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5) La centralità dell’istruzione e della formazione continua per una società di uomini liberi e con eguali opportunità;
6) La convinzione che ogni cittadino sappia impiegare meglio del Governo i suoi soldi e che il prelievo pubblico non debba superare quella soglia che favorisca l’evasione e scoraggi le attività dei cittadini;
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9) La preferenza per il principio che ai cittadini debba essere permesso tutto ciò che non è espressamente vietato;
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11) La ferma determinazione nel perseguimento dell’obiettivo dell’integrazione europea e la volontà di lavorare per un’Europa sempre più forte, alleata con gli Stati Uniti d’America, per affrontare insieme le sfide del terzo millennio.
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PUBBLICO IL SEGUENTE ARTICOLO SEGNALATOMI DAL CARO AMICO FABRIZIO:
"Caro MARCINKUS
dalla "Gazzetta del Mezzogiorno" del 01.01.08 t'inoltro questo sconvolgente articolo.
Fanne buon uso sul blog ed auguri di novello anno.
Fabrizio
Esclusivo - In Puglia spreco «idroelettrico»
• Come funzionano la turbina «Francis» e la «Kaplan»
• Energia idroelettrica, un sogno del Sud
CONDOTTE DIGHE RENDINA LOCONE BARI - Sin dagli anni Novanta, la Puglia s’è dotata d’una splendida centrale idroelettrica. E’ stata progettata e realizzata coi soldi della collettività. E’ stata anche collaudata e funzionava a puntino. Poi però - quasi che 1.000 e fischia chilowattore al giorno fossero bruscolini indegni d’attenzione - tutto è rimasto inutilizzato. In altre parole, i pugliesi hanno una centrale idroelettrica da undici anni e non la usano.
L’inutile ruggito
Per vedere coi propri occhi questo insulto alla logica e all’economia, bisogna andare nei pressi della diga del Locone (in agro di Minervino Murge, in provincia di Bari). Prima però bisogna chiedere il permesso all’ente che dovrebbe gestirlo, cioè il Consorzio di bonifica Terre d’Apulia. Perché - spiegano - «la centrale idroelettrica, come tutto ciò che attiene al funzionamento della diga, è un “obiettivo sensibile” del nostro Paese».
Ottenuta l’autorizzazione e dopo aver sfidato tratturi con pendenze diaboliche, l’«obiettivo sensibile» si presenta chiuso in una rimessa di cemento armato letteralmente assediata dall’acqua. Fuori piove a dirotto. Anche dentro piove, perché il tetto perde. E bisogna urlare perché il «ruggito» dell’acqua è incredibile, fortissimo. Il salto è fragoroso. E’ pura energia. La massa liquida arriva impetuosa, a un passo dal muro di cemento armato.
«In pratica, basterebbe aprire una chiave a farfalla - spiega il geometra Michele Bevilacqua, il “virgilio” assegnato alla giornalista dal Consorzio di bonifica - per permettere all’acqua di raggiungere la turbina. In questo modo, essa entrerebbe in funzione e il suo moto produrrebbe energia a 6000 V. I tre trasformatori qui fuori la porterebbero a 20.000 V e l’elettricità sarebbe pronta per essere ceduta alle reti dell’Enel».
Nessuno però apre la benedetta «chiave a farfalla» e l’acqua della diga Locone fila via, lasciando la centrale idrica all’asciutto. Il suo poderoso ruggito viene smorzato in un «vascone di riposo». Poi, placida, prosegue verso il potabilizzatore dell’Aqp.
Il contatore generale dell’impianto parla chiaro: la centrale idroelettrica pugliese - dagli anni Novanta a oggi - ha lavorato soltanto per due ore, il tempo del collaudo.
Il pantano
Per conoscere la storia di questa opera pubblica bisogna bussare alla porta della sede barese del Consorzio di bonifica Terre d’Apulia. La sala riunioni affaccia sul lungomare. Sono presenti il commissario dell’ente, Giuseppe Cavallo, e un pool di esperti.
«La centrale idroelettrica - spiega il geometra Michele Bevilacqua - fu progettata nel 1992, assieme all’attrezzamento irriguo, cioè l’acquedotto, denominato Minervino Alto. I lavori terminarono nel 1995 e dopo fu anche effettuato il collaudo. Tutto, costò circa 5 miliardi di lire».
Per la precisione, l’appalto è datato marzo 1990 (reg. a Bari il 13/04/90, n°1025 AP) e se lo aggiudicò il raggruppamento temporaneo di imprese composto da: «Italstrade SpA» di Roma (capogruppo mandatario); «Cooperativa Muratori e Cementisti - Cmc» di Ravenna; «Di Corato Spa» di Trani (Bari) ed «Ercole Marelli Impianti Tecnologici Spa - Emit», anch’essa con sede nel capoluogo di regione.
I quattrini dei contribuenti arrivarono grazie ad un finanziamento dell’erede della Cassa per il Mezzogiorno, cioè l’Agenzia per la promozione dello sviluppo per il Mezzogiorno (Agensud).
«Il progetto iniziale - dice l’ingegner Giuseppe Corti - prevedeva una turbina ma poi ne vennero realizzate due: una Kaplan e una Francis, che consentono la produzione di energia con un salto (dell’acqua; ndr) a monte diverso. La Kaplan, infatti, funziona quando il livello dell’acqua nella diga Locone è minimo, mentre la Francis funziona quando il livello è più alto. In media, la produzione di energia prevista è, rispettivamente, di 623 kw/h e di 1.160 kw/h».
Per sfruttare la centrale idroelettrica barese venne anche sottoscritta una apposita convenzione decennale tra il Consorzio e l’Enel. Prevedeva la cessione al colosso energetico italiano dell’elettricità prodotta dall’impianto, a fronte di un corrispettivo.
La convenzione è scaduta da un pugno di mesi, senza produrre benefici per alcuno.
Il salto e il «buco»
Perché non è stata mai messa in funzione la centrale? La risposta del Consorzio è duplice: prima non si poteva fare perchè nella diga del Locone non c’era abbastanza acqua; oggi non si può fare perché il bilancio del Consorzio è devastato dai debiti e - dice il commissario straordinario, Cavallo - «non abbiamo le risorse per effettuare i necessari lavori di adeguamento e manutenzione».
Quanto alla disastrosa esposizione debitoria dell’ente c’è poco da dire. E’ tutto nero su bianco: al netto delle anticipazioni regionali il Consorzio ha un «buco» di circa 70 milioni di euro.
Quanto al livello dell’acqua accumulata nella diga, invece, è bene farsi due conti.
E’ vero infatti che per far funzionare le turbine è necessario che ci sia un ben preciso «salto», ovvero un dislivello tra l’altezza dell’acqua nel Locone e la quota delle turbine. Per la precisione, perchè funzioni la turbina «Kaplan», nella diga barese l’acqua deve raggiungere i 165,55 metri sul livello del mare. Mentre, perché funzioni la «Francis», il livello deve essere di 178,15.
Documenti ufficiali dimostrano che il salto utile a produrre elettricità è stato raggiunto e, talvolta, superato.
Per legge, infatti, il Consorzio deve rilevare il livello dell’acqua presente nella diga e comunicarlo al Registro italiano dighe (il Rid, è l’organo nazionale di controllo). Prendendo in considerazione i tabulati relativi ai primi dieci mesi di quest’anno, si scopre che il Locone ha superato quota 165,55 per circa 200 giorni. Quindi la turbina «Kaplan» avrebbe potuto funzionare per 200 giorni. In altre parole, la Regione Puglia (che, come spiega Cavallo, «è proprietaria della centrale, mentre il Consorzio la gestisce soltanto»), nei primi dieci mesi del 2007 ha buttato quasi 3 milioni di kw.
E il lettore valuti che il contatore di casa è autorizzato a un consumo di 3 kw.
Ciò detto, visto che il Consorzio non ha i soldi per mettere a regime l’opera, il commissario straordinario sta tentando una strada alternativa: «Stiamo verificando la possibilità di affidare in gestione la centrale idroelettrica ad una impresa. Si tratterà di una concessione pluriennale e spero che si andrà in gara entro la prossima primavera».
Marisa Ingrosso
1/1/2008
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