Et ubicumque sum ib

Liberamente, Cose' la felicita'?

Creato da SalataZuccherata il 10/10/2012

 

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E direi

Post n°75 pubblicato il 21 Dicembre 2019 da SalataZuccherata
 

 

 

Ora che ci stiamo avvicinando a quel momento in cui uno guarda indietro

e fa equilibri e altre consegne per cercare di non incolpare se stessi

per non condurre la vita che desideri, ho voglia di recuperare un testo

che ho scritto anni fa (molti), più di ogni altra cosa perché in questo blog

faccio quello che voglio davvero. È, suppongo, il mio piccolo equilibrio:

sapendo che sebbene alcune cose rimangano le stesse,

altre sono cambiate così tanto che ritrovarle non le riconosce come tue.

 

Un pezzo di verità

Faceva freddo ieri quando sono tornata a casa.

Dovevano essere le 7 di sera Era abbastanza presto

perché i negozi rimanessero aperti.

In quel periodo non camminavo da molto tempo nel mio quartiere.

Mi ha colpito vedere quanto è diverso quando ci sono persone,

anche la strada che percorro ogni giorno, anche se non le conosci affatto.

Normalmente si crede che le persone siano rimaste o semplicemente

non ne abbiano bisogno perché ci ignoriamo a vicenda.

Devi solo vedere come vanno le persone in metropolitana,

soprattutto quando è molto affollata.

Puoi essere abbastanza vicino a una persona da sentire il respiro

e fare ancora tutto il possibile per fare come se non ci fosse.

Questa è l'ipocrisia degli urbaniti, suppongo.

Il numero di abitanti per chilometro quadrato

è direttamente proporzionale allo sforzo

che facciamo per ovviare all'esistenza di altri.

Non dico che è diverso, non mi considero socievole.

Recentemente un uomo mi ha avvicinato in metropolitana

e mi ha chiesto se potevo leggere quello che aveva 

in un barattolo di vetro.

Mi tolsi le cuffie e vidi che quello che teneva in mano

era un costoso campione di profumo.

Il signore era ubriaco.

L'ho letto ad alta voce e l'ho ripetuto tre volte

guardandolo negli occhi, ricordandomi che quest'uomo,

per quanto ubriaco e sconosciuto fosse,

era ancora meglio di un bidone o di una finestra della metropolitana.

Mi ha ringraziato per il gesto spruzzandomi il dorso della mano con il profumo.

E non potei fare a meno di sentire che il semplice fatto di guardarlo negli occhi

era un gesto altruistico da parte mia invece di un'altra componente del fatto

comunicativo, come se gli stessi facendo un favore.

E invece di ringraziarlo, ho messo di nuovo le cuffie. Sono scortese?

Chi è più antisociale, quell'uomo per essere ubriaco in metropolitana

o me per essere politicamente corretto? Non importa, sai perché?

Perché anche se mi pongo queste domande,

in metropolitana continuerò a fissare il vuoto,

con le cuffie accese e ignorando l'esistenza di tutti gli altri passeggeri,

non importa quanto mi siano vicini. L'ipocrisia degli urbaniti, suppongo.

Felice anno nuovo!

 

 

 
 
 
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