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Il Derby della Mole/2


Fonte: LASTAMPA.itBoutade & sospetti, la partita di Mourinho. Toro-Juve nel nome del terzo "scomodo"ROBERTO BECCANTINITORINOSarebbe stato un derby di ordinaria tensione, il Toro con obblighi di salvezza, la Juventus con qualche prurito, poca benzina e molti pensieri (il Chelsea). Cuore e batticuore. Nella norma, insomma. José Mourinho l’ha sequestrato e riverniciato, coinvolgendo arbitri e primavera (non la stagione, però). Il suo «discorso del passamontagna», viste le ruberie dalle quali dovranno guardarsi i granata e i bianconeri (di Udine, però), ha spaccato l’Italia, acceso dibattiti, creato partiti, pro e contro. I tifosi del Toro si sono affrettati ad adottarlo, più o meno come avevano fatto gli juventini dopo il disastro interista di Bergamo e le soffiate sul cazziatone che avrebbe rivolto alla squadra: «Uno scudetto lo avete vinto in segreteria, un altro perché non c’era nessuno, il terzo all’ultima giornata». Un mito bi-partisan. Auguri, di cuore, a Farina, l’arbitro del derby, a Tagliavento, designato per Roma-Udinese, e a Morganti, «scritturato» da Collina per Genoa-Inter nonostante la topica di Mantova-Bari 0-2, gara nel corso della quale, sabato scorso, aveva ignorato una corretta segnalazione di fuorigioco da parte di uno degli assistenti e convalidato, sbagliando, il gol di Guberti. Mourinho applica la strategia della finzione, chiamiamola così. Fingersi vittima di un complotto, l’unico argomento che tiene insieme il Paese, dall’11 settembre a Calciopoli, passando perfino attraverso la morte di Marco Pantani. Una congiura. Un complotto: sempre, e comunque. Provate a mettervi nei panni e nel fischietto di Farina: già il cognome si presta a giochi di parole (Farina: di quale sacco?), figuriamoci le decisioni. Ogni punizione, ogni cartellino, ogni sermone - se non proprio limpido al cento per cento - verrà letto e tradotto in funzione delle nuvole sollevate e diffuse, martedì, ad Appiano. Per la verità, qualcuno fuori del coro ci sarebbe. Ma sono tecnici e, dunque, non contano. Zdenek Zeman si è detto deluso del Mourinho allenatore, e Osvaldo Bagnoli, che pure conosce i suoi polli (cioè noi), ha posto l’accento sul difensivismo di José, «un tema che, curiosamente, nessuno ha approfondito». Nessuno, a cominciare dal diretto interessato. Meglio l’aria condizionata delle analisi condizionanti (il suo magistero). Mourinho non è mai stato rivoluzionario sul piano tattico. È stato, e rimane, un indiscusso «portatore di risultati» e un genio delle parabole, da «Non sono un pirla» in su. Che la sua Inter sia l’Inter di Mancini non frega alla plebe. Frega il suo lessico e, per questo, non ricordo un derby della Mole così espropriato e così usurpato, nella sua barbosa genesi, da un personaggio che non c’entra un tubo. D’improvviso, un reperto di nicchia diventa un evento nazional-trasversale proprio nel giorno in cui gli arbitri, divisi, hanno votato Nicchi (Marcello) alla presidenza dell’Aia. Senza l’orgoglio di Mourinho, saremmo rimasti dentro i recinti del rodeo cittadino, annoiati dalla solita tiritera del Toro operaio che cerca di ribellarsi al destino cinico e baro. Nicchia, Nicchi: il successore di Cesare Gussoni è stato evasivo su Pierluigi Collina, il nodo più delicato, e ha aggiunto che non si deve più parlare di Calciopoli. Perché mai? Dipende dagli arbitri, signor presidente eletto, mica da noi, umili recensori dei quaderni mourinieschi e degli aiutini di stato. Walter Novellino sorride: purtroppo per gli avversari, di schierare i ragazzi non gli passa nemmeno per l’anticamera del cervello. Claudio Ranieri si è già pentito di aver usato il telefono, antico vizio societario. Luciano Spalletti schiuma di rabbia. Naturalmente, in attesa di Old Trafford, Mourinho gode. In fin dei conti, Maurizio Zamparini aveva dato ai giornalisti dei maiali, mentre lui ci ha dato delle prostitute. Modiche reazioni. Il vero problema sarà quando daranno dei giornalisti ai maiali e alle prostitute. Un rischio che José, italiano di rimbalzo e «arbitro» del derby di Torino, non correrà mai.