Madreperla salata

Una bottiglia di Chartreuse 1parte


  Era una fosca serata di fine settembre. Arroccata sulla cima d’un monte il paese sembrava volersi distaccare dalla vita sociale della costa e del primo entroterra . Giulia l’aveva scoperta grazie a sua zia Lina, purtroppo morta da qualche anno, alla quale era stata incredibilmente affezionata . Spesso si alzavano all’alba quando gli uccelli cantano indisturbati, e si incamminavano per sentieri e  nei boschi con un sacchetto di carta e un cesto per raccogliere le erbe, i fiori ancora bagnati di rugiada e le bacche variopinte di cui la donna conosceva ogni proprietà malefica o benefica. Faceva ottimi liquori con la salvia, le bacche d’alloro,l’ulivo e ciò che a lei si concedeva in natura. Talvolta la osservava in silenzio, mentre cuoceva sul fornelletto lo sciroppo di zucchero, era così bella. Aveva occhi neri e lunghi capelli scuri che, al contrario di lei, teneva spesso legati in una coda spettinata;un seno prepotente  tendeva il tessuto della maglietta scura e le gambe snelle si muovevano rapide sui sentieri scoscesi e pietrosi attorno al paese. Giulia la seguiva col fiatone e ne osservava l’armonia del passo, l’ondeggiare dei suoi fianchi..molte volte si era accorta che la zia suscitava interesse nel prossimo,soprattutto maschile; era impossibile non notare la sensualità innata dei movimenti e molte volte l’aveva invidiata in silenzio finchè una sera che la osservava con più attenzione Zia Lina la guardò e sorrise:’guarda Giulia che sei più bella tu di me!’.Da allora la ragazza si era accorta di possedere una bellezza molto simile, anche se, per ragioni d’età, più acerba e tutta da scoprire. Capì che avrebbe dovuto ritagliarsi una parentesi di magia da sola. Qualche lavoro saltuario le consentì di pagarsi il soggiorno , ma solo di una settimana , presso il suggestivo albergo del paese, La colomba d’oro. Passeggiava col libro sotto il braccio, doveva preparare  un esame , aveva studiato già parecchio ed era stanca di ripetersi le formule a memoria. Sapeva che Triora era conosciuta per i processi alle streghe avvenuti alla vigilia del 1600… gliel’aveva spiegato anni fa la zia, e lei aveva avuto da allora la certezza che la portava lì proprio per respirare quell’atmosfera, forse era l’unico posto dove si sentiva a casa. Da allora era rimasta chiusa, le persiane erano sprangate e qualche listello minacciava di cadere, un lampione diffondeva una luce giallognola sui muri bagnati. ‘Nipote! Cosa fai lì incantata? Prendi il cesto e seguimi!’. Giulia aveva uno spirito forte e non era incline alle malinconie: sentiva di averla vicino, sentiva qualcosa che talvolta la sfiorava e la faceva ridere, e sopratutto una voce che le suggeriva canticchiando di non spegnersi, di non fermarsi, di seguire i propri impulsi,per il bene di sé e di chi avrebbe incontrato. Si stancava in fretta e le promesse d’amore eterno la facevano fuggire a gambe levate…amava le atmosfere insolite, i personaggi non comuni, chi riusciva a darle la sensazione di sfiorare la realtà e chi esaltava la sua sensualità senza cercare di sopprimerla. Era di anice trasportato da un venticello frizzante. Le ricordò all’istante un liquore che la zia faceva spesso…lo chartreuse. Avrebbe provato a farlo. Mentre le balenò in mente quest’idea si rese conto, con un tuffo al cuore, che la ricetta poteva essere solo in cantina. Aveva preso gli effetti personali ed era scappata lasciando ai proprietari il compito di sistemare il resto. Giulia si fermò, ascoltandosi, valutando le proprie emozioni. Inspirò profondamente, entrò e a tastoni sollevò l’interruttore generale che sapeva sulla destra. Profumo misto di terra, fiori appassiti, pioggia e polvere. La zia era abbastanza disordinata, adesso il tavolo e il ripiano della credenza era sgomberi, tutti i vasetti erano chiusi oltre i vetri della credenza. ‘spero che li bevano alla nostra salute!’ pensò. ‘cara mia zietta….’ Una lacrima scivolò sulla polvere del tavolone di legno. ‘E cosa devo fare?’ Era più bella che mai.Giulia si rese conto di quanto doveva essere stata amata e desiderata. ‘Volevo la  ricetta dello Chartreuse…’balbettò la ragazza un poco in soggezione. ‘ma no!’Giulia sussultò ‘non so la ricetta a memoria’ e piano piano svanì. Andò dritta verso la credenza e si vide riflessa nei vetri polverosi e si accorse di non essere mai stata tanto bella. Il suo corpo era sbocciato e il suo seno, sebbene non prorompente come quello della zia si lasciava intuire da sotto la t- shirt . Il foglio spiegazzato della ricetta danzava biricchino davanti ai suoi occhi,seminascosto da cianfrusaglie e attrezzi. ‘Bimba bella, la senti che arietta frizzante c’è stasera?perché non vai a cercare gli ingredienti, la fuori? La zia sospirò ancora’vuoi andare già a nanna? Credo sia presto per dormire.E poi non mi dicevi che ti piace la notte, il buio, la luna?Ecco.Lì c’è un lume ad olio, Non mi dire che devi studiare ancora tutte queste assurdità’passò l’indice e con l’unghia graffiò languida la copertina del libro ‘Vai bella…vedrai che ti farà bene!’ Giulia pensò un poco al da farsi, poi decise che sarebbe stata un’avventura diversa. Afferrò il lume, si accertò che funzionasse, lo accese , e con la ricetta nei jeans aderenti lasciò il libro sul tavolo’lo prenderò dopo’ salutò la zia anche se la stanza le rispose con un irridente silenzio,uscì La ricetta elencava: 500g di zucchero semolato un pizzico di zafferano, il cui barattolo era nella credenza 1g di semi d’anice Ricordava bene dove la zia seminava le sue piante, era una radura alla fine del sentiero, sperò soltanto che qualche pianta avesse resistito.