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L’ultimo ballo di Charlot


  "Immagina la mia storia  come quella di una  ferrovia. Un taglio dentro la terra e  un desiderio a cui non sapevo dare nome. Immagina il  movimento del trenoche  si accorda  al mio respiro. Avrei potuto continuare a viaggiare all'infinito, senza scendere mai. E ricordati sempre  che tutte le coincidenze hanno un'anima. Come quando vicino al fiume,   quella sera in cui la luna  illuminava la campagna,  lei, col suo passo stentato, incerto, sull'argine si sciolse i capelli. Mi lanciò il bastone erimase su una gamba sola, come una cicogna. Cominciò a volteggiare, facendo leva soltanto sulle braccia e sull'unica gamba, e  poi si tuffò nell'aria. Per pochi minuti si trasformò in un pesceche guizzava sulla superficie delle cose,in  un essere senza pesoche danzava sulla luce e attraverso le ombre.Era tutto quello che non mi aspettavo di vedere, un'anomalia, una disubbidienza, la nota più alta di un violino. Il desiderio di chi torna  ad essere se stesso da un'altra parte del mondo, su un altro fiume. Avrei voluto  scendere su quella riva e mettermi a ballare anche io, ma non ho mai imparato ad ammaestrare le storture, i danni, il rimpianto. Il fiato mi incatenava al luogo da cui osservavo la scena.Ma la sua ribellione mi faceva bene, un po' di quella gioia mi ricadeva addosso come una medicina, strappava le funi che ci legano a terra."Anche a  me ha fatto  bene questo gioco visionario, dove la vita vera chiede in prestito a quella fantastica gli elementi per sostanziarsi di significato. Mi ha fatto bene come quando, nei primi anni '70,guardavo le ultime scene in bianco e nero di un  vagabondo che se ne va da solo per una strada di campagna, dondolando le spalle, e andavo a dormire col sorriso, rinfrancato nei miei  desideri di bambino.