sua critica al mondo della scienza economica - in pieno stile "Scuola Austriaca" - reo  di essersi ormai viziato di modelli economici sofisticati "in cui l'astrazione e l'aggregazione implicate li rendono irrilevanti [...], diventano travisamenti che deviano l'attenzione degli elementi essenziali e oscurano le questioni più importanti".

Quali sono queste questioni "più" importanti?

Semplice: i principi fondamentali dell'economia. In un ampio studio, fatto direttamente in loco - Asia ed Africa - nel 1957, Bauer rilevò:

"Ora, sono convinto dell'ampia applicabilità ai paesi sottosviluppati dei metodi e dell'approccio base delle scienze economiche. [...] Penso in modo particolare agli elementi dell'analisi della domanda e dell'offerta e alle sue conclusioni più elementari, alla tendenza delle persone di ricercare attività e occupazioni che producano il più alto guadagno netto, all'interno delle opportunità che si aprono loro".

Altro punto fondamentale - per questa mia riflessione - sono le "... opportunità che si aprono loro".

Come ben dice Mingardi, ne "ilRiformista" dell'11 luglio, gli africani non hanno bisogno di regali, ma solo di un po' di aiuto in termini che non siano monetari. Tempo fa, ho scritto un post a favore di un'iniziativa importante "free-trade, peace and prosperity" : non c'è momento migliore di ribadire il concetto.

A fronte di ministri europei e americani - in particolar modo dell'agricoltura - che urlano a favore del  protezionismo contro le merci che provengono dai paesi emergenti - atteggiamento che chiamerei "tremontismo", data la passione che il nostro ministro dell'economia ha, nel propagandare "tesi" abominevoli che vanno proprio contro la nascita di iniziative economiche spontanee nei paesi sottosviluppati -, l'unica cosa realmente umanitaria che possiamo fare è aprire i nostri mercati ai prodotti (in paricolare agricoli) dell'Africa - dato che poi la nostra agricoltura è un settore in gran parte parassitario.

"Per uscire dalla povertà, c'è solo una possibilità: crescere, ovvero creare ricchezza. Creare, non ricevere.[...]E i Paesi africani hanno bisogno anche di cose che noi non possiamo dargli: di attrarre investimenti esteri, dandosi regole certe e conoscibili agli imprenditori; di incentivare l'afflusso di forza lavoro ed energie vive nel privato, e non nel pubblico; di sviluppare l'attitudine imprenditoriale diffusa, un'autentica vocazione alla crescita".

Alberto Mingardi da "ilRiformista" 11/7/2009

Ma la prima cosa da fare è smettere con la marea di aiuti umanitari che mandiamo - per garantirci un posto in paradiso, non altro - giù. E' un imperativo se vogliamo veramente che l'Africa si rialzi. I nostri aiuti -dai vestiti agli alimentari - rendono vano qualsiasi principio di attività economica - la produzione, anche se poco, costa, mentre la donazione no -, i nostri soldi vanno ad ingrassare i despota locali che ovviamente non permetteranno alcuna riforma e anzi cercheranno di ingessare la situazione finché possibile.

Come chiedeva ai grandi della terra l'economista keniota James Shikwati :

"Per l'amor di Dio, per favore fermate gli aiuti".

 

 

 
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