Creato da: ilredegliuomini il 02/11/2005
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Io e l'artista

Post n°16 pubblicato il 05 Novembre 2005 da ilredegliuomini

- Ciao Edoardo, come va’?

- Un po’ stanco, non ho più quella carica di adrenalina che avevo anni fa.

- Mi ricordo che la prima volta che ti ho visto sul palco mi hai impressionato, hai saltato e cantato per due ore consecutive!!!

- E’ molto che mi conosci?

- Si, parecchio! La tua prima canzone che ho ascoltato è stata "Un giorno credi". E’ stata Paola, la sorella maggiore di un mio amico che me l’ha fatta sentire, era entusiasta della tua musica, dei tuoi testi. Credo di essere stato innamorato di lei, la sentivo cosi libera e sicura. Non era una bella ragazza, ma questa sua emancipazione mi piaceva molto. Andavo a casa sua e dalla sua stanza uscivano sempre le tue note. Non potevo fare a meno di resistere a quel suono. Con lei poi parlavo molto, di tante cose, commentare i testi delle tue canzoni era molto bello. Io non mi sono mai dichiarato, cosi me la immaginavo un po’ come Magda in "Campi Flegrei". Nelle tue canzoni mi ritrovavo molto, anche se ancora allora non ne capivo il perché.

- Dimmi Giovanni, a quando risalgono questi tuoi ricordi?

- Non ricordo bene, ma mi sembra Autunno del 1976, avevo 14 anni. Ero molto giovane, però ora che me lo fai venire in mente Paola è stata la prima ragazza di cui mi sono innamorato, penso proprio che sia così. Il primo tuo concerto invece l’ho visto nella primavera del 1977, a Bologna al Palazzetto dello Sport. Ti accompagnava Toni Esposito alle percussioni. C’era anche un’orchestra sinfonica che ti ha accompagnato in "Dotti, medici e sapienti" e in "Un giorno credi". Era appena uscito il tuo album "Burattino senza fili" ed ero entusiasta delle canzoni. Sai, nel 1977 frequentavo la seconda superiore ed ero impegnato come rappresentante di classe. E’ stato il mio primo momento di emancipazione. Ricordo che quell’inverno feci varie volte il viaggio in pullman fino a Modena per delle riunioni. Una volta andai con una neve incredibile, e in città acquistai l’album "La torre di Babele" e rimasi incantato dai disegni della copertina.

- Si, è sempre stata una mia passione disegnare. Quel disegno a china mi ha fatto lavorare tantissimo. Io volevo sempre essere l’autore di tutto nei miei album, quindi mi davo da fare parecchio, dai testi, alla musica ai disegni di copertina.

- Sai, che io ti ho sempre invidiato in questa tua capacità di disegnare, è una dote molto bella, e poi tu non disegni solo cose che vedi, tu sai disegnare anche cose irreali, riesci a fare sognare.

- Ti riferisci alla metropolitana di Napoli che ho disegnato per l’album "Io che non sono l’imperatore"?

- Che simpatico che sei, no intendo tutti quei disegni che accompagnavano gli articoli del Professor Cono, le figurine delle suore da combattimento mi facevano morire dalle risate.

- Ho sempre usato la mia fantasia per dire in modo ironico delle cose vere, ho capito che in questo modo si arriva prima nella testa della gente.

- Anche io seguendo il tuo esempio a volte sono stato ironico. Anche con me stesso, ma non sempre alla gente è piaciuto. A volte essere ironico significa essere scomodo.

- Dillo a me, io sono stato portato in guardiola almeno tre volte alla fine dei miei concerti. In questi casi c’era sempre qualcuno che si era offeso a causa della mia ironia. Non è mai successo niente, ma il mio manager doveva sempre avere una scorta di denaro liquido per pagare la cauzione.

- Ritornando ai tuoi vecchi album io li ascoltavo e li riascoltavo con un vecchio giradischi mono che aveva la puntina che sembrava un chiodo. Tutte le canzoni mi piacevano, alcune mi facevano pensare, altre mi facevano divertire, altre mi facevano viaggiare con la mente. Avevo però un po’ di paura.

- Paura di che cosa?

- Avevo paura della mia voce, e del fatto che fino a quel momento ero stato proprio negato con la musica. Invano a scuola mi avevano insegnato a suonare il flauto dolce. Di cantare poi non se ne parlava proprio. Mia sorella Paola invece era molto più brava di me, sapeva cantare e sapeva suonare la chitarra. Non penso che sia stata una forma di rivalità, ma solo il fatto di volere cantare e suonare quelle canzoni che mi facevano stare cosi bene. Tu lo sai bene, imparare a suonare la chitarra è uno scoglio anche fisico che si deve superare, per potere ottenere dei risultati. Io sono molto orgoglioso perché sono stato un autodidatta e ho imparato da solo.

- Sei stato bravo!! Che chitarra suonavi?

- Non indovineresti mai. Una Eko Ranger 12 elettrica come la tua. L’ho comperata nell’estate del 1978 con la prima paghetta del lavoro estivo. La pagai 80.000 lire. Volevo ricordare però prima di proseguire un’episodio del ’77. Alla domenica pomeriggio vi era un programma televisivo che si intitolava "Domenica in" e una volta presentarono il tuo album "Burattino senza fili" e tu cantavi in veri e propri videoclip. Erano i primi videoclip musicali che ho visto.

- Sai Giovanni che io non mi sono mai vantato di questa mia innovatività, e nessuno me lo ha mai riconosciuto, però in effetti quelli erano forse se non i primi tra i primi che sono stati prodotti.

- Ritornando all’estate del ’78 quando ho acquistato la chitarra, lavoravo da un contadino, Arrigo, e raccoglievo le ciliegie che sono il prodotto agricolo tipico del mio paese. Questo contadino aveva una nipote che viveva a Milano e che era a scuola con la figlia di Giorgio Gaber. Io suonavo le tue canzoni, e lei invece suonava le canzoni degli Inti Illimani. Che coppia canora che facevamo!!!

- Io invece in quegli anni ho fatto una lunghissima serie di concerti e ho avuto modo di sentire quanta passione e quanto bene facevano le mie canzoni. Ai miei concerti veniva un pubblico di tutte le età. Questo fatto a me faceva molto piacere e io cercavo di dare sempre il massimo di me stesso. Pensa che una volta finito il concerto venivo richiamato dal pubblico anche quattro volte. In queste occasioni sono nate canzoni nonsense che poi ho inserito in LP dal vivo.

- Appena ho imparato a suonare la chitarra in modo un po’ decente, la prima canzone che ho suonato è stata "Una settimana… un giorno".

- Devi sapere Giovanni che quella è stata la prima canzone che ho scritto. Ora lo racconto anche ai miei concerti come avviene la nascita di una mia canzone. Prima nasce la musica, e poi con una lingua che non esiste compresa tra il gorgheggio e l’inglese nasceva il testo. Per "Una settimana… un giorno" invece testo e musica sono nate insieme. Questa canzone è nata tra il ’63 e il ’64 ed è rimasta nel cassetto per dieci anni fino a che l’ho inserita nel mio primo LP "Non farti cadere le braccia". Alla fine degli anni ’70 andavo in giro per l’Italia con un vecchio furgoncino 238 Blu scuro e facevo un sacco di strada per raggiungere il posto dove si sarebbe svolto il concerto successivo. A volte la fatica si faceva sentire e così per essere sempre ironico con me stesso ho scritto la canzone "Cantautore". Questa canzone è ancora oggi il mio biglietto da visita.

- Sai Edoardo che quell’attesa di tre anni prima di un nuovo LP è stato tanto lungo. Allora non era come adesso, con Internet dove puoi trovare tutte le informazioni che vuoi. Allora la mia unica fonte di informazioni era la rivista "Ciao 2001". Per fortuna uscì quel libro che ho consumato a forza di sfogliarlo e leggerlo e rileggerlo. Sto parlando di "Dirotterotti". Poi finalmente è uscito prima "Uffà! Uffà!" e poi "Sono solo canzonette". Devo dire che hai fatto una cosa geniale unica e molto bella nel suo complesso. Ero molto contento perché nel primo LP suonavi la canzone che gli da il titolo con un gruppo di Bologna vicino a dove abitavo io, i Gaz Nevada.

- Si, ho suonato con quel gruppo e devo dire che rappresentavano, con la loro sonorità molto Hard Rock quel senso di disagio che volevo fare trasparire da quella canzone. Si, ho fatto attendere i miei fans in quegli anni, ma penso di averli accontentati in modo degno.

- Guarda Edo, quella sera di aprile del 1980 quando era annunciato in tv uno speciale sul tuo ultimo disco, vederti vestito da Peter Pan e sentirti cantare "Il rock di Capitano Uncino", è stato un tuffo al cuore.

- L’esperienza l’avevo già fatta con la favola di Pinocchio in "Burattino senza fili". L’ho voluta ripetere in "Sono solo canzonette" senza cadere nella retorica e dando anche degli spunti più ampi di come avevo fatto prima. Ho inserito anche qualcosa della mia vita personale. Infatti il Jukebox di cui si parla, naturalmente esisteva davvero, non è vero che l’ho sentito di sfuggita perché ero li dalla sera alla mattina per la disperazione dei miei genitori. Quel bar gelateria si chiamava "La fonte del Gelo" e da li ho incominciato ad ascoltare i ritmi che venivano da oltre oceano. A Napoli Giovanni, ma Bagnoli specialmente si trovano tantissimi americani in quanto c’è una grosso base NATO. Tutto questo ha aiutato a fare crescere la mia musicalità su ritmi nuovi....

 
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