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Dante e la figura femminile nella Divina Commedia


  
Quest'anno cade il 750°  anniversario della nascita del poeta Dante Alighieri padre della Divina Commedia considerata uno dei più grandi capolavori della letteratura mondiale, intrisa di una spiritualità cristiana nuova. Si sa, è un  viaggio allegorico che il poeta, vivo tra i morti, compie nei tre regni dell'aldilà, nei quali si proiettano il bene e il male del mondo terreno alla ricerca della salvezza della propria anima tra ragione e fede. Il poema inizia da una situazione piena di dolore e paura e finisce con la pace  della visione di Dio. E nonostante la lunghezza e complessità dell'opera, Dante ci dice fin dalle prime terzine, nell'introduzione, quelle più conosciute e famose, che sebbene l'inizio sia inquietante, la fine del viaggio e dunque dell'opera avrà invece una fine lieta. (..."Del ben ch'i' vi trovai) «Nel mezzo del cammin di nostra vitami ritrovai per una selva oscurachè la diritta via era smarritaAhi quanto a dir qual era è cosa dura,esta selva selvaggia e aspra e forte,che nel pensier rinova la paura!Tant'è amara che poco è più morte;ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.Affronta il viaggio con la paura che la sua stessa anima sia  già compromessa sino a che Virgilio la sua guida spirituale, gli confesserà che ben tre figure femminili fin dall'inizio del viaggio occorsero in suo  aiuto proteggendolo per tutto il percorso. Tre donne benedette”, Beatrice, S. Lucia ( Santa alla quale Dante era devoto) e la Vergine Maria. Dunque  il cammino di Dante procede, a sua insaputa, sotto  la protezione delle tre figure femminili. Non ci sono molte  figure femminili di rilievo che Dante incontra. Tra queste spicca Francesca da Rimini...La troviamo nel canto dell'Inferno nel primo girone, quello dei lussuriosi...Francesca da Rimini è il primo dannato con cui Dante scambia un dialogo.  Il poeta stesso soffre davanti alla sofferenza della ragazza perchè si sente egli stesso peccatore, in quanto capisce che la passione amorosa se lasciata all'istinto  porta l'anima a perdersi...così come accadde a Francesca già sposa di un Malatesta, che nutrì passione per Paolo, il fratello dello sposo. La sua famosa frase:"Amore, ch'a null amato amar perdona, mi prese del costui piacere sì forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona"Che significa : "L' Amore non permette a nessuno, che lo nutra, di sottrarsi all’oggetto d’amore che si dimostra a sua volta innamorato..  Francesca dà la colpa all'Amore intendendo però la passione che offusca ogni ragione,e Dante si sente male al pensiero che lui stesso coltivò e scrisse dell' amore- passione e che nutrì un sentimento acceso per Beatrice, maritata ad un altro... e si rende conto a cosa possa portare un sentimento nobile come l’amore quando non  illuminato dall'intelletto: alla perdizione dell'anima. Dante  comprende come le diverse scelte nella vita possono cambiare la condizione dell’anima nell’aldilà, e lo aiutano a crescere interiormente lungo il suo cammino per essere pronto ad accogliere le parole della donna per eccellenza: l’amata Beatrice,  spiritualizzata dalla Fede, che si pone come modello di vita religiosa e di splendore mistico