Creato da liberemanuele il 26/01/2009

Catallaxy

ordine spontaneo vs ingegneria sociale

 

 

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Lor signori i keynesiani.

Post n°53 pubblicato il 18 Settembre 2009 da liberemanuele
 

 

Come a voler prendere troppo sul serio questo blog, andiamo ad aprire una nuova stagione. Quella vecchia, conclusa con una crisi che si faceva sempre più severa e i soliti mestieranti del "comunicato di stato" - e abbiamo capito come mai i giornali poi siano un po' tutti uguali, essendo  quasi totalmente al libro paga dello stato - che ci dicevano che oramai eravamo usciti.

Per inaugurare questa nuova stagione, parliamo di un personaggio chiave, uno dei protagonisti intellettuali che tutt'ora viene frequentemente citato per giustificare i più funesti interventi statali. Da destra a sinistra, all'unisono, sono tutti d'accordo nell'essere keynesiani.

Keynes.

John Maynard Keynes è l'intellettuale per cui la scienza economica è soprattutto un esercizio di stile, egli apparteneva, come ricorda il fan Guido Rossi, all'esclusivo gruppo degli intellettuali colti: il bello scrivere e il fascino emanato hanno la meglio sulla teoria. Un uomo pratico, un discreto osservatore, ma dalla vita piena.

Come lo ha definito Alberto Mingardi: decoubertiano, fieramente asistematico, più letterato che pensatore, indifferente al demone della contraddizione.

Dal libretto "Possibilità economiche per i nostri nipoti" si evince che il mondo sognato da Keynes è un' utopia basata sull'antipatia per il mercato e il capitalismo in generale. Liberi dalle preoccupazioni economiche, dal lavoro: a un certo punto della storia egli immagina un mondo dove non ci sia più nulla da fare se non contemplare.

"... l'uomo si troverà ad affrontare il problema più serio e meno transitorio - come sfruttare la libertà dalle pressioni economiche, come occupare il tempo che la tecnica e gli interessi compositi gli avranno regalato, come vivere in modo saggio, piacevole e salutare ..."

John Maynard Keynes

 Ma come precisa Mingardi: "Il ragionamento di Keynes non va confuso con quella che ormai pare a tutti un' ovvietà. Il sistema capitalista non solo produce innovazioni e ricchezza, ma diffonde le une e l'altra. L'operaio di oggi conduce una vita che per comodità, per certi versi, supera quella dei signori rinascimentali. ... Quelli che in altre epoche erano lussi (dall'abbondanza di acqua potabile, a un'alimentazione variegata e bilanciata) sono accessibili da chiunque. ... Ma non sono scomparsi i bisogni, né la necessità di pagare i conti. Al contrario, i bisogni sono cambiati, si sono evoluti: e come sono diversi da individuo ad individuo, così mutano di epoca in epoca. Il superfluo di ieri è l'indispensabile di oggi."

 In sostanza, se nello scienziato sociale la propria visione delle cose è elemento determinante per lo studio, quella di Keynes è contraddistinta dall'antipatia per la vita tipicamente borghese, fatta di una quotidianità difficile e gioiosa che caratterizza la cosiddetta "corsa capitalista", e la simpatia per uno stile di vita aristocratico, dove ozio e compiacimento per la fortuna ereditata - e non creata - la fanno da padroni.

"Ma quella corsa, mossa dal desiderio di guadagnare, di accumulare, di trovare nel denaro gratificazione dei propri meriti, per alcuni non è una condanna, ma il senso della vita. Non si può dire, a priori, che faccia abbia per tutti la felicità. Nella dichiarazione d'indipendenza americana, c'è saggiamente la ricerca della felicità, che ognuno persegue a suo modo. Se la felicità, per Keynes, è la liberazione dalla lotta per soddisfare i bisogni, allora siamo tutti felici davvero nel lungo periodo. Nel senso, da morti."

Alberto Mingardi da IlRiformista 26/3/2009

 Economia keynesiana.

 "Teoria Generale dell'Occupazione Interesse e Moneta" del 1936 è il trattato che più ha influenzato il corso dell'economia mondiale diffondendo il virus della sfiducia verso il mercato a favore della politica.

"... l'investimento è volatile, incostante ed irrazionale. Il mondo dell'economia è governato da un' incontrollabile e disobbediente psicologia". La soluzione? Per Keynes bisogna mettere tutto in mano al governo per eliminare l'influenza di pessimismi ed ottimismi.

"... il punto di vista rigoroso di chi suggerisce un alto tasso di interesse per raffreddare l'inflazione non ha nessun fondamento, ma è indice di confusione mentale ... il rimedio al boom non è un più alto tasso di interesse, ma uno più basso, perché ciò renderebbe il boom perenne. Il rimedio al boom non è il tentativo di eliminarlo per tenerci in uno stato di semi-crisi, ma di abolire le crisi e mantenerci permanentemente in uno stato di quasi boom ..."

John Maynard Keynes da "Teoria Generale ..."

 In pratica Keynes vuole un tasso d'interresse a zero, così ci sarà una quantità di capitale maggiore che conseguirà ad un occupazione più piena e una domanda maggiore: il calo dei consumi provocherebbe la depressione.

In quest'ottica il vero nemico economico è proprio colui che si comporta più razionalmente: il risparmiatore. La soluzione è nello Stato: "Costruzione di piramidi, terremoti (!), perfino guerre (!!) possono servire ad aumentare la ricchezza se la formazione dei nostri uomini di stato, plasmatisi sui principi degli economisti classici non impedisse di fare qualcosa di meglio".

 Rilanciare la domanda direbbe Berlusconi. Ma questo rilancio non farebbe altro che peggiorare le cose: rilanciare il "consumo" vuol dire togliere soldi dall' "investimento". L'investimento è figlio del risparmio: il consumo è sperpero di risparmio. L'economia keynesiana si basa invece su un'assurdità per la quale il consumo stimola l'investimento. Perché si è arrivati a dire tale scemenza? Perché Keynes e i suoi seguaci non hanno la minima attenzione per il potere d'acquisto. Per loro, per avere moneta, basta farla stampare dal governo. Il potere d'acquisto ci ricorda invece che per consumare bisogna prima aver prodotto. Il consumo deve essere preceduto dalla produzione che però è possibile solo se ci astiene dal consumo e si risparmia.

Se per esempio siamo di fronte ad una crisi e il governo reagisce con un "pacchetto di stimoli ", esso rappresenterà puro consumo di risparmio che impoverirà così la struttura produttiva. Se la Banca Centrale avrà la splendida idea di ridurre i tassi d'interesse espandendo il credito, creerà un potere d'acquisto illusorio che contribuirà al consumo di capitale.

Hayek nei suoi scritti ha fin troppo bene spiegato che la mancanza di conoscenza, rende impossibile una qualsiasi manovra correttiva in economia. Ogni tentativo di risollevare l'economia, produrrà un effetto negativo incalcolabile da qualsiasi sistema, per quanto sofisticato, di calcolo economico. La conoscenza è dispersa ed è questa la ragione della fortuna della libera economia di mercato. Tanto più quando la teoria keynesiana, " ... - che orgogliosamente si auto-proclama come moderna, anche se profondamente radicata nel pensiero medioevale e mercantilista - [che] si è offerta al mondo come la panacea per le nostre difficoltà economiche. ... ² , con le parole di Rothbard, non tiene minimamente in considerazione il processo produttivo.

" ... Posto che è la domanda dei consumatori a guidare l'economia e una sua diminuzione o aumento possono determinare variazioni degli investimenti rispettivamente negative o positive, l'economia keynesiana assume forma di flusso circolare, che si insinua negli odierni corsi e manuali di economia. In questo modello, la produzione di prodotti finiti aumenta o diminuisce istantaneamente attraverso le variazioni della spesa aggregata. Ciò sottende l'idea che la produzione di un paese sia istantanea e non esiga tempo, vale a dire che non esistano quelle tappe intermedie, che rappresentano la parte più importante della struttura produttiva e che precedono la realizzazione dei beni finali. Il processo produttivo per Keynes è un fantasma. ..."

Gerardo Coco da "Keynes, economista contro la realtà"

 Per quanto seducente possa essere per i fautori dello statalismo - chi per ideologia, chi per convenienza - la teoria keynesiana è pura illusione: illusione che si possa creare ricchezza dal nulla; che senza fatica possiamo prosperare tutti e che il conto, se ritardiamo, alla fine non dovrà pagarlo nessuno. O forse anche Keynes sapeva che alla fine, nel lungo periodo, qualcuno questo conto lo dovrà pur pagare.

Ma cosa importa?

 "Il lungo termine è una guida fallace per gli affari correnti: nel lungo termine siamo tutti morti."

John Maynard Keynes

 

    Chicago-Blog, con Oscar Giannino, poi ci ricorda che ...

 
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