Creato da liberemanuele il 26/01/2009

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Marchionne si? Marchionne no?

Post n°87 pubblicato il 23 Febbraio 2010 da liberemanuele
 


 

 

"Quel che è bene per Fiat è bene anche per l'Italia"

Questa era la massima di quando Fiat mangiava dalle nostre tasche, con l'aiuto del governo di turno: un inno al parassitismo industriale, il tipico esempio italiano di perdite pubbliche e guadagni privati.

Non dobbiamo nemmeno scordare, la storica voracità di Fiat nel cannibalizzare tutte le altre case automobilistiche italiane concorrenti che, ridotte all'osso dal diabolico periodo delle acquisizioni pubbliche, sono state consegnate dal governo italiano nella mani di Agnelli che ha provveduto puntualmente a finirle: prima Autobianchi, poi Alfa.

Proprio verso quest'ultima è stata avanzata l'ipotesi di un eventuale acquisizione da parte della Volkswagen.
 Martin Winterkorn, amministratore delegato, ha dichiarato sul quotidiano spagnolo El Mundo: "Il marchio Alfa Romeo è estremamente interessante". Ma Marchionne smentisce subito una qualsiasi volontà di vendere il marchio, nonostante, solo una settimana prima, abbia criticato severamente l'Alfa Romeo per i scarsi risultati ottenuti con gli importanti investimenti destinati, prospettando un ridimensionamento considerevole.

Fino a qualche settimane fa, l'avessi incontrato per strada, probabilmente non gli avrei risparmiato un gestaccio, ma, dopo le recenti polemiche con il governo, mi sono ricreduto. Marchionne è un manager spietato - nel senso buono - e  la sua spietatezza è il nuovo credo della azienda torinese, "FilosoFiat" la chiama il mensile "Quattroruote":

"Ormai non è più la bandiera che conta. Si va a produrre dove conviene, si va a vendere dove c'è mercato, si va ad incassare contributi laddove ci sono governi disposti ad elargirli. Non contano i sentimenti, non contano le radici e in questo Marchionne è di una convinzione granitica:  «Il mondo nel quale viviamo si reinventa ogni giorno», ripete, e «la probabilità che il futuro replichi il passato e praticamente pari a zero».

Quattroruote n.650 dicembre 2009 - "Lezioni di FilosoFiat" di Mauro Tedeschini

 Marchionne non ha paura di prendere e difendere decisioni ponderate, lavora tantissimo, viene descritto come una persona sola, il dirigente che esce dall'ufficio a mezzanotte o più tardi, per poi andare a mangiare la pizza con qualche dipendente timoroso. Non è la passione automobilistica che lo anima, ma, come oggi si usa dire, una fortissima vocazione all'obbiettivo - anzi, al successo! Si dice che in America prediliga un tono più confidenziale e amichevole, mentre in Italia sia il freddo e distante "Dottor Marchionne".

Il maglione monocolore che indossa regolarmente in tutte le occasioni importanti è ormai una divisa, un segno di superiorità verso le istituzioni e verso le persone, ma anche un messaggio per chi vorrebbe intimorirlo e che attraverso le pieghe della lana nera si vede gridare in faccia "Io so' io, e voi non siete un c...".

E' stato bello vederlo impavido, fronteggiare anche l'eminenza grigia Putin con la solita divisa.

Nella polemica con il governo credo abbia dato il meglio di sé, per lo meno per quello che riguarda l'immagine mediatica, con il tono fermo e coraggioso con cui si è scontrato con potenti ministri.

Insomma, non è la strategia di un'azienda privata che deve essere messa in discussione, anche quando questa prevede finanziamenti pubblici: bisogna evitare di essere dogmatici con gli altri, sospendere il giudizio. Sono gli stati semmai che devono essere messi in discussione nelle loro politiche economiche che favoriscono quello o l'altro.

A prescindere da qualsiasi giudizio ozioso, Marchionne ha ampiamente dimostrato la sua grandezza, mostrando tutta la differenza fatta rispetto ad altri personaggi, la cui grandezza è proporzionale solo alla retorica nazionale che li celebra.

 
Rispondi al commento:
liberemanuele
liberemanuele il 03/03/10 alle 20:58 via WEB
Marchionne è bravo, molto, forse troppo :-) , ma Fiat ancora deve lavorare tanto. Tra l'altro io intanto sono passato a Volkswagen. Sulla classe politica sottoscrivo e aggiungo quella imprenditoriale. parlo della grossa industria italiana, campata per anni sulle nostre spalle, che fondava le sue fortune sulle complicità politiche e non sul suo saper fare. Una vera vergogna!
 
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