Creato da liberemanuele il 26/01/2009

Catallaxy

ordine spontaneo vs ingegneria sociale

 

 

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La scelta fatale.

Post n°48 pubblicato il 01 Settembre 2009 da liberemanuele
 

L'estate, che un po' per tutti sta finendo, è stata particolare.

 Nonostante la crisi, pochi sembrano essersi preoccupati, il messaggio è stato "va tutto bene, aspettate le riforme dei vostri governi e andate in vacanza. Qualcun altro ci penserà per voi".

Intanto i licenziamenti continuano, le attività chiudono,  si proclama l'uscita dalla crisi ma contemporaneamente si preannuncia un autunno nero.

Ho sofferto abbastanza questo caldo agosto, vuoi perché per tre quarti sono stato in ufficio a fare i conti con scadenze e clienti, vuoi la stanchezza, e così mi sono - complici le frequenti uscite serali (in cui, a differenza degli anni scorsi, grazie al liberalissimo governo Berlusconi,  ho dovuto alternare alla amatissima bionda fresca, antiestetiche bottigliette d'acqua) - dedicato poco sia al blog che alla letture.

La sera scambiando quattro chiacchiere con persone molto diverse tra loro, ho trovato conferma a molte delle riflessioni fatte nei mesi scorsi.

"... Appaiono nuove generazione adeguate - o com'è ormai di moda dire "condizionate" -  a nuovi incrementi del potere dello Stato e che tendono a considerare normale il processo di accumulazione continua di potere [...] E nel loro essere incorreggibili sicofanti diventano, come dice Plutarco, una sorta di ipocondriaci che non osano mangiare o fare un bagno senza consultare il loro medico ..."

Albert Jay Nock

Troppi. Veramente troppi credono che il proprio destino sia nelle mani dei governanti e che quest'ultimi, più poteri abbiano e meglio sia. C'è una buona parte di persone che metterebbe volentieri nelle mani del despota di turno il proprio destino, pur di stare tranquillo per un domani "sicuro" (anche se in catene).

Si abdica volentieri alle responsabilità verso se stessi quando la situazione non è buona e così, a colpi di autorità, si crede di potersi risollevare.

C'è una diffusa ignoranza, la stessa ignoranza che dà luogo a una "superficialità fatale". La superficialità per cui la moralità delle azioni umane non è indispensabile, per cui dato che tutti fan così è anacronistico e reazionario affermare dei valori obsoleti per quest'epoca o semplicemente troppo scomodi per far fronte alle necessità del momento. 

Ma se si smette di credere a quei valori, nella necessità dei "mezzi economici", quindi all'azione volontaria, al lavoro per trasformare le risorse in beni, il bisogno umano di socialità, l'indispensabile cura della proprietà privata, e si preferisce invece l'azione riformatrice dei "mezzi politici", siamo meno lontano di quanto sembri da un mondo fatto di saccheggio, odio reciproco e lotta per il potere coercitivo.

Perché se l'unico modo di far sopravvivere la propria attività è mantenere rapporti con il pubblico per aggiudicarsi appalti, agire fuori mercato e arricchirsi quindi alle spalle di chi non può scegliere, vuol dire che abbiamo scelto la prevaricazione del nostro prossimo al reciproco vantaggio.

 Stesso discorso vale per chi difende il proprio posto di lavoro con l'arma dell'autorità statale.

Chiunque voglia far vedere "chi comanda" e non si accontenti più del rapporto volontario, ha fatto una scelta precisa.

Il "mezzo politico" però è un' arma a doppio taglio: se tutti facessimo questa scelta il mondo diventerebbe a breve "un' orgia di sopraffazione".

Per fortuna poi leggo editoriali come quello di Piero Ostellino sul CorSera della settimana scorsa, e mi ricordo che ci sono pure "... piccoli e medi imprenditori, ora nei guai, fuori dal circuito delle complicità pubbliche e private; commercianti al dettaglio; professionisti isolati; lavoratori del settore privato; precari; giovani. Se la cavano come possono - contro gli eccessi di regolamentazione, la burocrazia, i privilegi politici, l'eccessiva pressione fiscale, la carenza di infrastrutture, la filiera di complicità - affrontando le incognite e le durezze della vita, e del mercato, con coraggio e spirito innovativo. Sono la risorsa che fa dell'Italia ancora una società 'aperta' e competitiva" .

E io posso vantarmi di farne parte.   

 

 

 
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