Creato da greppjo il 17/09/2009

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Per una sera Terontola capitale d’Europa

Post n°229 pubblicato il 12 Maggio 2019 da greppjo
 
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In una piazza Madre Teresa strapiena il comizio all’antica di David Sassoli,Vicepresidente del Parlamento Europeo.

Nella verde e accogliente Piazza Madre Teresa di Calcutta, fiera della sua Casina dell’Acqua e del suo Termocompattatore, immersa in una tiepida serata primaverile allietata dalle grida di bambini e bambine portati al bel parco giochi da genitori e nonni, Terontola per una sera è stata capitale d’Europa.

Dalle diciotto in poi, infatti, alla kermessepopolare del Pd terontolese per l’elezione di Andrea Bernardini a sindaco diCortona , è intervenuto David Sassoli,vicepresidente uscente del Parlamento europeo , in rappresentanzadell’opposizione socialista a Strasburgo e candidato per le elezioni delprossimo 26 maggio.

David Sassoli, volto noto del Tg1 e bandiera  battagliera del Pd popolare che vuole abbattere il totem del rigore di Maastricht, che vuole ridare voce al mondo del lavoro e dei lavoratori del ceto medio bistrattati e impoveriti dalla destra che governa ormai da anni il Parlamento europeo e la stessa Commissione europea, ha infatti tenuto un appassionato comizio sui grandi valori etici e politici che la bufera del neo-sovranismo  e del neo-nazionalismo sta  attaccando, in maniera frontale e con toni da odio, da cattiveria verbale e da ignoranza vera e propria, non solo in Italia , ma in quasi tutte le nazioni europee che devono eleggere la nuova assise parlamentare di Strasburgo il 26 maggio 2019.

Sassoli ha ricordato che l’europeismo non è un’ideologia, ma una cultura , una civiltà dello stare insieme e del condividere problemi e soluzioni tra i popoli d’Europa che, uscendo distrutti, in rovinae  a pezzi dalla seconda guerra mondiale,detta anche ultima guerra dei nazionalismi fascisti e nazisti, decisero di vivere in pace e concordia democratica al grido che ancor oggi risuona forte: “Mai più la guerra”;  “Jamais plus la guerre”; “Nie wieder Krieg”;“Never again war”.

Con toni pacati e oratoria da comizio all’antica, Sassoli ha invitato alla speranza della costruzione di un nuovo domani a misura d’uomo, che investa su ricerca, sull’istruzione per tutti , sulla salute per tutti, sul lavoro per i giovani che lo cercano e non lo trovano o sono costretti a lavori malpagati e lontano dalle loro famiglie. 

Nonostante le difficoltà della crisi economica ed etica in cui si dibattono oggi i popoli europei, in primis il nostro- ha detto inoltre Sassoli- il ventisei maggio gli italiani si recheranno alle urne per costruire la speranza  di una nuova Europa che sappia tenere insieme e in armonia le varie nazioni , i vari popoli, per osare ancora più democrazia, più solidarietà, più libertà e non per rinchiudersi in casa propria e vivere da soli in un mondo che invece è ormai sempre più interconnesso e interdipendente.

Su questa prospettiva di più Italia repubblicana in una nuova Europa grande e vera Federazione di popoli repubblicani, cioè dove i governi fanno i governi e le opposizioni fanno le opposizioni controllando il potere – ha concluso David Sassoli-assicuro che “io mi batterò affinché i borghi lindi e ordinati come Terontola e le Piccole patrie come la città di Cortona siano le nuove, significative capitali dell’Europa prossima ventura”.

Finito il comizio e l'incontro con i terontolesi, alle venti, mentre la kermesse Pd  lo salutava con le note melodiche dell'Inno d'Italia versione folk,  David Sassoli ha lasciato Piazza Madre Teresa di Calcutta e si è fermato poi mezz'ora al Riccio, al noto ristorante popolare dei fratelli Meucci. Lì  ha gustato un piatto di pici al ragù cortonese prima di ripartire di corsa per  Sansepolcro, dove , alle nove e trenta, ha tenuto l'ultimo comizio  di una campagna elettorale europea che lo vede impegnato a costruire la nuova Europa  dei popoli, che vuol dare una spallata decisiva al neoliberismo delle destre.

Ivo Camerini

 
 
 

Giuseppe Garraffo e la nascita della Cisl Medici

Post n°228 pubblicato il 05 Maggio 2019 da greppjo
 
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Grazie ad una favorevole circostanza propiziata da Pinarosa Carniti, sorella del mitico Pierre , nei giorni scorsi ho reincontrato Antonia Carlino, medico ospedaliero in pensione, vedova di Giuseppe Garraffo, morto nel 2011, medico ospedaliero anche lui e indimenticato  fondatore nel 1982 del sindacato di seconda affiliazione Cisl-Medici.

E’ stato un incontro nel segno e nel ricordo del comune amico e maestro Pierre Carniti ed Antonia ha voluto omaggiarmi di una copia del bel libro intitolato “ Com’è nata la Cisl Medici”,uscito nel 2014 a cura di Simone Bandirali, segretario generale dei medici Cisl del territorio Asse del Po, Cremona, Lodi, Mantova.

Si tratta di un libro in carta vergatina, graficamente  ben curato che, in maniera essenziale, ci propone una bella memoria attiva su Giuseppe Garraffo, medico siciliano trasferitosi nella Lombardia degli anni 1970 dove conosce e fa amicizia con Pierre Carniti, che gli affida il compito di impegnarsi nella costruzione di un sindacato dei medici affiliato alla Cisl. Medici che fino ad allora militavano in maniera molto limitata nella Fisos, il sindacato generale cislino del settore, comparto sanità.

Giuseppe Garraffo, figura straordinaria di medico di quella sanità pubblica, che si rinnovò divenendo “sanità di popolo” con la legge 833 del 1978, oggi quasi completamente stravolta in barba ai principi costituzionali di un’assistenza sanitaria universale e gratuita verso i lavoratori,i pensionati, i bambini e le fasce sociali ed economiche  più deboli della società italiana, è stato l’artefice,il realizzatore  del disegno di  fondazione, di costituzione del sindacato Medici della Cisl promosso e voluto da Pierre Carniti nei primi anni 1980 della sua Segreteria generale della Cisl. 

Carniti qui, nella prefazione, ricorda con grande passione sindacale, il, cammino sindacale dell’amico Giuseppe Garraffo con parole di grande affetto e riconoscenza ed invita, siamo nel 2014, a ritornare su quella strada che fu percorsa  da tanti medici italiani nel ventennio 1969-1989 della rivoluzione sindacale italiana quando lasciarono  la cittadella del sindacalismo autonomo per confederarsi nella Cisl.

Medici che ebbero nella guida lungimirante e appassionata di Garraffo la forza di costituirsi, con il convegno nazionale al Cnel del 1982, in vera e propria organizzazione sindacale, con atti e statuto che vengono riportati integralmente in questo libro di Simone Bandirali.

Antonia Carlino, vedova di Giuseppe Garraffo, pensionata ,ma ancora medico attivo e amato nelle terre del cremonese, prosegue l’ attività sindacale del marito e oggi fa parte dell’attuale esecutivo nazionale della Cisl Medici, promuovendo attivamente le idee di Giuseppe e di Pierre nella sanità italiana

Negli  anni scorsi ha donato l’archivio personale del fondatore della Cisl Medici alla Fondazione Bibliolavoro di Milano. Per coloro che volessero approfondire l’argomento, ecco gli estremi del libro la cui foto di copertina fa da corredo a questo articolo : “Come è nata la Cisl medici", a cura di Simone Bandirali,Crema, Tipografia  Trezzi, 2014.

Ivo Camerini

 
 
 

Dialoghi “ Sotto il cielo di Cortona”

Post n°227 pubblicato il 04 Maggio 2019 da greppjo
 
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Le interviste di Ivo UlisseCamerini raccolte in volume

Dal 1975 ad oggi il giornalista Ivo Ulisse Camerini ha incontrato un numero straordinario di personaggi appartenenti al mondo della cultura, della politica, dello spettacolo, del sindacato ed ha realizzato con ciascuno di loro un colloquio aperto , tematico o personale, che dell’intervista ha il fine  ma la struttura ed il ragionamento che stanno dietro appartengono più al dialogo di classica memoria: quello del tempo lungo che ammette pause e silenzi, della disponibilità all’ascolto senza condizioni, senza presunzioni, quello che in qualche modo fa scattare la complicità con l’interlocutore che allora parla di sè e di altro con leggerezza, senza impostazioni. Sarà la condivisione di un pensiero,la stessa visione della vita o anche l’opposto, ma in maniera costruttiva, dialogica, appunto, mai contrapposta né frettolosa. Dialoghi sulla storia, sulla fede, sull’impegno civile, su  esperienze di vita vissuta: una gamma vastissima e mai ripetitiva di argomenti raccolti nell’arco di oltre quaranta anni di giornalismo attivo e puntuale, in occasioni disparate ed ora pubblicati tutti insieme nel volume dal titolo “Sotto il cielo di Cortona”che per fortuna è ben più vasto di quel sun famoso che, se illumina, a volte può  accecare e falsare la prospettiva. E qui ilcielo va inteso proprio come una quinta teatrale,  ospitale e immensa, che raccoglie e raduna uomini e donne famosi  offrendo occasioni di confronto,  dibattito,  contrapposizione positiva . Il sottotitolo riassume l’intento di Camerini: incontri e dialoghi da tramandare. Perché accanto agli incontri importanti e memorabili quello che conta è che resti traccia delle parole dette, dei gesti che le hanno accompagnate così come le occasioni: la testimonianza di domande e risposte segnate da momenti della nostra storia recente, in politica o nella cronaca, attraverso le quali l’Autore delinea  l’evolversi della società ed anche il suo personale impegno che matura e cresce con l’infittirsi dei dialoghi. Testimonianze da conservare e far conoscere.E allora ecco la prima intervista  ad Elena Sakharova – moglie del Premio Nobel Andrej Sakharov, autentico “scoop”  cheIvo Camerini realizzò nel 1975 cogliendo, con fine fiuto giornalistico l’occasione che gli si era presentata, e che venne pubblicata all’epoca sulle pagine nazionali de “Il Popolo”, passando poi a politici quali Enrico Berlinguer  incontrato nel 1982 a Cortona  e Alexander Dubcek intervistato nel 1991 sempre a Cortona; e poi sindacalisti quali Pierre Carniti, Sergio D’Antoni, Franco Marini  con i qualil’Autore riesce a ricostruire anni di militanza e di ideali condivisi. Parte cospicua di questo interessante volume,sono i colloqui con intellettuali di primo piano, quali storici, e conomistie  scrittori, e, tra questi, il prof.Giulio Sapelli incontrato da Camerini nel 1999: ne ebbe a uscire un discorso lucidissimo sulla mondializzazione della società dopo la mondializzazione dell’economia, affermazioni che oggi suonano quali straordinarie premonizioni,e, soprattutto, sorprende la definizione di Cortona quale “piccola Atene del nostro tempo”. 

La penna dell’intervistatore ha poi fermato sulla carta i colloqui con il Cardinale Bassetti, Presidente dellaCEI,  e con Padre Xavier Leon Dufour  con forti richiami all’altruismo, al rispetto dell’Altro. Colpisce il tono del colloquio con l’attrice Natasha Hovey,pubblicata nel 2002, che fa venir fuori il volto umanissimo e spirituale di questa donna di successo nel momento in cui, con il figlioletto, trascorre una lunga vacanza a Cortona, nel sole dell’estate al riparo dai ritmi e dai miti del mondo delle celebrità. Ma la parola è data anche agli amici del bar, opinionisti diretti e schietti, che  appaiono più lungimiranti  dei tanti politici che aprono quotidianamente la bocca nei salotti televisivi.

Si coglie nell’insieme di questa pubblicazione il profilo di una lunga e intensa attività giornalistica accanto al senso di un cammino che non si ferma : e se l’Autore in copertina definisce l’opera Instant-Book è anche vero che salta sù, netta, la percezione di un “itinere” che porterà altri frutti, altri incontri, e che sarànecessario un aggiornamento. Che insomma l’istante dovrà confrontarsi con il  tempo in una contraddizione  apparente e che l’elenco dei personaggi con cui dialogare si allungherà per le molte occasioni che continueranno ad affacciarsi  sul cammino di questo attivissimo giornalista e scrittore cortonese .

Isabella Bietolini

 (“Sotto il cielo di Cortona. Incontri e dialoghi da tramandare” , Instant-Book di Ivo Ulisse Camerini,CMC, Cortona, Marzo 2019)

 
 
 

Sotto il cielo di Cortona.Dialoghi e incontri da tramandare. Ovvero : l'ultimo libro di Ivo Camerini

Post n°226 pubblicato il 15 Aprile 2019 da greppjo
 
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Avevo incontrato in occasioni precedenti Ivo,ma fu a Roma, per una ricerca, con lo stesso Ivo e con Giulio Mauri, pubblicata nel 2001 da Filca-Cisl Area Sud e Archivio storico Cisl (Alle origini della Filca-Cisl nel Centro - Sud -1948-1959) che ebbi modo di frequentarlo più assiduamente.

Conobbi così una persona di grande competenza e generosità e l’occasionale collaborazione rese possibile un’amicizia, che, anche se a distanza, è durata negli anni.

Furono anche la sua gentilezza e la sua disponibilità a farmi consapevole che per Ivo il lavoro non era solo mera esecuzione, ma soprattutto passione nella ricerca della verità, offerta con semplicità e rispetto, ricca di  risvolti non solo professionali ma anche profondamente umani e culturali.

Quando ho saputo del libro Sotto il cielo di Cortona. Incontrie dialoghi da tramandare, ho chiesto a Ivo dove potessi comprarlo e Ivo me ne ha fatto dono.

Il libro mi è arrivato qualche giorno fa: l’ho spacchettato, ho letto la quarta di copertina, l’ho sfogliato e poi me lo son conservato per la sera, con l’intenzione di sfogliarlo ancora un po’ e cercare di rendermi meglio conto del suo contenuto.

O meglio: pensavo di sfogliarlo e di leggerne qualcosa. Senonché, ho cominciato a leggerlo e l’ho terminato alle quattro del mattino.

È certo una gran bella sorpresa, per noi meno giovani cislini, ritrovare nel libro memorie e testimoni degli anni del nostro impegno politico e sindacale.

Ma non credo che Ivo abbia pubblicato questa prima raccolta delle sue interviste per noi, che pure abbiamo vissuto quelle esperienze storiche con passione e con profonde contraddizioni.

È per i più giovani, non solo amici e compagni sindacalisti, questo libro; e trai più giovani dovrebbe trovare ampia diffusione, perché, con le parole di Giulio Sapelli (intervista del 1999), diffondere lo studio della storia fra i giovani è una verità tanto importante. che spesso la si dimentica. È importante conoscere la storia perché penso che studiarla bene faccia capire ai giovani quali siano prima di tutto i gradi di responsabilità morale. Perché la storia è uno studio che insegna a formarsi una vita etica,quindi a porsi ogni giorno il problema dell’eticità e quindi della responsabilità morale.

Si rimane stupefatti dal numero e dalla qualità degli intervistati e dall’importante contributo storico e problematico delle interviste e dei temi trattati, tuttora attuali.

Solo qualche esempio, davvero, necessariamente, solo qualche spigolatura giusto per ribadire l’importanza di un libro che, se fossi ancora formatore Cisl e Filca,lo adotterei nei corsi da progettare.

Sulla democrazia.

Alessandro Pizzorno, intervistato nel 2009 in occasione di un convegno: Il nostro convegno (…) studia e analizza (…) l’evoluzione che lo Stato democratico ha via via assunto in questi ultimi centocinquant’anni e in particolare gli esiti che stanno venendo fuori dalla fine del Novecento ad oggi (…) abbiamo voluto vedere quale continuazione democratica ci sia ci sia stata nelle forme di Stato e come vada evolvendo la democrazia dopo oltre un secolo e mezzo di modelli di rappresentanza.

Sul ruolo del sindacato e sull’unità sindacale.

Sergio D’Antoni, intervista del 1991: Oggi, il ruolo del sindacato italiano si sta evolvendo in maniera positiva e quindi questo fa riprendere il cammino dell’unità sindacale tra CGIL, CISL e UIL.

E Pietro Scoppola, nell’intervista del 1990, propone una visione fondamentale: Il sindacato oggi (…) è in grado di assumere la rappresentanza di interessi veramente generali che interessano tutti i cittadini e che investono il lavoro in quanto esso oggi si identifica con la condizione stessa del cittadino.

Sul ruolo delle donne nella società e nel sindacato.

Nell’intervista del 2006 al sociologo francese Alain Touraine, Ivo pone domande che, ad oltre un decennio di distanza, appaiono di estrema attualità, soprattutto sulla diversità dei soggetti del conflitto sociale. Interessante è la convinzione di Touraine che “solo una società al femminile può dare futuro e salvezza alla modernità dell’Europa e dell’Occidente”.

Pierre Carniti, nell’intervista del 2008,alla “provocazione di Ivo (… permettimi di dire che, forse, fu sempre il 1969 furono le vostre lotte sindacali ad aprire il sindacato alle donne?),risponde: Sì. Questo si può dire, perché allora entrarono nel sindacato milioni di persone comprese molte donne, anche se ce n’erano già prima in maniera insoddisfacente e con più difficoltà, insisto, rispetto agli uomini(…). E  devo dire che (…) siccome la contrattazione è anche un fatto di buon senso, le donne potevano allora e possono oggi dare una buona mano, un apporto positivo alla contrattazione.

Devo per brevità sorvolare su tutti i numerosissimi personaggi intervistati da Ivo. Vorrei, però, infine, soffermarmi un po’ su quella bella e lunga intervista del 2008 a Pierre Carniti, una persona che io ho profondamente amato per le idee nuove e coraggiose che ha portato nel sindacalismo italiano, per la sua umiltà che era grandezza di sentimenti e di valori.

Mi ha molto divertito la vertenza del giovane Carniti con il direttore del Centro studi di Firenze in difesa del diritto dei partecipanti ai corsi di formazione di poter uscire liberamente la sera, senza limiti (da collegio inglese) di orario.

Carniti ripercorre la sua storia a partire dalle lotte dei salariati agricoli del cremonese, la sua adesione alla Cisl, la sua formazione e lo svolgersi delle esperienze sindacali, quelle che sembravano portassero all’unità sindacale, la sua eccezionale indipendenza di pensiero.

Cortona, città gentile, è il fil rouge del libro, una città amata da molti (ricordo qui le citazioni di Berlinguer, diMitterand) per  le sue ricchezze culturali e artistiche, per le particolarità della sua gente. Nelle parole di Giulio Capelli: Qui trovo sempre un grande fatto di civiltà: il rispetto del pluralismo, cioè quella civiltà di far convivere nel rispetto reciproco culture, ideali diversi.  E in quelle, significative di padre Xavier Leon Dufour: Non conoscevo Cortona. È la prima volta che ci vengo e devo dire che è una città piena di fascino. I cortonesi sono simpatici. Ammiro molto questa terra

Che dire altro, se non: leggetelo questo bel libro e godetevi quelle foto che nella loro immediatezza sono altrettanti documenti della vita di tutti i giorni dell’Ivo giornalista, scrittore e sindacalista.

Sarebbe utile, anche per la preannunciata seconda raccolta, che un editore, magari un editore del sindacato, potesse assumersi il compito di una pubblicazione meglio organizzata e che potrebbe avere, com’è auspicabile, una migliore diffusione.

 Manlio Talamo

 

 
 
 

Isabella Bietolini scrittrice, ovvero la nobildonna della cultura cortonese ed aretina contemporanea.

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Per gentile concessione de L'Etruria, volentieri pubblichiamo.

Durante le passate vacanze natalizie Isabella Bietolini Migliorini, collega giornalista all’Etruria e che conosco dai tempi di gioventù, al termine di  un incontro di redazione, ha gentilmente voluto omaggiarmi del suo bel libro “Cortona nella storia di vie,vicoli,piazze e piazzette”, pubblicato recentemente  con F&C Edizioni di Arezzo.

Un libro che, nelle sue centosessantacinque pagine, offre al lettore la raccolta , completa ed unitaria dei suoi articoli sull’argomento,  pubblicati in vari anni sul nostro quindicinale L’Etruria, ormai sempre più unico,straordinario libero diario della Cortona novecentesca e contemporanea  e  dei popoli di  Valdichiana.

Progetto grafico ed editing del libro sono di Francesco Giamboni, che ha scelto per questa edizione pregiata carta vergatina di stampo settecentesco ed ha arricchito i racconti storici di Isabella con ben undici preziosi disegni a china e matita su Cortona, i suoi monumenti e il suo paesaggio, della nostra comune amica, ma soprattutto  grande e indimenticabile artista del nostro Novecento, Donatella Marchini.

Questo bel libro , davvero da bibliofili raffinati, è di grande importanza per coloro che vogliono conoscere Cortona attraverso la storia delle sue piazze e piazzette,delle sue strade o rughe, dei suoi  vicoli che raccontano secoli di storia al “pellegrino”, che quotidinamente vi  si addentra  da residente del centro storico o che ci passeggia da visitatore affezionato od occasionale soprattutto d’estate.

Insomma, queste narrazioni, questi racconti storici essenziali del libro di Isabella diventano ora le buone letture, la bella guida per coloro che entrano in Cortona , amando camminare, romanticamente o anche in maniera semplicemente curiosa propria del turista frettoloso, sulle antiche lastre delle vie del  suo centro storico, sempre più salotto e scrigno di una civiltà, di una civitas fuori dal tempo, ma viva e parlante nelle sue pietre vogliose di carezze. Cioè di quelle  carezze  femminili e da nobildonna d’altri tempi che la cultura, l’erudizione scientifica di Isabella ora offrono loro  a piene mani con questa sua bella e raffinata pubblicazione.

Isabella Bietolini Migliorini appartiene ad una delle grandi famiglie cortonesi  della Cortona agricola dei tempi antichi e dedica questo suo libro all’indimenticabile  padre Doberdò, che nei decenni 1960-1980, fu il grande ideatore e realizzatore del Museo della Civiltà contadina cortonese nella Fortezza medicea.

E proprio in questa dedica sta, forse, il segno delle sue camminate , passeggiate letterarie e  romantiche nei vicoli e nelle rughe della nostra mitica città, che ora sono belle pagine di un libro sulle denominazioni o intitolazioni stradali di Cortona. Un libro che  nella approfondita, scientifica ricerca storica di Isabella diviene dono di nobile cultura ai giovani di oggi, al visitatore innamorato di Cortona e anche al turista frettoloso, affascinato dalla vetusta, ma sempre giovane città di Dardano.

Come ci indica la stessa Isabella nella sua introduzione, tutti i nomi e le intestazioni stradali cortonesi sono nient’altro che la storia secolare di Cortona , del suo essere città insieme antica e moderna, quasi  segni del tempo per un ideale filo d’Arianna della sua vicenda urbanistica. E quindi il libro è in questo senso un prezioso vademecum per i visitatori, per pellegrini che ancora amino attraversarne e calpestarne con amore e conoscenza  il secolare centro storico. 

Ma Isabella Bietolini Migliorini, stimata accademica dell'Accademia Etrusca, non è solo una figura importante e nobile della cultura cortonese contemporanea. Ella è anche una protagonista  di primo piano delle istituzioni aretine , avendo lavorato per una vita alla Camera di Commercio di Arezzo ,dove ha ricoperto ruoli di grande rilievo come  quelli di Responsabile del settore economico-statistico, di coordinatore delle attività promozionali  e dove è ancora direttore della rivista camerale “Economia aretina”.

Ruoli e funzioni che hanno avuto visibilità e riconoscimenti  plurimi, ma che soprattutto hanno permesso ad Isabella di scrivere molto e di editare molti documenti della sua attività culturale legata all’Ente camerale aretino, come il curatissimo ed interessantissimo opuscolo sulla Via della Seta nelle terre aretine e di Valdichiana , che è stato pubblicato, sempre per F&C Edizioni, nel 2016. 

Ivo Camerini

 
 
 

Il Novecento di Alfredo Bedin, ovvero vita e storia del "Pierre Carniti" dei tessili.

Post n°224 pubblicato il 23 Gennaio 2019 da greppjo
 
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E’ uscito nel novembre 2018, nella collana delle testimonianze sindacali della Fondazione Giulio Pastore di Roma,  il bel  libro sulla vita sindacale, sociale e politica di Alfredo Bedin,dirigente della Cisl dal 1954 al 1994 e oggi felice pensionato in quel di Cornuda dove ancora dà una ai pensionati Cisl.

E’ un libro denso e documentale su di una  storia di vita  del sindacalismo vero dell’Italia novecentesca che guardava ed operava nel sociale e nell’economia con la testa rivolta al domani e non ripiegata sull’oggi. Sono pagine che, ben intrecciate con tanti documenti e testimonianze di colleghi ed amici di Alfredo, ci consegnano a tutto tondo un cammino di vita sindacale povera,onesta e dedita al prossimo e non agli interessi personali del proprio portafoglio o a quelli dell’arrivismo individuale.

Proprio in questa prospettiva di dare rilievo e giusto riconoscimento ad una testimonianza forte di un uomo , di un sindacalista del profondo Veneto cattolico e cristiano sta il grande merito di questo libro che raccoglie la narrazione attenta e godibile di una delle tante belle penne del  Conquiste del Lavoro, stagione quotidiano cartaceo: Antonietta De Sanctis.

Una giornalista che ha saputo ben ascoltare e ben  raccontare il Bedin operaio semplice ed autodidatta. Cioè una persona  che si costruisce i suoi affetti familiari, ma che ha il coraggio, come tanti della sua generazione, di coniugarli con la sua scelta di vita sindacale cislina. Una scelta di vita praticata  sempre senza dimenticare mai quell’inizio duro, faticoso, pionieristico di vita sociale, sindacale dedicata al prossimo e quotidianamente vissuta in vespa tra Cornuda e Castelfranco.

Quell’inizio sulle strade comunali e provinciali del Veneto, come ben ci ricostruisce nella sua testimonianza il  leader  fimmino e cislino Franco Bentivogli,  a pagina cento e seguenti, “ fu l’inizio di un lungo cammino nel sindacato”.

Un cammino che ha portato Alfredo Bedin fino a Roma, alle stanze della segreteria nazionale della Filta-Cisl, ma soprattutto ad essere tra i lavoratori tessili italiani, assieme a Rino Caviglioli, Pieraldo Isolani ed altri, il Pierre Carniti di quel settore industriale dell’Italia del miracolo economico, della cosiddetta “terza Italia degli anni 1960-1980”.

Un’Italia dove Alfredo Bedin non è mai venuto meno agli insegnamenti ricevuti alla scuola della vita quotidiana frequentata non solo in fabbrica,ma anche all’oratorio serale di Don Olivo Bolzon, prete operaio di Cornuda.

Un’Italia che appare lontana e romantica per i giovani di oggi, ma che invece la politica e il sindacato farebbero bene a riproporre come modello di futuro prima che la scure degli ignoranti, degli arroganti e, perché no,  dei burocrati europei e nostrani e di lor signori neoliberisti, veri novelli “lupi famelici” danteschi, distrugga tutto e tutto mandi in malora, compresa la democrazia repubblicana.

In questo senso, la lettura del denso libro “Il sindacato in vespa. La Cisl passione e mestiere” di Alfredo Bedin e Antonietta De Sanctis è davvero un utile, prezioso aiuto.

Il libro è acquistabile presso la Fondazione Giulio Pastore di Roma (http://www.fondazionepastore.it/ )

Ivo Camerini

 
 
 

Riposa in pace!

Post n°223 pubblicato il 09 Giugno 2018 da greppjo
 
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Il testo dell’ omelia di Mons. Feroci alla Messa funebre di Pierre Carniti : sindacalista puro, cristiano convinto senza clericalismi, intellettuale capace di servire gli ultimi senza dimenticare nessuno.

Ci siamo ritrovati qui questa mattina per dare l’ultimo saluto al nostro fratello Pierre…presentarlo davanti al volto di Dio, per ringraziare il Signore di avercelo dato…

Io non ho avuto la fortuna di incontrarlo di conoscerlo personalmente….molti di voi qui presenti sarebbero più qualificati di me per tratteggiare la figura, la personalità, la spiritualità, il servizio di Pierre a difesa degli ultimi. Molto bella la definizione che ho trovato sui giornali: “Cattolico impegnato ed un operaista”.

Io sono stato invitato a presiedere questa Eucaristia – credo - per il mio servizio nella Caritas di Roma. , in nome della “Caritas “, che vuol dire carità come amore per Dio e inseparabilmente amore per l’uomo, immagine e somiglianza di Dio fino dalla prima pagina della scrittura ebraico-cristiana. Coloro che mi hanno chiesto questo servizio, ricordando i pensieri di Pierre Carniti  “ l’ occuparci dei più deboli, l’andare oltre la quotidianità del mestiere, ridistribuire il lavoro e la ricchezza, il governare i nuovi processi di digitalizzazione, costruire un mondo migliore,con un po’ più di uguaglianza e di giustizia sociale” lo hanno visto come l’uomo, il cristiano che, avendo ascoltato le parole di Cristo “…va e anche tu fa lo stesso”  può certamente essere definito il difensore dei poveri.

Non lo ho conosciuto di persona,dicevo, ma chi lo ha conosciuto e frequentato mi dice che Pierre Carniti è stato un vero servitore anche della carità, dell’amore sostanziale,senza ostentazioni di sorta, come capacità di pensare agli altri, di difendere gli altri che sono senza difesa, di reclamare in nome degli altri, soprattutto dei poveri, dei giovani, degli abbandonati da tutti.

Una volta si parlava di classe operaia e i sindacati apparivano da quella parte, oggi non si parla più di classe, ma i poveri, uomini e donne, i giovani e disoccupati e senza reddito,gli immigrati senza accoglienza ci sono sempre, e sempre di più…che bussano non solo alle nostre porte ma soprattutto alla nostra coscienza.

 Diamo l’ultimo saluto a Pierre Carniti: chi con lui ha lavorato anche intellettualmente, mi dice,  che la sua fede cristiana era autentica, senza clericalismi, senza cedimenti nostalgici, senza richiesta di tutele clericali dove non sarebbero state giuste: mai la fede al servizio del potere e neppure strumentalmente usata per la lotta contro i poteri ingiusti.

Laicità cristiana come capacità di distinguere ciò che è di Cesare e dei governati da Cesare, ogni Cesare legittimo e rispettoso della libertà dovuta, e ciò che è di Dio e toccala profondità della coscienza libera di ogni persona e soprattutto delle persone che pur cittadini come tutti hanno particolare bisogno di essere difesi.

Leggo le agenzie su di lui: “sindacalista puro”! Che vuol dire, che nel suo caso, quella purezza è davvero realtà constatata da tutti. Lo dice chi ha vissuto con lui: nessuno mai ha potuto impadronirsi del pensiero, dei sentimenti e del cuore di Pierre Carniti, che da lontano appariva sempre controllato e persino sempre ironico con chi pretendeva di essere lo scopritore delle novità strumentali…

Dove collocarlo allora,con rispetto e amicizia – siamo qui anche per questo – in questo pensiero di saluto che avviene nella luce della fede e della promessa di resurrezione?

La mia mente va spontaneamente a due pagine del Vangelo. La prima è quella delle Beatitudini che annuncia il rovesciamento dei criteri del potere mondano: “beati i poveri nello Spirito”, che non vuol dire quelli che fanno finta di essere poveri ma poi vivono diversamente, anche alle spalle dei veri poveri. Vuol dire anche e soprattutto coloro che si fidano totalmente della loro coscienza illuminata dalla fede reale, magari non esibita, da sfidare l’apparenza contraria di questo mondo: di essi è il Regno dei Cieli…

Ma qui ed ora non basta!C’è un’altra pagina del Vangelo che forse disegna ancora meglio la realtà di quello che può essere visto in tutta l’opera di una persona come Pierre Carniti: cristiano integrale, lui aveva capito,  magari senza neppur mai soffermarsi con particolare insistenza, quello che abbiamo ascoltato poco fa nel Vangelo di Matteo al capitolo 25. Papa Francesco ha detto spesso che “qui è il nucleo cui nella fede cristiana tutto si riduce”! Il significato di quel “beati”, di quel “venite benedetti dal Padre mio perché avevo sete e mi avete dato da bere, avevo fame mi avete dato da mangiare, ero nudo e mi avete vestito, ero forestiero e mi avete accolto”… dice che ciò che conta non è che, magari, hai frequentato il tempio, ogni tempio laico, e ce ne sono anche troppi, e anche religioso, ma non hai riconosciuto la presenza del Dio vero nel piccolo abbandonato, nel povero disprezzato, nell’affamato lasciato morire, e nell’immigrato abbandonato alle onde del mare che chiamiamo “nostrum”, diventato un cimitero all’aperto..

Allora …la verità è altra: “quello che avete fatto a uno di questi piccoli lo avete fatto a me!”Ecco.

Qui ed ora, in questo saluto comune e diversificato in tanti di noi, si potrebbe quasi affermare che tutta l’azione e tutto il pensiero – c’era! Un pensiero colto e informato, curioso… qualcuno ha scritto di lui “intellettuale raffinato” ... le scelte di Pierre Carniti possono riassumersi nella coscienza forte,  magari non spesso proclamata, ma avvertita come essenziale del fatto che quello che conta nella vita di ciascuno di noi non è solo e non tanto conoscere Dio, ma soprattutto riconoscerlo nell’ultimo, dimenticato da tutti, che ci si presenta davanti, nel disoccupato che chiede di essere difeso, nel piccolo che chiede di essere protetto, nell’anziano che corre rischio di essere abbandonato. “Venite benedetti dal Padre mio perché è vostro il regno dei cieli”: una parola di speranza eterna che non contrasta le speranze terrene, ma le alimenta con il servizio agli ultimi. Questo – pare una novità, ma è Vangelo – vuol dire, conoscendolo o non conoscendolo, essere veramente al servizio di Dio e riconoscere nell’uomo che ti si accosta l’immagine di Dio.E questa è anche la condizione per riconoscere e rispettare nel modo dovuto quella immagine di Cesare che è stampata sulle cose di questo mondo: è la laicità autentica vissuta da un credente,  da un cristiano, da un sindacalista eri conosciuta da tutti noi qui. La riconosciamo nel ricordo di una vita che è stata autenticamente al servizio, anzi un servizio all’uomo nella luce più o meno esplicitamente riconosciuta della stessa presenza di Cristo Salvatore.

Prima di terminare permettetemi, però,  che io mi faccia ad alta voce una domanda: cosa avrebbe detto Pierre Carniti – oggi - dell’uccisione– domenica scorsa - di Soumayla Sacko, che viveva nella “lamieropoli” nella piana di Gioia Tauro? Cosa avrebbe gridato davanti alla tendopoli, che tutti guardano ma nessuno vede,  dove vivono tanti migranti costretti a lavorare in condizioni di schiavitù. Di Soumayla Sacko hanno scritto: “ era un cittadino, un bracciante, aveva una figlia di cinque anni. Era impegnato nella lotta allo sfruttamento ed lavorava per un salario di tre euro l’ora al giorno. Era un uomo, un lavoratore e, un sindacalista. E’ stato assassinato”.

Si sono certamente incontrati – morti quasi nello stesso momento - davanti al volto di colui che tutti ama.

Per Pierre preghiamo.Ma anche per tutti i Sacko, che Pierre ha difeso in vita. Al Signore  raccomandiamo qui la realtà vissuta e da noi stimata ed amata di Pierre: sindacalista puro, cristiano convinto senza clericalismi, intellettuale capace di servire gli ultimi senza dimenticare nessuno. Riposi in pace!

Roma, 07.06.2018

Don Enrico Feroci

 
 
 

L' Italia sta scivolando verso un brutto crinale.

Post n°222 pubblicato il 15 Maggio 2018 da greppjo
 
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Dopo la fumata nera di ieri, verso un ritorno all'infantilismo politico?


Molti gli interrogativi circolati ieri sera dopo il flop del mancato annuncio di un'intesa per il nuovo governo. Uno su tutti merita di essere preso in considerazione: potrebbero sorgere rischi per la democrazia repubblicana?
I due giovanotti Di Maio e Salvini stanno approfittando troppo della pazienza degli italiani? A quanto narrato dai giornali, ma anche da quanto da loro detto in diretta TV , ieri avrebbero dovuto dare il via all'iter istituzionale del Governo indicato dagli elettori il quattro marzo scorso, cioè dare un nome al Presidente della Repubblica per incaricarlo di trovare in Parlamento la fiducia per guidare il Paese verso una nuova stagione. 
Invece hanno chiesto al Presidente altro tempo e ci hanno pure detto che devono consultare i loro iscritti. No , questo tira e molla ricorda troppo le contrattazioni al mercato della maialina dei giovedì contadini della Camucia di una volta, quando si facevano mille girate a vuoto per un contratto di vendita che non doveva realizzarsi. Oppure ricorda quegli studenti bricconcelli e un po' nullafacenti che terminate le ore per consegnare il compito in classe mi dicevano : " ancora un minutino, professore....ho quasi finito...ancora un minutino". Di solito io non mi lasciavo commuovere oltre i canonici cinque minuti. Se me lo ripetevano una seconda volta , ritiravo con autorità il compito e mettevo un bel quattro in quanto " prova non conclusa nei tempi stabiliti" . 
Di Maio e Salvini dovrebbero stare attenti a non abusare della pazienza istituzionale del Presidente della Repubblica e soprattutto di quella popolare. La politica non è un gioco infantile di rito assembleare sessantottino o di agorà roussoniano. La politica vuole decisioni sagge in tempi decentemente ristretti. Altrimenti quelle decisioni le prendono altri e la storia la fanno gli altri. Soprattutto quando i tempi del cambiamento sono duri e forti come nelle tempeste in mare o nelle bufere invernali. Se i due giovinotti non si sbrigano a mettere al riparo il risultato elettorale del quattro marzo è molto probabile che l 'ancièn regime (visto il drammatico scontro interno messo in atto da coloro che hanno causato la sconfitta elettorale e vorrebbero ancora imporre i loro desiderata ) si riorganizzi e porti a ribaltamenti che nella storia sono una costante. Se non vince il nuovo, vince il vecchio. Se non vince la rivoluzione democratica, vince la rivoluzione violenta o la reazione violenta. Il rischio dello stallo istituzionale in una democrazia ancora giovane sta tutto qui: salti nel buio, vuoti di potere politico che gente poco raccomandabile potrebbe essere tentata di coprire per attentare alla nostra ancora giovane Costituzione repubblicana. Anche perché i sindacati confederali, una volta baluardo storico dei lavoratori italiani, non sono più soggetto politico e non hanno intenzione di mobilitare le masse come ancora fecero più volte nel secondo Novecento per tutelare il sistema democratico italiano da attacchi oscuri e palesi alla Repubblica.
Se Di Maio e Salvini non danno entro poche ore un governo alla nostra Repubblica devono sapere che non avranno più una seconda occasione e una nuova tornata elettorale combattuta tutta tra responsabili e irresponsabili li metterebbe nel campo degli irresponsabili per l 'ovvio motivo di non essere stati capaci di fare quel governo che la risicata maggioranza dei voti parlamentari consente loro di fare per aprire l'autostrada del cambiamento nazionale italiano ed europeo. Il postino non suona mai due volte. Ma soprattutto devono sbrigarsi a dare agli italiani la famosa risposta allo storica domanda: per chi suona la campana? Per la democrazia? Se non la danno loro la risposta dovrebbero sapere che altri la daranno in tempi molto veloci. Natura non fecit saltus, ma anche il popolo italiano non ama che si abusi della sua proverbiale pazienza. Dicono che anche il Presidente Mattarella non abbia la famosa pazienza di Giobbe.

PS: l'ordine manzoniano che "sto matrimonio non s'ha da fare" è partito con l'improvvisa, inaspettata riabilitazione del Cavaliere, ma i due giovinotti , tutti presi dal loro infantilismo politico, sembra che non se ne siano resi conto. Speriamo solo che davvero sia tutta una trama manzoniana e che la provvidenza, che vede e provvede, alla fine decida se si debbano sposare oppure no.
Ivo Camerini

 
 
 

Per l'Italia serve un Governo di buona compagnia.

Post n°221 pubblicato il 06 Maggio 2018 da greppjo
 
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Il quattro marzo scorso il popolo italiano ha decretato la morte dei partiti politici o meglio delle forme storiche storiche leaderistiche fatte di "asservaggio" alle cattive compagnie internazionali, che con la scusa della globalizzazione hanno distrutto ( e vorrebbero ridurre in mutande e alla fame) la nostra amata Italia.

Hanno detto chiaramente no alla politica neoliberista e affaristica di due leader politici Berlusconi e Renzi, che in questi sessanta giorni, invece di prendere atto del loro fallimento verso il popolo italiano e nonostante che abbiano comandato il paese con immensi poteri, hanno fatto di tutto e messo in atto una vera e propria guerriglia per impedire a coloro che hanno raccolto maggiori consensi nel contesto di una legge proporzionale (ma tecnicamente immorale,furba e voluta soprattutto dai due dell’ancien régime) di fare il governo richiesto con il voto dagli italiani.
Il palazzo e i palazzi, i media e i poteri riservati , dopo il primo sbandamento davanti alla messa in funzione delle istituzioni parlamentari, hanno reagito a tenaglia e non è detto che non riescano ad ottenere quel governo dei mercati e di Bruxelles che  questa volta potrebbe portare il nostro paese su di una brutta china in quanto non è detto che tredici e passa milioni di cittadini elettori stiano buoni e silenti nelle loro case.
Anche noi che siamo semplici cittadini, ormai quasi sudditi e privi di tanti diritti conquistati nel Novecento, rischiamo di andare allo sbando e divenire nuovamente “popolo informe” davanti ai troppi che van cantando quel brutto e servile ritornello seicentesco : “ un governo pur che sia/ tanto per noi Francia o Spagna /pari son, purché se magna”.
La partita vera si giocherà tutta qui. Cioè sul fronte dello scontro tra sovranità italiana, tra nazione italiana e padroni stranieri, pubblici o privati poco importa, che vogliono fare un solo boccone del nostro Paese e togliere diritti di cittadinanza agli italiani e alle italiane.
Dal basso si può chiedere ai  leaders premiati dagli italiani e ai loro liberi colleghi rappresentanti del popolo in parlamento di non innalzare bandiere di parte, ma di cercare e di mettere in piedi "una buona compagnia, una trama virtuosa"  che sappiano governare l’oggi e il domani d’Italia per osare più democrazia, più solidarietà, più nazione, più uguaglianza.
Hic Rhodus, hic salta! Altrimenti i conservatori Berlusconi, Renzi e i loro sodali riprenderanno tutto il potere ed allora si che la Costituzione più bella del mondo sarà in pericolo e, forse , buttata alle ortiche. 
I cittadini difensori della Carta costituzionale del 1948, che hanno votato liberamente e segretamente secondo il loro pensiero , ma che sono contro la globalizzazione selvaggia e il neoliberismo di rito nord-americano, devono farsi sentire e dare una mano dal basso perché il 4 marzo 2018 sia il proseguimento e non la fine del 4 dicembre 2016.
Ivo Camerini
 
 
 

Un Teatro è per sempre!

Post n°220 pubblicato il 18 Marzo 2018 da greppjo
 
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Su gentile concessione del quindicinale L'Etruria del prossimo 30 marzo , volentieri anticipiamo l'appello di Mario Aimi per costruire il nuovo domani della nostra storica e prestigiosa istituzione cittadina.

In questi ultimi giorni, per la verità in maniera molto educata, aCortona è emersa sui social la questione della funzione e del ruolo cittadino del Teatro Luca Signorelli. Una istituzione culturale e civica che risale al milleottocento e che negli ultimi cinquant’anni è ritornata ai fasti del suo prestigioso passato risorgimentale. Ma oggi come stanno esattamente le cose? Ne  parliamo con Mario Aimi, cortonese doc, presidente dell’Accademia degli Arditi che gestisce da sempre il nostro teatro. Abbiamo incontrato il dottor Aimi nella sua casa in Borgo San Domenico dove l’abbiamo trovato in grande forma, nonostante la convalescenza post-operazione all'anca ed ecco la sua prima risposta alle nostre domande.

 

Il Teatro Signorelli ha per Cortona un valore straordinario: è il luogo dove la comunità cortonese si riunisce nelle occasioni più importanti. Ha ospitato artisti di fama internazionale e personaggi della cultura e della politica, perfino dei Presidenti della Repubblica e Premi Nobel. Sul suo palcoscenico si sono esibite generazioni di bambini cortonesi nelle rappresentazioni di carnevale o della Margheritina d’oro, che fu ideata ed organizzata dalla mitica maestra Rosa Tattanelli. E poi, come non ricordare l'Ugoletta  d’oro con Pippo Baudo o i tanti veglioni di Carnevale e di fine d’anno dove si ritrovavano in allegria  i cortonesi? Possiamo ritenerci fieri e fortunati di avere a disposizione un così bel Teatro, ma spesso non ce ne rendiamo conto, dando tutto per scontato: l’abbiamo ricevuto, come un bel dono,dai nostri progenitori ed abbiamo il dovere di lasciarlo a chi verrà dopo di noi altrettanto bello ed efficiente”.

 Come nasce il nostro teatro e chi dobbiamo ringraziare?

Cortona ha sempre avuto nel corso dei secoli una buona tradizione teatrale, il Teatro del Biscione e gli innumerevoli piccoli teatri privati nei palazzi nobiliari . A metà del XIX secolo, un gruppo di illuminati cittadini cortonesi fondarono l’Accademia degli Arditi e costruirono un nuovo Teatro sull’onda dei mutamenti della società e dei nuovi orientamenti in campo musicale e teatrale: in particolare, in quel periodo, l’opera lirica aveva assunto grande importanza come fenomeno popolare. Furono abbandonati i salotti aristocratici per gremire le platee ed i loggioni dei teatri. In questo contesto è nato il Teatro Signorelli che, senza soluzioni di continuità, per oltre centocinquant’anni ha svolto, con maggiore o minore successo, ma sempre con dignità, il suo ruolo nella nostra comunità. Dal 1853 ad oggi l’Accademia degli Arditi, Ente morale senza fini di lucro, detiene la proprietà del Teatro, lo amministra e lo gestisce con lo scopo, come recita il suo Statuto ottocentesco, di “ procurare alla cittadinanza spettacoli atti ad elevarne la cultura e raffinare il gusto”.

L’Accademia degli Arditi, in quanto Ente morale senza fini di lucro,  è  come una società che divide gli utili?

No. E’ come una Associazione no profit. Gli eventuali utili vengono totalmente reinvestiti perla necessaria, continua manutenzione della struttura. Non nascondiamo le grandi difficoltà soprattutto di natura economica, che l’Accademia ha dovuto e deve tuttora affrontare per mantenere aperto ed efficiente il Teatro”.

Quali sono le vostre fonti di finanziamento?

 Non potendo attingere a finanziamenti pubblici la principale risorsa è costituita dalle attività artistiche che svolgiamo nel Teatro: prosa, concerti,danza e cinema. Una voce di bilancio importante è l’uso del Teatro da parte di chi, privati o Associazioni, lo richiede a fronte di un affitto e di un rimborso delle spese di gestione. Ma fondamentale è il sostegno e la collaborazione dell’Amministrazione Comunale, con cui il rapporto è continuo e fattivo e di Istituzioni cortonesi quali la Banca Popolare di Cortona e la Fondazione Niccodemo Settembrini. Tali sinergie ci hanno permesso fino ad oggi di mantenere livelli qualitativi molto elevati delle proposte teatrali e cinematografiche: la Stagione Teatrale è da decenni il fiore allocchiello della nostra attività molto apprezzata dal pubblico ed è realizzabile grazie alla collaborazione con il Comune e con la Fondazione Toscana Spettacolo”.

 Il Cinema è sempre una attività remunerativa?

Il cinema, che un tempo era la nostra attività prevalente e costituiva una fonte di risorse molto importante, attualmente è l’anello debole per diversi motivi, nonostante la buona programmazione che offriamo ed i recenti investimenti attuati per migliorare gli standard qualitativi. Queste difficoltà sono spiegabili in buona parte con la crisi generale che attanaglia questo settore e che ha provocato la chiusura di moltissime mono sale cinematografiche. E’ molto difficile reggere la concorrenza con le vicine multisale che offrono ampia scelta di films, comodi parcheggi, confort, locali commerciali, ristoranti e numerosi altri servizi”.

Quali provvedimenti pensate di mettere in atto per proseguire la vita del Teatro Signorelli?

Di certo non pensiamo di prendere ispirazione dalle soluzioni adottate nelle grandi città dove le vecchie sale cinematografiche si sono trasformate in locali per slot-machine e giochi d’azzardo. Nonostante le difficoltà prima accennate, possiamo affermare, con un certo orgoglio, di avere avuto fino ad oggi una sana amministrazione, ma per quanto tempo riusciremo, in questo difficile contesto,ad avere le risorse necessarie? Facciamo appello a tutti, Cittadini ed Istituzioni di prendere coscienza di queste difficoltà e di essere sempre vicini al loro Teatro e presenti agli spettacoli. Auspichiamo che il Signorelli continui ad essere utilizzato per le varie iniziative locali, nazionali ed internazionali ospitate negli ultimi trent’anni, considerando però che quanto viene solitamente richiesto per l’uso del Teatro, copre appena i costi di gestione per utenze e personale”.

Allora possiamo scongiurare il rischio della chiusura del cinema?

Ce lo auguriamo fortemente ed in tal senso continueremo ad operare perché,  come dicevo nel mio appello discusso sui social : proviamo ad immaginarci come sarebbe Cortona senza il suo Teatro? Davvero una città ferita a morte. Ma io sono sicuro che la passione con cui tutti coloro che si sono sempre impegnati e si impegnano tuttora per rendere grande il Teatro Signorelli è la migliore garanzia per un nuovo grande futuro del nostro amato Teatro. Soprattutto voglio ricordare a tutti noi che il “logo” ottocentesco dell’Accademia degli Arditi è costituito da una cavallo che supera un ostacolo con un motto che vuole essere tutto un programma, “ Niente l’arresta”. In un tempo, in una società come l’attuale dove la bufera della globalizzazione, per dirla alla cortonese, sta sbatacchiando ogni cosa, sono sicuro che niente arresterà i cortonesi di buona volontà nella tutela, nella salvaguardia e nella costruzione del nuovo domani del nostro Teatro cittadino, che deve restare  anche sala cinematografica”.

Grazie Mario per l’intervista ed auguri di un pronto ritorno alle tue spedite camminate cortonesi, sempre di grande piacere e conforto per noi tuoi amici e per i cortonesi tutti.

Ivo Camerini                  

 
 
 

Cortona: verso la chiusura del Teatro Signorelli?

Post n°219 pubblicato il 15 Marzo 2018 da greppjo
 
Foto di greppjo

Appello di Mario Aimi per rivitalizzare la storica e prestigiosa istituzione cittadina.

In questi ultimi tempi, anche se in maniera non molto eclatante, è emersa a Cortona la questione della funzione e del ruolo cittadino del Teatro Luca Signorelli. Una istituzione culturale e civica che risale al millesettecento e che negli ultimi cinquant’anni sembrava essere ritornata ai fasti del suo prestigioso passato granducale. Come stanno esattamente le cose? Ne  parliamo con Mario Aimi, cortonese doc e presidente dell’Accademia degli Arditi che gestisce da sempre il nostro teatro. Ecco la sua prima risposta.

“Il Teatro Signorelli ha per Cortona un valore straordinario: è il luogo dove la comunità cortonese si riunisce nelle occasioni più importanti. Ha ospitato artisti di fama internazionale e personaggi della cultura e della politica, perfino dei Presidenti della Repubblica e Premi Nobel. Noi Cortonesi possiamo ritenerci fieri e fortunati di avere a disposizione un così bel Teatro, ma qualche volta non ce ne rendiamo conto, dando tutto per scontato.L’abbiamo ricevuto, come un bel dono, dai nostri progenitori ed abbiamo il dovere di lasciarlo a chi verrà dopo di noi altrettanto bello ed efficiente.Ma chi dobbiamo ringraziare?”

Te lo chiedo io. Chi dobbiamo ringraziare?

“Cortona ha sempre avuto nel corso dei secoli  una buona tradizione teatrale, sia pubblica ( Teatro del Biscione) sia privata (all’interno di palazzi nobiliari e di ville).  A metà del XIX secolo, un gruppo di illuminati cittadini cortonesi, appartenenti alla nobiltà ed all’alta borghesia, fondarono l’Accademia degli Arditi e costruirono un nuovo Teatro sull’onda dei mutamenti della società e dei nuovi orientamenti in campo musicale e teatrale: in particolare, in quel periodo,  l’opera lirica  aveva assunto grande importanza come fenomeno popolare. Furono abbandonati i salotti aristocratici per gremire le platee ed i loggioni dei teatri. In questo contesto è nato il Teatro Signorelli che, senza soluzioni di continuità, per oltre cento cinquant’anni ha svolto, con maggiore o minore successo, ma sempre con dignità, il suo ruolo nella nostra comunità.

Dal 1853 ad oggi è l’Accademia degli Arditi, Ente morale senza fini di lucro, che detiene la proprietà del Teatro, lo amministra e lo gestisce: gli eventuali utili vengono totalmente reinvestiti per la necessaria, continua manutenzione della struttura.  Non nascondiamo le grandi difficoltà soprattutto di natura economica,  che l’Accademia ha dovuto e deve tutt’ora affrontare per mantenere aperto il Teatro. Non potendo attingere a finanziamenti pubblici la principale risorsa è costituita dalle attività che vengono svolte ( prosa, concerti, danza e cinema).”

Attività che con l’evolversi dei tempi hanno precipitato il Teatro in una fase di decalage finanziario? 

“ E’ vero; ma in questi ultimi anni importanti sono stati il sostegno e la collaborazione dell’Amministrazione Comunale, che utilizza il Teatro in base  ad una  convenzione, e di Istituzioni quali la Banca Popolare di  Cortona, la Fondazione Niccodemo Settembrini e la Fondazione Toscana Spettacolo. Tali sinergie hanno permesso fino ad oggi di mantenere livelli qualitativi molto elevati delle  proposte teatrali e cinematografiche, ma è sempre più difficile riuscire a  garantire le risorse necessarie.”

Qual è allora il tuo appello?

“Secondo me e tutto il consiglio dell’Accademia degli arditi, èfondamentale che i Cortonesi prendano coscienza di queste difficoltà  e siano sempre vicini al loro Teatro e presenti ai nostri spettacoli.

Noi pensiamo che Cortona senza il suo teatro non sarebbe più Cortona ed allora auspichiamo  che si torni ad utilizzare il Signorelli per  le più svariate  iniziative e che ci adegui a costi del mercato anche da parte delle pubbliche istituzioni che vogliono utilizzarlo come vetrina affascinante per i loro ritrovi, per le loro manifestazioni. Da parte mia al  momento un grazie sincero e di cuore a tutti gli Accademici che nel tempo si sono adoperati con passione per rendere grande il Teatro Signorelli  e a tutti  quanti ancor oggi ci sostengono sotto qualsiasi forma. Sono sicuro che nessun cortonese vorrebbe una Cortona con il suo Teatro Signorelli chiuso per mancanza di soldi”.

Ivo Camerini

 
 
 

Il sindacalista presidente.Conoscere Franco Marini.

Post n°218 pubblicato il 08 Marzo 2018 da greppjo
 
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Dopola storia del “Sindacalista d’assalto”, Pierre Carniti, raccontata in una recente pubblicazione, Ivo Camerini ci propone la lettura della sua ultima pubblicazione su Franco Marini, Segretario della CISL dal 1985 al 1991, con il quale ha intrattenuto “rapporti costanti di sincera e preziosa amicizia fraterna, oltre che di collaborazione”. L’Instant book, dedicato alla   adorata nipotina di Marini, Luisa, ripercorre le tappe più significative della vita del Sindacalista, dalla sua entrata nella Segreteria confederale della Cisl (1973), alla nomina di Segretario generale del Sindacato (1985), alla sua attività politica in veste di deputato, di senatore e di Presidente del Senato. Marini è stato, inoltre, tra i fondatori del Partito della Margherita e del Patito Democratico e, nel 2013, viene proposto come candidato alla Presidenza della Repubblica. Camerini sottopone alla nostra attenzione, anche i numerosi testi mariniani, sottratti alla ricerca storico-documentale, da lui realizzata e pubblicata nel 2006 e messa a disposizione di studiosi e sindacalisti, relativi sia all’attività sindacale che al mandato di Presidente del Senato. Sono testimonianze di grande interesse e “utili a comprendere l’importanza della funzione, del ruolo sindacale in un’Italia ancora alla ricerca della democrazia compiuta e senza avere ancora eliminato quei cimiteri sotto la luna che rispondono ai nomi di emarginazione, di violenza, di sopraffazione, di disoccupazione”. Insomma tutti argomenti e questioni, ancora oggi all'ordine del giorno, opportunamente riproposti nella pubblicazione di Camerini e diretti a un Paese confuso e disorientato e a una classe politica rissosa e inconcludente che fa fatica ad affrontare con serietà e determinazione i temi che furono al centro del dibattito e delle battaglie di Franco Marini: la giustizia sociale, il diritto al lavoro, la promozione e il rispetto della persona umana, la moderazione salariale, la tutela dei più  deboli …. “Insomma -scrive Camerini,concludendo il capitolo riservato alla biografica del Sindacalista - è una piccola antologia che serve a far capire ai giovani di oggi e di domani non solo la storia ma cosa siano stati, tra il XX e XXI secolo, il Sindacato e la Cisl”. Il tutto, in appendice, è impreziosito da immagini storiche che testimoniano “il cammino sindacale e politico di un giovane cittadino abruzzese di San Pio delle Camere, passato dalle modeste stanze della casa operaia del padre Loreto-Tutuccio, a quelle della sontuosa dimora di Palazzo Madama”.(Ivo Ulisse Camerini, Il sindacalista presidente.Conoscere Franco Marini,Instant-book, Tipografia CMC, Cortona,2018)

Nicola Caldarone

 
 
 

L’azzardo di Renzi di andare ancora per la sua “perigliosa” strada.

Post n°217 pubblicato il 06 Marzo 2018 da greppjo
 
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Mala tempora currunt, per davvero. E non tanto per le forze nuove nazionaliste che si sono affermate nelle elezioni di domenica scorsa, che al momento si stanno comportando con grande tranquillità istituzionale, ma per l’incredibile, vecchio discorso a reti unificate fatto ieri sera dal segretario del Pd Matteo Renzi.

Una risposta alla sconfitta che è inaccettabile, che, se non respinta e valutata  bene da coloro che ancora hanno la testa sulle spalle, potrebbe portare l’Italia alla follia dello scontro civile e politico come mai si è registrato nella storia dei nostri  settantanni di Costituzione repubblicana.

Con il suo discorso delle "dimissioni-non dimissioni" Renzi riapre e ripropone tout-court lo scontro referendario chiuso il quattro dicembre  2016. E lo fa con disegno sottile e incomprensibile che rischia  di distruggere il Partito democratico, di non avere rispetto di quella grande maggioranza del popolo italiano che pur di rifiutare il suo disegno politico neoliberista macronista, neoreganiano e neothatcheriano, ha votato, a scatola chiusa, Di Maio e Salvini.

Che il segretario del Pd non abbia capito che tanti italiani hanno votato Cinquestelle e Lega proprio per ripicca contro il suo modo di fare  e d’intendere la politica italiana,davanti ad una crisi epocale economica e culturale, come una questione di scelta internazionale e di abbandono al loro destino delle persone che non hanno voce, che non ce la fanno davanti alla bufera della globalizzazione, è davvero grave e preoccupante. Il non accettare chi la pensa diversamente, il non accettare che chi  rimane attaccato alla Costituzione più bella del mondo, ai suoi valori culturali e societari vissuti come “ultima speme” per un futuro di uguaglianza e di libertà per i propri figli e nipoti in un mondo inselvatichito e da homo homini lupus,è grave. L’andare all’opposizione, cercando di fondare un partito macronista per poi ripresentarsi alle elezioni in breve tempo, è pura follia politica. Ricorda la strafottenza e l’insensibilità dei notabili democristiani davanti al cambiamento italiano dei primi anni 1990, che preferirono la fine della Dc pur di non ascoltare le novità che il popolo invocava a gran voce.  Il rigettare la colpa sugli elettori che non ti votano o che sono contrari alle tue idee è davvero infantile e preoccupante per il paese, per gli italiani e per le italiane marchiati come stupidi e come webeti.  Non so come andranno le cose nei prossimi venti giorni in cui qualcosa di certo verrà fatto. Ma sarebbe bene che chi ne ha la possibilità dicesse a Renzi (e compagnia) che non si scherza con il popolo. Non si scherza con le istituzioni tirando in ballo la Presidenza della Repubblica. Non si scherza con i poteri forti che da sempre dicono la loro in Italia. Non si scherza con il ceto medio-basso della borghesia che ormai non sbarca più il lunario e che , come sempre è avvenuto nella storia,  potrebbe scegliere di affidarsi nuovamente ad un uomo forte. Un uomo forte che non risponde, almeno da quello che si sente dire per strada, all’identikit di un Macron italiano. Il discorso di ieri sera pone davvero  il Pd davanti al rischio di una sua implosione, di una sua distruzione, altro che di una sua ricostruzione in termini di democrazia maggioritaria come sognano Renzi e i suoi. In quel  “panta rei” ( fiume in cui tutto scorre) che è Fb, ieri sera mi si è domandato come usciremo da questa situazione di voto che,anche per colpa di una legge elettorale farraginosa e forse incostituzionale come il "rosatellum", non ha dato la maggioranza assoluta a nessuno. Ho risposto ancora con ottimismo che il nuovo parlamento con due maggioranze relative diverse , cioè assegnate alla coalizione del centro destra e al partito dei Cinquestelle,  riuscirà a trovare una quadra utile al bene generale dell’Italia. Un’ Italia che , come tanti altri paesi è da un decennio investita dal ritorno dei  venti nazionali ottocenteschi che, in America e altrove, hanno già avuto successo. Hic Rhodus , hic salta. Qui è l'ostacolo, qui salta.Comunque ripropongo per coloro che amano ancora  la civile discussione  la risposta che ieri sera ho dato su FB. “Cara amica... il popolo sovrano si è espresso..siamo una Repubblica a democrazia parlamentare eletta con legge proporzionale al settanta per cento ( lasciamelo dire, una legge farraginosa e molto sporca voluta da Matteo Renzi, da Berlusconi e da Salvini) e ora il pallino è nelle mani dei due rami del Parlamento ( Senato e Camera) che dovranno trovare una quadra utile al paese oppure tornare al voto nel giro di uno o due anni con una legge elettorale vera (o di natura proporzionale o di natura maggioritaria). Ci sono stati dei vincitori, nel senso di liste che hanno preso più voti, e degli sconfitti nel senso liste che hanno perso voti rispetto al 2013. Il vento del ritorno alla sovranità nazionale ha premiato i Cinquestelle e la Lega. Tra venti giorni sapremo se avremo un governo che rispecchi questa richiesta di maggioranza relativa del popolo italiano. Altro non è possibile dire. Tieni presente che in Germania hanno votato a settembre e ancora non hanno un governo. In Spagna sono due anni che hanno un governo di minoranza. In Belgio sono sei anni che hanno governi di minoranza. Queste sono le forche caudine del nostro tempo e per  queste tocca passare a coloro cui compete di mettere in piedi un nuovo governo, sapendo che il quattro marzo il popolo sovrano ha votato in un certo modo. Per me questo è il quadro su cui riflettere da parte di chi dovrà ragionare a livello di istituzioni. Se poi nessuno trova i numeri nel nuovo parlamento per fare un governo, si tornerà a votare in settembre ottobre,ma non credo che ciò avvenga perché sono in troppi coloro che per la prima volta sono stati eletti e qualche annetto di legislatura la vorranno fare anche per ovvi motivi di rispetto al mandato popolare avuto seppur in maniera non nitida. Se vuoi davvero sapere come andrà a finire, qualora Di Maio non trovi un proprio accordo per spendere il grande capitale politico raccolto e se Salvini non ha fretta di andare a Palazzo Chigi, secondo me , avremo un governo di centro destra affidato a Tajani che troverà in aula i pochi numeri che,sembra, servano loro ad avere la fiducia parlamentare. Naturalmente avere all'opposizione un partito giovane e di buona volontà come i Cinquestelle non sarà come bere un bicchiere d'acqua, anche perché il popolo sembra molto attratto dalla forza giovane e nuova che Di Maio e la sua visione di Terza Repubblica incarnano .

Ivo Camerini

 
 
 

C’era una volta la parrocchia di San Pietro a Cegliolo….

Post n°216 pubblicato il 03 Marzo 2018 da greppjo
 
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Il novantacinquenne Don Ferruccio Lucarini mi ha consegnato alcune sue riflessioni  di parroco dell’antica chiesa cortonese, che volentieri riporto sul mio Libertàsindacale e su L’Etruria.

 

“E’ tutto un abbandono. E’ tanto triste vedere la mia chiesa chiusa. La vedo condannata a morte. A novantacinque anni , malmesso in salute,invalido e bisognoso di accompagnamento non mi do pace per come sia stata chiusa al culto e per come stia crescendo il deserto religioso attorno a questa canonica, in cui ho vissuto il ministero sacerdotale per ben quarantadue anni.In questi giorni di gran freddo, assistito soltanto dalla mia perpetua e dal caro Cobra, mi sono convinto che la mia parrocchia stia scomparendo e che sia destinata ad essere chiusa. Non so quanta vita il Signore vorrà concedermi, ma in questo 2018, che rappresenta il mio settantesimo anno di consacrazione sacerdotale, non so a chi affidare la confessione della mia anima triste e addolorata e ti ho chiamato perché vorrei darti queste mie  riflessioni per  L’Etruria, chiedendo a te e al dottor Lucente di volerle pubblicare”.

Così mi saluta Don Ferruccio Lucarini, dandomi una grossa manciata di fogli fittamente manoscritti quando il due marzo sono stato a trovarlo con l’amico Patrizio Sorchi. Sono stato a trovare Don Ferruccio dopo che l’ultimo prete contadino , come l’ho chiamato in un recente libriccino, mi aveva telefonato a casa, pregandomi di passare da lui il prima possibile.

Avevo già visitato Don Ferruccio prima di Natale per gliauguri e ancora ai primi di gennaio, trovandolo in forma,anche se provato dagli anni e dai suoi problemi di salute aggravatisi nell’estate 2017.

La sua telefonata, avvenuta nei giorni della tempesta di neve e gelo che ha assalito anche il nostro territorio, mi aveva fatto temere qualche problema di vita quotidiana dell’amico sacerdote, che ormai conosco e frequento dal lontano 1994. Invece fisicamente e a livello di vita domestica nella sua francescana canonica di ex-parroco le cose scorrono nella loro consueta routine di vita di una volta e lui stesso ne dà conferma più volte a Patrizio e  a me nel corso della lunga e piacevole ospitalità che ci ha offerto.

Il disagio forte che don Ferruccio mi espone nel darmi i suoi fogli è quello di non poter più essere il parroco, il pastore che è stato per ben quarantadue anni nella sua San Pietro a Cegliolo e in quello che chiama ancora il “mio santuario di Mezzavia”. Guardo i dodici fogli del manoscritto che mi ha dato e prometto di leggerlo la sera a casa. Notando però subito la sua conclusione ( “Leggo sempre i tuoi articoli sull’Etruria. Mi farebbe piacere che tu scrivessi qualcosa su queste riflessioni che ti affido. Grazie Ivo. Io prego sempre il Signore per tee non dimenticherò mai quello che hai fatto per me e per San Pietro a Cegliolo.”), non me la sento di tirami indietro e, nel salutarlo alla fine del lungo incontro, gli prometto di raccontare ai lettori dell’Etruria, seppur brevemente, quanto ha voluto scrivere ( scrivermi) in questo suo piccolo memoriale di parroco contadino all’antica.

Essendo impossibile pubblicare in maniere integrale il lungo manoscritto di Don Ferruccio, lo riassumo nei suoi passaggi essenziali.

Don Ferruccio all’inizio ricorda di esser divenuto sacerdote ed aver iniziato la sua opera di parroco in una piccola diocesi, “ vero e grazioso giardino di Dio”, sperimentando il lavoro pratico della vita contadina nella periferica parrocchia di Fasciano, cioè nel cosiddetto “chjuscio chianino”. Poi racconta del suo arrivo a San Pietro a Cegliolo e delle tante opere spirituali e civili realizzate con i suoi parrocchiani cegliolesi e di Mezzavia ,che diventano “una sola, grande famigliain occasione dell’annuale festa dell’Immacolata Concezione, quando uomini,donne, giovani ed anziani si riuniscono per un’ intera giornata sul piazzale della chiesa e davanti alla mia canonica attorno alla padella più grande del mondo per festeggiare la fine della raccolta delle olive e cucinare con l’olio nuovo il pranzo dei poveri delle campagne cortonesi: la ciaccia fritta”.Racconta poi della festa patronale annuale a fine giugno, della festa degli ammalati,delle tante messe celebrate innovando il cerimoniale religioso, del catechismo all’antica, svolto annualmente ai bambini e alle bambine di San Pietro e dintorni “per  passare alla cresima e alla prima comunione”, delle “meravigliose gite spirituali con i parrocchiani”,dell’assistenza agli ammalati, agli anziani, della “lunga e faticosa benedizione pasquale fatta visitando ogni anno a piedi tutte le famiglie e dove mai nessuno mi ha chiuso la porta in faccia, nemmeno i comunisti più arrabbiati ed atei”.

 Racconta poi tante altre cose che invitano a riflettere sull’essere cristiani nel nostro quotidiano e dei suoi timori su una vicina fine della “ mia amata chiesa cortonese che sposai settant’anni fa”.

Su questa ricorrenza del suo settantesimo di consacrazione sacerdotale esprime poi il desiderio di fare in estate, in agosto, una bella festa, ma “ che forse non farò, perché non ho più i mezzi e le forze per farla”.

Le ultime pagine del manoscritto sono le più toccanti e significative per la grande crisi di vita religiosa che egli denuncia come“opera del demonio e di una società materialistica, come forse nemmeno la dittatura comunista dell’Unione sovietica sapeva fare”.

Non preoccuparti don Ferruccio. Vivi tranquillo e sereno i giorni che il Signore vorrà darti. La Festa, se il Signore vorrà, te la organizzeremo noi amici coni tuoi amati cegliolesi che, a quanto mi dicono, ancora ti vogliono un mondo di bene.

Noi tuoi amici, ma anche tutti i cegliolesi e gli abitanti della Val di Loreto, sappiamo , per dirla con San Paolo, che tu sei uno " che ha combattuto la buona battaglia ed hai mantenuto la fede".

Da cristiano indegno e peccatore permettimi però di salutarti pubblicamente con lo stesso saluto privato che ti ho fatto al termine della visita effettuata assieme a Patrizio Sorchi: tempora mutantur et nos mutamur in illis. I tempi cambiano per tutti e noi in loro. Quest'insegnamento ciceroniano vale anche per i sacerdoti , per i preti contadini all'antica, come sei tu e per i cristiani contadini all'antica, come lo è stato fino ad un anno fa il mio babbo Gigi, tuo amico e coetaneo.

Ivo Camerini

 
 
 

Via dei mandorli

Post n°215 pubblicato il 02 Marzo 2018 da greppjo
 
Foto di greppjo


Civiltà contadina, guerra e pace nel libro di Barbara Gori.

Via dei mandorli  di Barbara Gori è un libro che si legge tutto d’un fiato, anche se poi torni a rileggerlo perché certe immagini, che ti rimangono dentro, ti costringono a riprenderlo in mano, per scoprirne altri significati. È la storia dei Luconi di Borgonuovo in Valdichiana, la famiglia d’origine di Barbara: in particolare il racconto s’incentra sulle vicende del nonno Neno,prima soldato ventenne  in Albania durante la seconda guerra mondiale, poi prigioniero nei campi di lavoro in Germania. Suggestiva la tecnica narrativa che si sviluppa su due piani paralleli: le vicissitudini di Neno, raccontate in prima persona, s’intrecciano con il racconto in terza persona della vita  della famiglia, impegnata nel lavoro dei campi e poi alle prese con il passaggio del fronte nelle nostre terre. In realtà i due protagonisti del racconto sono  la giovinezza, all’inizio un po’ incosciente, di Neno, costretto poi dagli eventi della guerra e soprattutto della prigionia a maturare, giungendo ad una consapevolezza tragica di sé e della condizione umana, da una parte, e l’amore fatto di attesa, di ansia e soprattutto d’impotenza, della mamma Margherita, dall’altra. Le guerre le combattono i soldati, ma le subiscono anche i civili. E soprattutto le soffrono le mamme. La finalità del libro è riassunta in quella dedica al nonno, cui si accompagna una terzina dantesca:

Facesti come quei che va di notte,

che porta il lume dietro e sé non giova,

ma dopo sé fa le persone dotte (Purg.XXII).

Quello che l’autrice si propone, assolutamente condivisibile, è l’auspicio che la nostra storia non venga dimenticata: né la grande Storia, né, a maggior ragione, quella della piccola Patria. A questo si aggiunge un significato ancora più grande: il rapporto affettivo tra nonno e nipote dà un valore in più ai ricordi, che costituiscono il tessuto del racconto. Una grande commozione l’ho provata quando Barbara descrive i pomeriggi trascorsi al capezzale del nonno a prendere appunti. Mi è venuto in mente il finale del film di Truffaut Fahrenheit 451 dal romanzo di Bradbury: anche lì un nonno insegna al nipotino i passi di un libro da imparare a memoria, e mentre l’uomo chiude gli occhi, il bambino, ormai “istruito”, continua a memorizzare, riprendendo da dove il nonno si era fermato. Chi tramanda la Storia, sia la grande che la piccola, la rende eterna, per quanto possibile: un “possesso per sempre” sosteneva 2500 anni fa Tucidide, come ricorda Barbara nella sua introduzione. Il racconto che fa da sfondo alla vicenda principale è poi particolarmente significativo per me,nata e cresciuta in Valdichiana in un podere non molto distante da quello dei Luconi, che sono sicura di aver sentito nominare dai miei genitori.  La vita dei contadini, il lavoro della terra,strettamente legato all’alternarsi delle stagioni; la povertà che non impediva la solidarietà; la religiosità semplice e vera; la bellezza della campagna coni suoi profumi e colori: questo mondo lontano, che Barbara descrive con sensibilità e delicatezza,   lo sento anche mio.  Già il titolo Via dei mandorli evoca un luogo dell’anima, un paesaggio lirico con il candore dei fiori, il loro profumo e il ronzio degli insetti a primavera.

Fiorella Casucci

 
 
 

Via dei mandorli. Un libro di Barbara Gori presentato alle Storie di Camucia

Post n°214 pubblicato il 20 Febbraio 2018 da greppjo
 
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Sabato pomeriggio 24 febbraio, alle ore 17,00, alla Libreria LeStorie  di Camucia presentazione dellibro di Barbara Gori :  “Via dei mandorli”, pubblicato recentemente .

Barbara Gori, notae stimata professoressa del nostro LiceoClassico Luca Signorelli, sarà lieta di raccontare il perché di questo suolibro e di rispondere alle domande degli intervenuti.

Introduce l’evento lo storicocortonese Mario Parigi.  Federica Marri, titolare dellalibreria, farà gli onori di casa. ( IC)

 
 
 

Festeggiati all’agriturismo “ Casale 36” gli ottant’anni di Dina Alunni Cipollini .

Post n°213 pubblicato il 28 Gennaio 2018 da greppjo
 
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La “sarta” per antonomasia della montagna cortonese al centro di un evento organizzato dai figli Grazia e Gino Paolo.

In un  raffinato convivio, organizzato a sorpresa dai figli Grazia e Gino Paolo, circondata da nipoti, familiari, amici e amiche di gioventù, Dina Alunni Cipollini , la sarta per antonomasia della nostra montagna  ha festeggiato i suoi ottant’anni  all’agriturismo “Casale 36”. In una tersa  giornata di primavera anticipata e  illuminata da uno splendido sole, che ha costantemente sorriso all’evento, Dina è stata al centro degli affetti e dell’amicizia della gente contadina  della sua terra natia ed è tornata ancora una volta al centro della terrazza di Dèpena che sovrasta il fiume Minima e che compete in bellezza e amenità con il dirimpettaio monte Ginezzo. Una terrazza che oggi ,sotto il cielo azzurro di Casale-Teverina,  ha fatto da sfondo alle voci di auguri e di ricordi di una bella signora che , per dirla con parole letterarie, conquista ancora il cuore e la mente delle persone,in quanto è rimasta quella stessa  ragazza acqua e sapone che, sul finire degli anni 1950, lasciò il suo”toppo di  Valentina”  per sposare il muratore Bartolomeo e quindi metter su famiglia al “toppo di Piumacceta- Dèpena”.

Davanti ad un traguardo così importante della vita, com’è appunto il compleanno degli ottant’anni, Dina ha infatti conquistato ancora una volta  tutti i presenti con la sua gioia, il suo sorriso e quell’ immutata semplicità di mamma e di lavoratrice. Cioè di  maestra artigiana all’antica che non solo possiede il saper  fare delle mani, ma anche e soprattutto il saper essere del cuore e delle relazioni interpersonali,riscaldate dai sentimenti veri dell’anima cristiana, della sorella che è presente nel momento della gioia, del bisogno e del dolore. Ecco: negli occhi e nelle parole dei presenti, che le hanno fatto corona a tavola (i suoi figli, la nuora,il genero, i nipoti, la sorella Alba, il cognato Biagio, la cugina Elide accompagnata dal figlio Mario e dalla nuora Guendalina, i cugini Sergio ed Alfiero Cipollini,accompagnati dalle loro consorti, i suoi amici di gioventù: dalla  Pia alla Menca, dall’Anna alla Fiorella,dalla Margherita ad Amerigo),  si leggeva proprio questo: il bello di un ritrovarsi dopo tanti anni con i valori forti dell’amicizia e della fraternità attorno ad una persona speciale per augurarle ogni felicità per i suoi ottant’anni, ma soprattutto per  dirle grazie del suo lungo, fecondo cammino dadonna di famiglia, da maestra artigiana e di vita in anni di cambiamenti epocali e di crisi culturali e valoriali senza pari nella storia delle nostre terre cortonesi. E , come ricorda  bene il giornalista di oggi, allora bimbetto molto coccolato da Dina, di essere stata anche l’amata “canterina”e “festaiola” delle vita religiosa svoltasi nell’antica chiesetta di San Biagio a Casale per tutti gli anni del Secondo Novecento. Nel brindisi finale e nei saluti tenutisi  al termine del pranzo da alta cucina internazionale, preparato dai nipoti Valentina e Filippo, più di un presente ha abbracciato con grande emozione la sua Dina, augurandole di essere ancora a lungo non solo la “sarta” della montagna, ma soprattutto la ragazza che da anni si spende gratuitamente nelle opere di bene e del volontariato cortonese.

Ivo Camerini

 
 
 

Un sindacalista d'assalto

Foto di greppjo

In un Instant-book, pubblicato prima di Natale 2017, Ivo Ulisse Camerini racconta Pierre Carniti.

La recente pubblicazione di Ivo Camerini, che contiene interessanti e, per lo più, inedite testimonianze, utili alla conoscenza di un personaggio di primo piano nel panorama politico e sindacale del nostro Paese, è indirizzata agli studenti di Cortona, ai quali Pierre Carniti ha donato, oltre ai libri e beni documentali, anche un memorabile intervento sui sessant'anni della Costituzione presso il teatro Signorelli il 23 maggio del 2008.Naturalmente il libro non è un'esclusiva per i cortonesi, ma ha pieno titolo per essere letto e studiato da tutti gli italiani, giovani e meno giovani, che desiderano conoscere Carniti,che a ottantun anni, come commenta il giornalista del Sole 24 Ore Mascini, in un articolo recente, è " il ragazzo terribile che conquista ancora".

Ivo Camerini, che è stato uno dei collaboratori nella segreteria di Pierre Carniti alla guida della CISL dal maggio del 1979 al 1985, ha ripercorso le tappe più significative di un "protagonista della storia d'Italia, ma soprattutto un appartenente alla non numerosa schiera dei testimoni che, nel proprio tempo, vivono le proprie idee".

Così una puntuale biografia presenta Carniti come un "sindacalista d'assalto che ha guidato battaglie memorabili per la contrattazione nazionale ed aziendale" e "un leader che ha inteso e praticato sempre la politica come servizio alla comunità nazionale e locale, come liberazione del lavoratore dalle subalternità economiche e culturali".

In relazione al suo impegno politico, Camerini ricorda che Pierre Carniti è stato, "dal 1989 al 1999, deputato europeo per due legislature e che negli anni 1993 e 1994 ha ricoperto anche la carica di senatore italiano, eletto per il Psi nel Collegio di Trento".
Carniti è inoltre autore di numerose pubblicazioni che riflettono e diffondono i caratteri fondamentali della sua strategia sindacale, da "Noi vivremo del Lavoro" del 1996 a "Siamo nel pantano. Idee per uscirne" del 2011.
L'instant book, oltre al ricordato discorso agli studenti sulla Costituzione nel 2008, presenta "le ultime "tre buone sassate" di Carniti, vere e proprie "lezioni magistrali", anche se indigeste per alcuni big, lanciate contro lo status quo sindacale e politico, in cui è palese e appassionato "l'invito rivolto a CGIL CISL e UIL ad una nuova e urgente stagione di unità sindacale".
Impreziosisce la pubblicazione una ricca documentazione fotografica: un ulteriore stimolo soprattutto per i giovani, "affinché - scrive Camerini - possano interessarsi dell'azione politico-sindacale di un grande italiano che nel Novecento è stato un mito della contestazione operaia al sistema e che nel nuovo secolo rappresenta una delle punte di diamante della riserva della nostra democrazia e della nostra Repubblica".Cfr. Ivo Ulisse Camerini, Conoscere Pierre Carniti,TipografiaCMC,Cortona 2017,pp.108.

Nicola Caldarone

 

 
 
 

Se la foresta torna a votare.

Post n°211 pubblicato il 10 Dicembre 2017 da greppjo
 
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Bersani e Grasso alla conquista del popolo degli astenuti.


Recentemente, intervenendo a Porta a Porta, il simpatico Bersani ha detto che lui ha lasciato il Pd per andare a vivere nel bosco, nella grande foresta dove si è rifugiata la gente che non va più a votare. Insomma si è trasferito nella grande selva oscura dell’antipolitica di quel popolo maggioritario  che non crede più agli attuali politici, ma ha voglia di fare politica e la fa standosene a casa, rifiutandosi di votare personaggi,candidati senza valori, senza qualità culturale e che,essenzialmente, sono andati in politica per fare solo i propri affari. Personaggi politici,insomma, arroganti e prepotenti che hanno messo sotto i piedi l'interesse generale, il bene comune del popolo italiano per mangiare ed arricchire solo il proprio "particulare", personale o di gruppo.

Se il buon Bersani con la candidatura di Grasso ci ha visto giusto e la foresta tornerà a votare, non solo avrà vinto una scommessa politica, ma certamente avrà fatto il bene di un’ intera nazione , di una comunità nazionale allo sbando e gettata nel burrone del rancore da politici “vecchi e nuovi” senza scrupoli e assetati solo di voglia di comando, di potere personale.

Durante questa “lunga e perigliosa campagna elettorale” il popolo della foresta verrà bombardato sui social e sui media da fakes . Cioè da false notizie,da disinformazione,come quella fatta l’altro ieri dall’ex-vicepresidente Usa, che ha accusato Putin di aver aiutato gli italiani a difendere la loro Costituzione e dando così del “coglione” a me e a ben  diciannove milioni di connazionali che l’anno scorso, votando No nel referendum, respingemmo il  progetto di  Renzi di trasformare la nostra democrazia in una congrega oligarchica. Il popolo della foresta verrà insomma bombardato da quintali di melma come da peggior tradizione elettorale americana.

Ma se Bersani e Grasso riescono a far tornare al voto il dieci per cento del popolo della foresta, cioè degli astenuti, di coloro che da più di tre anni disertano le cabine elettorali, per coloro che vogliono  imitare l’America saranno sorci verdi e allora ne vedremo davvero delle nuove.

Anche  molti italiani che stanno fuori dalla foresta comunque sono pronti a seguire un  Bersani e un Grasso che tutelano la Costituzione della Repubblica Italiana nata dalla resistenza al nazifascismo. Cioè quella democrazia e Costituzione che “ troppi lor signori” oggi accettano obtorto collo e, mentendo, chiedono il voto su interessi generali per trasformare poi la nostra Italia in una Repubblica oligarchica e di dittatori demagoghi. Se Bersani e Grasso innalzeranno nuovamente la bandiera del buon senso, dell’umanità in politica (come ieri ha fatto nuovamente e con parole ammirevoli Bersani chiedendo che ad un  anziano ammalato grave , ormai inoffensivo, come l’ex-senatore dell’Utri, vengano concessi gli arresti domiciliari), molti cittadini ritorneranno a partecipare alle elezioni. Soprattutto se Bersani e Grasso sapranno ridare ai troppi disillusi la speranza di un nuovo futuro in cui si sappia nuovamente osare, praticare più democrazia, più solidarietà, più nazione, più umanesimo, cioè quella cultura che fece grande l’Italia del Rinascimento.  Come ci inegnarono Maritain e Mounier,Gobetti,Matteotti,Degasperi,Amendola,Pertini e tanti altri davanti alla barbarie capitalistica e del nazifascismo,Bersani e Grasso devono riportare in politica valori e cultura umanistica per “refaire la Renaissance” in Italia. Se Bersani e Grasso innalzeranno questa bandiera i diciotto milioni di italiani che stanno scivolando verso la povertà avranno una nuova speranza e torneranno a partecipare al voto e difendere la democrazia , nonostante la montagna di menzogne elettorali in arrivo. Di certo la campagna elettorale con fakes e promesse da marinaio è già iniziata .Il peggio dell'America, dove partiti e candidati si buttano addosso secchiate di melma ( in cortonese, "concio"), deve ancora arrivare. Ma stiamone certi:  arriverà e presto. D'altronde, quando la politica è priva di valori , di strategia per il bene comune e diventa solo menzogna per fini di potere, di tornaconto personale, cosa possiamo aspettarci nei social e nei media? Naturalmente melma su melma. Ma siccome la gente non è cretina ,come si vuol far credere, come diceva in altra terribile stagione il martire cislino Ezio Tarantelli, “alla fine il popolo capisce  e sceglie sempre”.

La scommessa di Bersani e di Grasso sta tutta qui: portare a votare il popolo della foresta.  Bersani e Grasso come novelli  Robin Hood che guidano  gli esclusi, coloro che non hanno voce, fuori dalla foresta di Sherwood?

In molti cominciano a vederceli. Speriamo davvero che sappiano presentarsi in maniera chiara e limpida in una vera,simpatica  veste di nuovi Robin Hood che mandano a casa non solo lo Sceriffo di Nottingham, ma  i troppi sceriffi che scorrazzano a Roma.

 

Ivo Camerini

 
 
 

In ricordo di Enrico Cherubini-2

Post n°210 pubblicato il 22 Ottobre 2017 da greppjo
 
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( Segue da 1 )

Nel 1958 mi sono sposato e per questo ebbi il "privilegio" di 15 giorni di permesso matrimoniale. A Todi fui  sicuramente scomodo per le forze politiche ed istituzionali locali. Eppure il Vescovo seppe comprendere le motivazioni  del mio impegno. Il segretario locale della DC chiese più volte a Roberto Romei  il mio trasferimento, ma non  fu accontentato. Soltanto nel mese di ottobre 1958, con il mio pieno gradimento, fui  trasferito a Foligno.”

Fu il classico promoveatur ut amoveatur?

Ho sempre ritenuto che  si sia trattato di una promozione,  non di una punizione. Anche perché rimasi a Foligno fino al 1962. Foligno situata al centro dell'Umbria, ("lu centru de lu munnu" secondo un detto locale), era e rimane una grande realtà economica caratterizzata dalla presenza di numerose categorie lavoratrici dell'agricoltura, industria, commercio, servizi e pubblico impiego.Come in tutte le  altre Unioni Zonali,dovevo occuparmi di tutte le categorie, tranne quelle del pubblico impiego (insegnanti, ferrovieri, statali, postelegrafonici, ed altre). Durante la mia esperienza sindacale era  anche qui molto significativa la presenza della mezzadria in agricoltura. La zona di Foligno contava, comunque, 2.000 lavoratori alle   Grandi officine ferroviarie  e  circa 10.000 occupati in numerose aziende industriali di  grande, media e piccola dimensione ( la Romana zuccheri, il Pastificio Pambuffetti, la Cartiera di Pale, le officine Tondi  le Acque minerali della  Nocera Umbra.

Il mio maggiore impegno a Foligno fu assorbito dai  mezzadri e dagli operai delle piccole e medie imprese. L'attività sindacale in questa zona fu inoltre caratterizzate da centinaia e centinaia di vertenze individuali dovute alla diffusa inosservanza delle norme contrattuali più elementari.

Attraverso  le vertenze recuperammo centinaia i milioni di lire in favore dei lavoratori e con  le sole percentuali sulle somme recuperate incrementammo in modo significativo anche  le insufficienti aliquote associative delsindacato. Non mancarono però le dure le reazioni di talune aziende, in particolare  del  Pastificio Pambuffetti, delle Officine Tondi e persino di un piccolo lanificio gestito dai Padri Francescani. Il titolare del Pastificio  Gustavo Pambuffetti, che non sopportava di pagare decine di milioni di lire per la conciliazione in sede sindacale di numerose vertenze individuali, tentò persino di corrompermi.Adottando eccezionali misure cautelative per non  rischiare clamorose denunzie penali, michiese di abbandonare le onerose e numerose vertenze sindacali individuali in cambio della elargizione ad  personam di una indennità mensile da determinarsi.

Si trattò di un rozzo ed inqualificabile tentativo di corruzione che mi lasciò profondamente turbato.

Il titolare delle Officine Tondi tentò di fermarmi attraverso le vie giudiziarie: mi denunziò alla Procura della Repubblica per aver distribuito volantini della CISLall'ingresso delle  sue Officine perché erano situate in un'area sulla quale in precedenza sorgeva l'aeroporto militare.  Ero certo di non aver commesso alcun reato, ma fui rinviato a giudizio da un zelante Pretore di Foligno"per aver distribuito volantini in una zona militare". Conquiste del Lavoro pubblicò un articolo dal titolo " Le patate militari del Pretore di Foligno". Per aver fatto recapitare detto articolo al Pretore, fui  rinviato a giudizio " per oltraggio alla Magistratura" presso il Tribunale di Rieti, insieme a Giuseppe Momoli, all'epoca direttore di Conquiste del Lavoro. L'accusa era grave. Soltanto il sopraggiungere di una amnistia del  1963 ci  evitò  un difficile e rischioso processo penale.

Al Lanificio dei Padri Francescani,  con circa 20 dipendenti quasi tutte donne iscritte alla CISL, vi furono dei licenziamenti. Le dipendenti rimasero tutte chiuse in fabbrica per difendere il loro posto di lavoro, ma dopo alcuni giorni vennero allontanate a forza. Le feci fotografare mentre venivano spinte fuori dai cancelli da un Padre francescano, coadiuvato da alcuni carabinieri, ma le foto furono sequestrate per ordine della A.G. . Presentai un esposto alla Procura della Repubblica perché valutasse se il sequestro delle foto comportasse un reato, ma la denuncia non ebbe alcun seguito.

Nel mese di agosto del 1960, mentre mi trovavo nella zona di Castiglion del Lago per aiutare nella raccolta del grano Ugo Borscia, un collega delegato di zona, con la mia vecchia giardinetta in legno, difettosa di freni, ebbi un sinistro nel quale rimase coinvolta un'altra autovettura.L'assicurazione risarcì i danni dell'altra autovettura mentre io, per riparare la mia giardinetta in proprio, rimasi senza stipendio per un mese.

Alle ore 6 di una fredda mattinata del novembre 1960 mentre incoraggiavo le raccoglitrici di ulive in sciopero nei dintorni di Foligno, mi trovai a fianco di Roberto Romei, Segretario Generale USP di Perugia. Con le lavoratrici in sciopero fui alle ore 6 di due fredde mattinate con Luigi Macario  a Marsciano e con Roberto Romei a Foligno. Due gesti significativi, ma del tutto normali fra i delegati di zona e i dirigenti di base CISL nella provincia di Perugia.

A Foligno ero  il solo operatore a pieno tempo in una realtà caratterizzata da una forte domanda disindacato. Per coprire gli innumerevoli impegni di ogni giorno ( vertenze collettive ed individuali, scioperi, organizzazione, riunioni e convegni )facevo costantemente ricorso ad un gruppo di giovani volontari che mettevano la loro opera a disposizione del sindacato, a titolo del tutto gratuito

 I giovani di Foligno facevano notizia, sia come volontari nel sindacato che come vivaci animatori delle lotte per lo sviluppo economico e sociale . Buona parte del merito dei successi CISL a  Foligno negli anni 59-62 era dei giovani. Forse anche per  esaltare simili gesta di autentica generosità, Roberto Romei mi attribuì le funzioni di"Delegato  Giovani di tutta la USP-CISL di Perugia. Accettai l'incarico con molto entusiasmo ed in poco tempo organizzai il Primo Convegno Provinciale dei Giovani svoltosi a Perugia nel 1961. La Confederazione inviò un proprio rappresentante ed io svolsi la relazione introduttiva.

 Ancora nel 1961,Luigi Macario, Segretario Confederale CISL, al termine di una grande manifestazione provinciale di quadri di base CISL da lui presieduta alla Sala dei Notari di Perugia, mi di prepararmi per la assunzione della responsabilità  di una categoria alivello nazionale.

 La USP-CISL diPerugia diretta da Romei era in quegli anni un grande laboratorio di iniziative sindacali, una scuola permanente di formazione sociale e civile. Avevamo anche un simpatico periodico: Umbria sindacale.

 Nel 1962 partecipai ad un corso di tre mesi per la specializzazione in tecniche contrattuali alla Scuola Sindacale di Firenze . Ebbi così modo di approfondire i problemi della contrattazione articolata, della Job-Evalutation e dei premi legati agli incrementi di produttività. Al termine del corso mi furono offerte due possibilità : il trasferimento a Milano richiesto da Roberto Romei , che nel frattempo era diventato Segretario Generale della USP di Milano, oppure il trasferimento alla USP di Terni.Rinunciai per ragioni di famiglia a Milano e accettai Terni. Sono sempre rimasto molto legato a Foligno dove sono nati anche due dei miei tre figli:Veronica e Luigi Francesco. Inutile aggiungere che lasciai questa realtà con molti rimpianti.”

Siccome so che sei rimasto a Terni fino al 1967 come segretario organizzativo di quella Unione sindacale, puoi raccontarci la tua esperienza di quegli anni?

“A Terni città industriale, soltanto le acciaierie nel 1962 occupavano circa 4.000 operai.  C'erano inoltre:  la Terni Chimica  di Nera Montoro, lo stabilimento di  Papigno, la Terninoss , la Polymer della Montecatini, la Elettrocarbonium e la Linoleum di Narni, le acque minerali diAcquasparta, Sangemini e San Faustino. Mancava l'indotto  con  le seconde lavorazioni. Il tessuto socio - economico si presentava  squilibrato per la mancanza di una fitta rete di piccole e medie industrie  e questo già allora metteva in difficoltà le grandi aziende industriali.

Un ruolo importante nelle realtà della provincia era allora svolto anche dal tradizionale  settore dell'agricoltura.

Terni è stata una sede gradita anche alla mia famiglia, un fatto questo molto importante se si considera che mia moglie Giuliana,insegnante nelle scuole medie, ad ogni mio trasferimento è stata suo malgrado costretta a cambiare anche la sede del suo lavoro.

Il  Segretario della USP-CISL dal 1961 era Gastone Rapallini che si stava adoperando per la riorganizzazione di un sindacato che si trovava obiettivamente in serie difficoltà,  a causa  di  una precedente profonda crisi dirigenziale.

 Nei primi anni mi sono occupato dei lavoratori chimici e del settore terra, quest'ultimo costituito in gran parte da aziende coltivate a mezzadria.

Il settore chimico, affidatomi nei primi anni, era costituito da importanti stabilimenti: Nera Montoro (concimi per l'agricoltura), Papigno ( idrocarburi), Polymer (lavorazione della plastica) Elettrocarbonium (elettrodi di carbonium) e Linoleum ( pavimentazionesintetica).

Il lavoro più difficile in questo settore consisteva nella più rigorosa riaffermazione dell'autonomia del sindacato. Si doveva combattere,sia contro le politiche paternalistiche delle direzioni aziendali, sia contro la CGIL che accusava ingiustamente di servilismo i  membri della C.I. della CISL.

Occorrevano una qualificata formazione dei quadri e tanta iniziativa sindacale  Per questo mi ccupai in particolare dell'organizzazione, ma anche della formazione e della stampa. Partendo da posizioni molto svantaggiate, ci cimentammo nella non fu facile  preparazione di nuovi quadri sindacali di base e dell'intero gruppo dirigente.

 I positivi risultati ottenuti furono apprezzati anche dalla Segreteria Confederale CISL, tanto che nel 1964, pur continuando alavorare alla USP di Terni, fui chiamato a far parte del gruppo dei formatori confederali e come tale utilizzato in diversi corsi formativi di quadri dirigenti di base svoltisi in Val D'Aosta, in Piemonte, Campania . Dal 1962,incominciando da Postiglione, fui anche nel gruppo degli istruttori ai Campi Scuola CISL di Ortisei ,Val D'Aias e S. Marttino.

La provincia di Terni degli anni 60  aveva raggiunto livelli occupazionali significativi e dal punto di vista sociale ed economico viveva un periodo di relativa apparente stabilità. Ma la CISL già segnalava le prime avvisaglie di crisi del settore chimico e si batteva per la promozione di uno sviluppo economico più equilibrato. C'erano le grandi fabbriche ma  mancavano le piccole e medie imprese .Occorrevano in loco le imprese necessarie  per le seconde lavorazioni del materiale prodotto dalle grandi aziende come la Terni,la Terninoss e la Polymer Montecatini. Per questo la provincia di Terni,sebbene abbondantemente industrializzata, soffriva a causa di una struttura  socio- economica fortemente squilibrata.L'esatto contrario di Perugia, presa a modello da economisti come Lombardini e Lizzeri  per il suo solido tessuto socio-economico fondato sulle piccole e medie imprese.  La CISL affrontò per prima questo problema,chiamando alla mobilitazione per uno sviluppo più equilibrato, tutte le forze economiche, sociali e politiche della "conca Ternana".

 Al congresso della USP del 1965  fui il primo degli eletti.Per continuare a collaborare lealmente con Rapallini,  non accettai la candidatura a Segretario Generale della USP sostenuta da  un significativo gruppo di componenti il Consiglio Generale.

 Nel 1967 mentre ero al Campo Scuola  Naz.le CISL di ValD'Aias (Valle d'Aosta), la Segreteria Confederale mi offrì la reggenza della USP CISL dell'Aquila.

La notizia non fu certo bene accolta da mia moglie che si trovava al mare in una colonia di Pesaro con i miei tre figli; l'ultima  arrivata, Chiara, era nata nel 1966.

Io stesso che mi trovavo bene a Terni, ero impreparato  di fronte all'offerta della USP dell'Aquila.Accettai non senza molte preoccupazioni e perplessità.”

 

Dopo la reggenza fosti eletto segretario generale e vi rimanesti fino al 1979. Puoi raccontarmi qualcosa di quei lunghi anni all’Aquila che so che furono insieme belli e dolorosi?

“All' Aquila trovai  una Unione provinciale allo sbando. Gli organi collegiali Unionali erano stati sciolti dalla Confederazione, la situazione finanziaria  quasi senza speranza di risanamento: 3,5 milioni di debiti accertati dall'Ufficio Ispettivo Confederale alle consegne e altre notevoli "sopravvenienze passive" emerse successivamente. Fui insediato da Angelo Fantoni, Segretario Confederale CISL, con  l'incarico di Segretario Reggente dell'Unione Provinciale dell'Aquila nel mese di settembre 1967.

 L'Aquila, un capoluogo  storico regionale d' Abruzzo contestato da Pescara, è una provincia vastissima che si  estende dalla Valle Peligna al Sangro fino ad Avezzano, vuol dire  ancora: il vasto territorio "Marsicano" anch'esso in  conflittocon il capoluogo perché rivendicava già allora le prerogative di una provincia autonoma; il "Fucino" con le sue fertili terre emerse dal prosciugamento del lago, fallito dai Romani ed attuato dal principe Torlonia e con le sue dure lotte bracciantili degli anni 50 descritte da Ignazio Silone,la riforma fondiaria della legge Segni e la assegnazione del latifondo di Torlonia ai contadini.

 In una delle mie prime riunioni ad Avezzano, alcuni dei dirigenti di base della CISL mi dissero che " i cittadini di Avezzano avrebbero voluto innalzare un filo spinato sulle Rocche per separarsi totalmente dall'Aquila"!

  La Sit-Siemens ,la fabbrica metalmeccanica più importante della Provincia con circa 1.000 dipendenti, aveva una Commissione Interna a maggioranza UIL. La CISL, senza un iscritto,  era completamente  assente, dalla  Sit- Siemens c dalla C.I. di fabbrica. Di nessun rilievo  la presenza CISL nelle altre realtà produttive della provincia. Esisteva invece lo IAL, Istituto Addestramento Lavoratori della CISL, che gestiva corsi di preparazione professionale per termoidraulici, sarte,muratori e falegnami a Poggio Picenze ( L'Aquila), a Paterno  e a Balzorano ( Avezzano)  a Pratola Peligna ( Sulmona)  e a Castel di Sangro.

 La USP-CISL, nella sede principale dell'Aquila, aveva un solo collaboratore politico a pieno tempo Dante Muzzi addetto alle vertenze ed una sola segretaria, Rita, che riceveva le telefonate. Nella sede zonale di Avezzano aveva un delegato di Zona Giorgio Ghirotto, in via di trasferimento e a Sulmona nessun collaboratore a pieno tempo.” 

Qui finisce purtroppo il suo racconto inedito e parziale della sua vita sindacale. Nel raccontarmi l’esperienza all’Aquila, da qualche minuto aveva però perso il suo sorriso bonario e improvvisamente il suo volto si era rabbuiato. Sapendo che eravamo entrati in un periodo di particolare sofferenza per la sua vita a causa di una sporca guerra personale  che gli avevano scatenato alcuni esponenti sindacali che facevano riferimento a notabili democristiani abruzzesi, lo interruppi con queste parole. “Caro Enrico, sono le sei e mezzo ed io devo andare in quanto altrimenti perdo l’ultimo treno per tonare a casa. Visto che si è fatto tardi possiamo continuare  un altro giorno?”.

“Si” mi rispose subito. E riprendendo il suo solito sorriso,aggiunse :” non ti preoccupare e, se ti fidi,ti do io un passaggio fino a Termini con il mio motorino”.

In meno di dieci minuti fummo alla Stazione Termini. Anche se aveva quasi ottantanni guidava il suo cinquantino come un ragazzo diciottenne e durante il breve tragitto mi promise di riprendere il racconto della sua vita sindacale all’indomani. Ma poi invece l’indomani mi disse che non se la sentiva di riprendere il racconto. Rinviammo a quando se la sarebbe sentita, ma , nonostante i miei ripetuti inviti non ci fu verso di riprendere quel racconto. Quando nel 2015 andai a trovarlo a casa ed era già non più in buona forma fisica, non me la sentii di rinnovare la richiesta di riprendere il racconto. Mi disse solo che non guidava più il motorino ed  avendo io mio padre gravemente malato mi limitai ad una breve visita, che però fece molto piacere ad entrambi in quanto ci chiedemmo cristianamente perdono se qualche volta avevamo avuto delle discussioni sindacali e culturali divergenti durante i nostri anni in Cisl.

Per far capire meglio ai lettori chi era Enrico Cherubini prendo pertanto a prestito la testimonianza dei figli Veronica,Luigi e Chiara. Una testimonianza pubblicata su Facebook  ad integrazione del mio post di ricordo che ho scritto il diciassette sera. Ecco il ricordo integrale dei figli.

"Non è facile descrivere in poche parole una figura complessa come quella di nostro padre, Enrico Cherubini.
Era nato in un casale nelle campagne di Spoleto.Proveniva da una famiglia molto umile di mezzadri, una grande famiglia patriarcale il cui padre, nonno Luigi, aveva dodici fratelli che portavano avanti il podere.

Da qui senza dubbio gli derivò quel profondo attaccamento alla famiglia e ai suoi valori che doveva accompagnarlo per tuttala vita.
Si era formato nel clima delle accese lotte contadine nell’Umbria del dopoguerra in cui i proprietari terrieri, gli agrari,facevano il bello e il cattivo tempo (ben descritte da Luciano Radi nel suo libro I mezzadri: le lotte contadine dell'Italia centrale dall'Unità al 1960 o da Corrado Barberis, che descrive molto bene l’Italia rurale di un’epoca lontana, ormai scomparsa).
In quell’Umbria del dopoguerra che, come altre terre ex mezzadrili della Toscana e della Romagna, si apprestava a voltare pagina, passando con molta disinvoltura dal fascismo al comunismo, nostro padre trovò una sua precisa collocazione, una terza via, nel sindacalismo bianco o cattolico e si formò al Centro Studi Cisl di Firenze con Mario Romani,diventando ben presto un giovane dirigente sindacale della CISL, prima a Pesaro, poi a Foligno, quindi a Terni e successivamente all’Aquila.
Era la Cisl della seconda ora, non tanto quella dei padri fondatori, di Pastore e di Macario, ma la CISL di Storti, Carniti e Marini ed erano i non facili anni Settanta, quelli del terrorismo e della contestazione. Diventato segretario dell’Unione dell’Aquila, gli fecero ben presto la guerra alcuni notabili aquilani che non volevano mettere in discussione i propri privilegi.
Trasferitosi a Roma, ha successivamente lavorato nell’ufficio stampa della CISL e trovando la sua naturale collocazione nella sinistra sociale della DC, nella corrente di “Forze Nuove”, collaborando e diventando amico di Carlo Donat-Cattin, a cui lo accumunavano la comune provenienza sindacale e gli stessi valori e a cui rimase fedele amico anche dopo le drammatiche vicende che coinvolsero il parlamentare piemontese.
Nello stesso tempo era diventato amico del biblista Leon Dufour e organizzava convegni e seminari di carattere più propriamente religioso. Quindi una figura la sua profondamente impegnata nel sociale, che nella sua vita ha spaziato dall’azione sindacale a quella politica e religiosa, sempre mantenendo una profonda coerenza e sempre cercando di dare una mano ai deboli, una figura peraltro dal carattere forte e generoso, diremmo quasi indomabile ma anche molto allegro, a cui piaceva lo scherzo.I suoi figli Veronica, Luigi e Chiara"

Nel rinnovare le mie condoglianze cristiane a vostra madre Giuliana e a voi, cari Veronica, Luigi e Chiara, desidero ringraziarvi per questa vostra testimonianza che , seppur in maniera essenziale, porta a conclusione quella mia intervista dell’autunno 2006. Sono sicuro che vostro padre è fiero di voi e dal Cielo vi sorride e protegge ancora di più di quello che sempre ha fatto con tanto amore nella sua vita terrena.

 Ivo Camerini

 
 
 

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