Creato da liberemanuele il 26/01/2009

Catallaxy

ordine spontaneo vs ingegneria sociale

 

 

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Nessun passo avanti, qualche passo indietro.

Post n°62 pubblicato il 20 Ottobre 2009 da liberemanuele

 

"... l'ennesima esternazione del ministro Giulio Tremonti, ormai uso a farsi più comunista dei comunisti ..."

Carlo Lottieri

 

L'ennesima conferma che Tremonti è il peggior filosofo morale improvvisato, nonché pessimo ministro dell'economia. Materia l'economia, in cui il nostro ministro si è lasciato completamente prendere da tesi post socialiste. Non solo è il politico italiano che più si spende per la regolamentazione dei mercati finanziari, ma è anche il ministro simbolo della Banca del Mezzogiorno, contrario al libero scambio soprattutto con i paesi emergenti. Colui che più di tutti difende il ruolo dello Stato assistenziale e il suo ruolo nell'economia e lo difende dalle "ideologie ultra liberiste" che, secondo lui, ammorbano il nostro tempo.

Piero Ostellino in un editoriale del CorSera di qualche giorno fa, cercava chi in Italia ostacola i ceti produttivi. Credo che "ceti produttivi" sia riduttivo, direi che in Italia si tende a fare battaglia tutto ciò che sia produttivo. La logica dello Stato, diceva Ronald Reagan, è quella che se una cosa è molto produttiva, bisogna spremerla il più possibile. In Italia non solo la si tassa, ma si cerca di individuare il cavillo o produrre leggi che la impediscano o la mettano sotto l'alone di controllo statale: in via diretta o sotto forma di controllo degli equilibri di potere.

Il mercato del lavoro, semi liberalizzato proprio dal governo Berlusconi, aveva scoperto una nuova vitalità. Le aziende potevano finalmente assumere, senza la preoccupazione che quello firmato, potesse essere un contratto paragonabile ad un matrimonio - con tutti i costi e beghe connesse in caso di divorzio.

E'  stata una grande conquista della Rivoluzione Industriale la mobilità lavorativa, che porta con sé la mobilità sociale. La diminuzione del tasso di disoccupazione dovuto alla liberalizzazione, avrebbe dovuto consigliare a Tremonti che allentare la presa del controllo dei rapporti umani - anche quelli in ambito lavorativo - è  sempre cosa produttiva. Evidentemente il ministro preferisce un posto fisso "a casa", piuttosto che una mobilità che, anche quando da pochi soldi, "garantisce" il proprio sostentamento - mentre essere stabilmente disoccupati, com'è risaputo, non paga a meno che lo Stato non ci metta lo zampino.

Ma il super ministro ha parlato e oggi anche "ilGiornale" si accoda a tessere le lodi di quello che Piercamillo Falasca chiama: " ... un mondo antico ed immobile: dopo il servizio di leva, un bel posticino in banca o in fabbrica, un percorso di carriera fatto soprattutto di avanzamenti di anzianità, il mutuo per l'acquisto della casa, la caccia al radicamento e all'insediamento nei gagli della burocrazia interna, colleghi - a volte amici, a volte avversari, spesso prima l'una e poi l'altra cosa - che reciprocamente si vedono crescere, diventare padri o madri, poi brizzolati e infine anziani. Una vita, un solo destino, legato a quello dell'azienda. Ti può andar bene, ma ti può andare anche male."

Che tristezza ... Ripeto uno slogan di un po' di tempo fa: io non voglio il posto fisso, voglio guadagnare.

- «La cultura del lavoro è ricerca, passione, intrapresa, coraggio, orgoglio. È apertura, confronto col mondo. Il posto fisso è qualcosa che ti arriva dall'alto, quasi un residuo feudale. È lo Stato che distribuisce ai sudditi i suoi favori. È un sistema rigido che ti segue in ogni istante della tua vita».
Dalla culla alla bara." 
Segnalo anche quest'interessante intervista di Mingardi sempre su "ilGiornale"

 
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