Creato da: ilredegliuomini il 02/11/2005
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Una settimana... un giorno...

Post n°22 pubblicato il 05 Novembre 2005 da ilredegliuomini

Una settimana, un giorno o solamente un'ora
a volte vale una vita intera
il tempo passa in fretta e ti ruba quello che hai
io non so parlare d'amore, ma so che quando tu
mi stringi le mani forte
vorrei che il tempo si fermasse intorno a noi...

Vorrei che mai, mai, mai, mai nessuno al mondo mai
potesse rubarti, portarti via lontano, come ora quel treno
e so che mai, mai, mai, mai nessuna donna mai
con uno sguardo solo, saprà donarmi tanto...


Sensazioni che affollano la mente
sensazioni dolci, fatte di parole, baci... fatte di suoni...
in un momento solo, amarti conoscerti e già sapere
che devi andare via

Vorrei che mai mai mai...
Nessuna donna, nessuna donna mai...

Sensazioni... sensazioni che
nemmeno il tempo potrà rubarmi
che nemmeno il tempo, potrà portarmi via...

 
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Cartoni horror

Post n°21 pubblicato il 05 Novembre 2005 da ilredegliuomini

Mi chiama ora mia sorella che mi chiede se ho voglia di andare al cinema con i bimbi questa sera. Giacomo allora mi dice "Cosa andiamo a vedere papa?" "La sposa cadavere" "Bello!!! Mi piacciono i cartoni horror!!!"

 
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Una settimana...

Post n°20 pubblicato il 05 Novembre 2005 da ilredegliuomini

Robby, è una settimana che ci siamo incontrati per la prima volta, è da una settimana che non ti vedo più. Mi manchi tanto!

 
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Aringhe

Post n°19 pubblicato il 05 Novembre 2005 da ilredegliuomini
Foto di ilredegliuomini

Oggi con il mio pod abbiamo seguito un enorme branco di aringhe, le abbiamo accerchiate, spinte vicino a dove anche i nostri piccoli si sentono sicuri a cacciare e abbiamo così iniziato a mangiare. Buone, fresche e salate al punto giusto...

 
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Le trasformate di Lorentz

Post n°18 pubblicato il 05 Novembre 2005 da ilredegliuomini
Foto di ilredegliuomini

Maxwell collegò le leggi della meccanica, dell'elettricità e dell'elettromagnetismo tramite una semplice equazione che legava la velocità della luce alla conducibilità elettrica nel vuoto e la permeabilità magnetica nel vuoto. Lorentz invece applicò le sue "trasformate" alle equazioni di Newton. Con questa modifica, risultava evidente che la velocità della luce è un limite insuperabile e che raggiungendo velocità prossime a quella della luce, il tempo si modifica, rallentandosi...

 
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Se telefonando

Post n°17 pubblicato il 05 Novembre 2005 da ilredegliuomini

Lo stupore della notte
spalancata
sul mar
ci sorprese che eravamo sconosciuti
sconosciuti
io e te.
Poi nel buio le tue mani
d'improvviso
sulle mie...
É cresciuto troppo in fretta
questo nostro amor...
Se telefonando
io potessi dirti addio
ti chiamerei...
Se io rivedendoti
fossi certa che non soffri
ti rivedrei...
Se guardandoti negli occhi
sapessi dirti basta
ti guarderei...
Ma non so spiegarti
che il nostro amore appena nato
è già finito...
Se telefonando
io potessi dirti addio
ti chiamerei...
Se io rivedendoti
fossi certa che non soffri
ti rivedrei...
Se guardandoti negli occhi
sapessi dirti basta
ti guarderei...
Ma non so spiegarti
che il nostro amore
appena nato
è già finito...

 
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Io e l'artista

Post n°16 pubblicato il 05 Novembre 2005 da ilredegliuomini
Foto di ilredegliuomini

- Ciao Edoardo, come va’?

- Un po’ stanco, non ho più quella carica di adrenalina che avevo anni fa.

- Mi ricordo che la prima volta che ti ho visto sul palco mi hai impressionato, hai saltato e cantato per due ore consecutive!!!

- E’ molto che mi conosci?

- Si, parecchio! La tua prima canzone che ho ascoltato è stata "Un giorno credi". E’ stata Paola, la sorella maggiore di un mio amico che me l’ha fatta sentire, era entusiasta della tua musica, dei tuoi testi. Credo di essere stato innamorato di lei, la sentivo cosi libera e sicura. Non era una bella ragazza, ma questa sua emancipazione mi piaceva molto. Andavo a casa sua e dalla sua stanza uscivano sempre le tue note. Non potevo fare a meno di resistere a quel suono. Con lei poi parlavo molto, di tante cose, commentare i testi delle tue canzoni era molto bello. Io non mi sono mai dichiarato, cosi me la immaginavo un po’ come Magda in "Campi Flegrei". Nelle tue canzoni mi ritrovavo molto, anche se ancora allora non ne capivo il perché.

- Dimmi Giovanni, a quando risalgono questi tuoi ricordi?

- Non ricordo bene, ma mi sembra Autunno del 1976, avevo 14 anni. Ero molto giovane, però ora che me lo fai venire in mente Paola è stata la prima ragazza di cui mi sono innamorato, penso proprio che sia così. Il primo tuo concerto invece l’ho visto nella primavera del 1977, a Bologna al Palazzetto dello Sport. Ti accompagnava Toni Esposito alle percussioni. C’era anche un’orchestra sinfonica che ti ha accompagnato in "Dotti, medici e sapienti" e in "Un giorno credi". Era appena uscito il tuo album "Burattino senza fili" ed ero entusiasta delle canzoni. Sai, nel 1977 frequentavo la seconda superiore ed ero impegnato come rappresentante di classe. E’ stato il mio primo momento di emancipazione. Ricordo che quell’inverno feci varie volte il viaggio in pullman fino a Modena per delle riunioni. Una volta andai con una neve incredibile, e in città acquistai l’album "La torre di Babele" e rimasi incantato dai disegni della copertina.

- Si, è sempre stata una mia passione disegnare. Quel disegno a china mi ha fatto lavorare tantissimo. Io volevo sempre essere l’autore di tutto nei miei album, quindi mi davo da fare parecchio, dai testi, alla musica ai disegni di copertina.

- Sai, che io ti ho sempre invidiato in questa tua capacità di disegnare, è una dote molto bella, e poi tu non disegni solo cose che vedi, tu sai disegnare anche cose irreali, riesci a fare sognare.

- Ti riferisci alla metropolitana di Napoli che ho disegnato per l’album "Io che non sono l’imperatore"?

- Che simpatico che sei, no intendo tutti quei disegni che accompagnavano gli articoli del Professor Cono, le figurine delle suore da combattimento mi facevano morire dalle risate.

- Ho sempre usato la mia fantasia per dire in modo ironico delle cose vere, ho capito che in questo modo si arriva prima nella testa della gente.

- Anche io seguendo il tuo esempio a volte sono stato ironico. Anche con me stesso, ma non sempre alla gente è piaciuto. A volte essere ironico significa essere scomodo.

- Dillo a me, io sono stato portato in guardiola almeno tre volte alla fine dei miei concerti. In questi casi c’era sempre qualcuno che si era offeso a causa della mia ironia. Non è mai successo niente, ma il mio manager doveva sempre avere una scorta di denaro liquido per pagare la cauzione.

- Ritornando ai tuoi vecchi album io li ascoltavo e li riascoltavo con un vecchio giradischi mono che aveva la puntina che sembrava un chiodo. Tutte le canzoni mi piacevano, alcune mi facevano pensare, altre mi facevano divertire, altre mi facevano viaggiare con la mente. Avevo però un po’ di paura.

- Paura di che cosa?

- Avevo paura della mia voce, e del fatto che fino a quel momento ero stato proprio negato con la musica. Invano a scuola mi avevano insegnato a suonare il flauto dolce. Di cantare poi non se ne parlava proprio. Mia sorella Paola invece era molto più brava di me, sapeva cantare e sapeva suonare la chitarra. Non penso che sia stata una forma di rivalità, ma solo il fatto di volere cantare e suonare quelle canzoni che mi facevano stare cosi bene. Tu lo sai bene, imparare a suonare la chitarra è uno scoglio anche fisico che si deve superare, per potere ottenere dei risultati. Io sono molto orgoglioso perché sono stato un autodidatta e ho imparato da solo.

- Sei stato bravo!! Che chitarra suonavi?

- Non indovineresti mai. Una Eko Ranger 12 elettrica come la tua. L’ho comperata nell’estate del 1978 con la prima paghetta del lavoro estivo. La pagai 80.000 lire. Volevo ricordare però prima di proseguire un’episodio del ’77. Alla domenica pomeriggio vi era un programma televisivo che si intitolava "Domenica in" e una volta presentarono il tuo album "Burattino senza fili" e tu cantavi in veri e propri videoclip. Erano i primi videoclip musicali che ho visto.

- Sai Giovanni che io non mi sono mai vantato di questa mia innovatività, e nessuno me lo ha mai riconosciuto, però in effetti quelli erano forse se non i primi tra i primi che sono stati prodotti.

- Ritornando all’estate del ’78 quando ho acquistato la chitarra, lavoravo da un contadino, Arrigo, e raccoglievo le ciliegie che sono il prodotto agricolo tipico del mio paese. Questo contadino aveva una nipote che viveva a Milano e che era a scuola con la figlia di Giorgio Gaber. Io suonavo le tue canzoni, e lei invece suonava le canzoni degli Inti Illimani. Che coppia canora che facevamo!!!

- Io invece in quegli anni ho fatto una lunghissima serie di concerti e ho avuto modo di sentire quanta passione e quanto bene facevano le mie canzoni. Ai miei concerti veniva un pubblico di tutte le età. Questo fatto a me faceva molto piacere e io cercavo di dare sempre il massimo di me stesso. Pensa che una volta finito il concerto venivo richiamato dal pubblico anche quattro volte. In queste occasioni sono nate canzoni nonsense che poi ho inserito in LP dal vivo.

- Appena ho imparato a suonare la chitarra in modo un po’ decente, la prima canzone che ho suonato è stata "Una settimana… un giorno".

- Devi sapere Giovanni che quella è stata la prima canzone che ho scritto. Ora lo racconto anche ai miei concerti come avviene la nascita di una mia canzone. Prima nasce la musica, e poi con una lingua che non esiste compresa tra il gorgheggio e l’inglese nasceva il testo. Per "Una settimana… un giorno" invece testo e musica sono nate insieme. Questa canzone è nata tra il ’63 e il ’64 ed è rimasta nel cassetto per dieci anni fino a che l’ho inserita nel mio primo LP "Non farti cadere le braccia". Alla fine degli anni ’70 andavo in giro per l’Italia con un vecchio furgoncino 238 Blu scuro e facevo un sacco di strada per raggiungere il posto dove si sarebbe svolto il concerto successivo. A volte la fatica si faceva sentire e così per essere sempre ironico con me stesso ho scritto la canzone "Cantautore". Questa canzone è ancora oggi il mio biglietto da visita.

- Sai Edoardo che quell’attesa di tre anni prima di un nuovo LP è stato tanto lungo. Allora non era come adesso, con Internet dove puoi trovare tutte le informazioni che vuoi. Allora la mia unica fonte di informazioni era la rivista "Ciao 2001". Per fortuna uscì quel libro che ho consumato a forza di sfogliarlo e leggerlo e rileggerlo. Sto parlando di "Dirotterotti". Poi finalmente è uscito prima "Uffà! Uffà!" e poi "Sono solo canzonette". Devo dire che hai fatto una cosa geniale unica e molto bella nel suo complesso. Ero molto contento perché nel primo LP suonavi la canzone che gli da il titolo con un gruppo di Bologna vicino a dove abitavo io, i Gaz Nevada.

- Si, ho suonato con quel gruppo e devo dire che rappresentavano, con la loro sonorità molto Hard Rock quel senso di disagio che volevo fare trasparire da quella canzone. Si, ho fatto attendere i miei fans in quegli anni, ma penso di averli accontentati in modo degno.

- Guarda Edo, quella sera di aprile del 1980 quando era annunciato in tv uno speciale sul tuo ultimo disco, vederti vestito da Peter Pan e sentirti cantare "Il rock di Capitano Uncino", è stato un tuffo al cuore.

- L’esperienza l’avevo già fatta con la favola di Pinocchio in "Burattino senza fili". L’ho voluta ripetere in "Sono solo canzonette" senza cadere nella retorica e dando anche degli spunti più ampi di come avevo fatto prima. Ho inserito anche qualcosa della mia vita personale. Infatti il Jukebox di cui si parla, naturalmente esisteva davvero, non è vero che l’ho sentito di sfuggita perché ero li dalla sera alla mattina per la disperazione dei miei genitori. Quel bar gelateria si chiamava "La fonte del Gelo" e da li ho incominciato ad ascoltare i ritmi che venivano da oltre oceano. A Napoli Giovanni, ma Bagnoli specialmente si trovano tantissimi americani in quanto c’è una grosso base NATO. Tutto questo ha aiutato a fare crescere la mia musicalità su ritmi nuovi....

 
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Michel

Post n°15 pubblicato il 04 Novembre 2005 da ilredegliuomini

Nel 93, seguivo un gruppo di ragazzi tra i 17 e i 21 anni. Per Pasqua avevamo in programma di fare un'esperienza di servizio, ma dove?

Mi sono messo a cercare, e ho saputo che la Papa Giovanni XXIII il cui fondatore è Don Benzi, forse lo conosci di fama, aveva una casa chiamata "Capanna di Betlemme" dove raccoglieva extracomunitari, per lo più clandestini, che si trovavano alla stazione di Rimini, senza fissa dimora e senza un lavoro.

A gestire questa casa c'era Michel.

Ci accordiamo per telefono, e poi il giovedi santo partiamo verso Rimini per raggiungere la casa.

Non avevo idea di che cosa avrei incontrato, ma quando arrivammo la l'aspetto era veramente desolante.

Michel non c'era.

Aspettiamo un'ora e più, e come ti puoi immaginare i ragazzi iniziavano a spazientirsi.

Finalmente arriva con una macchina tutta scassata, e ci dice di salire in casa.

L'aspetto esteriore era meglio!!!

Una confusione indescrivibile.

I ragazzi iniziavano ad attorcigliare il naso per i vari odori che provanivano un po' di qua e un po di la.

Michel era un belga sui 50 anni quando l'ho conosciuto, era molto grasso e sciupato, ma aveva un sorriso meraviglioso.

Ci fece sedere in cucina intorno a un grande tavolo, e poi inizio a raccontarci la storia della sua vita.

Improvvisamente, come per magia, tutto quello che era intorno spari, e l'unica cosa che rimase nella stanza era la sua figura di uomo che prendeva sempre più luce.

Lui in Belgio era un giudice di tribunale, e conduceva una vita normale.

Non era sposato, e si gestiva tra il lavoro e alcuni hobbies che aveva, tra cui la cucina.

Decide di fare un viaggio in Italia e visita Assisi.

Rimane affascinato dalla figura di S. Francesco.

Per alcuni anni, quindi viene in Italia in vacanza e frequenta sempre più assiduamente Assisi e i luoghi dove S. Francesco aveva vissuto.

Quello che mi è piaciuto in lui è stato che con tanto affetto nei confronti di questo santo, lui non ha deciso di diventare frate, ma bensi di lasciare quello che aveva e mettersi a disposizione, come laico.

Infatti, diede tutto quello che aveva, e immagino che fosse tanto!!! ai poveri in Belgio, e poi venne in Italia definitivamente, mettendosi al servizio di Don Benzi che gli affido la "Capanna di Betlemme".

La "Capanna di Betlemme" che lui gestiva, in pratica era una casa di accoglienza per barboni e diseredati che venivano da lui raccolti alla stazione di Rimini.

Chi mi aveva indicato quella casa, mi aveva detto che Michel non voleva accompagnatori con lui in stazione, perchè lo riteneva molto pericoloso.

Infatti io rispettando questo non gli chiesi di scendere a Rimini con lui, quando venne l'ora.

Lui si spostava circa alle 22.00 per un primo giro, e poi ne faceva uno successivo alle 23.30.

Con lui si iniziava a lavorare a quell'ora, bisognava avere pronti i letti, preparato la cena, e non sapevi mai chi sarebbe arrivato.

Scende le scale, e poi ritorna su e mi dice:"Giovanni, vuoi venire con me?"

Io che non ero pronto per un invito del genere, non so fare uscire una parola, e allora lui mi prende per mano e io lo seguo.

Per me è stato incredibile, potere condividere quella cosa con lui.

Siamo andati alla stazione e lui intanto mi spiegava come fare quando saremmo stati la.

Lui aveva una teoria, che il barbone, per potere fargli capire che non è sulla giusta strada era necessario fargli toccare il fondo.

Criticabile se vuoi, ma cosi lui sosteneva di essere riuscito ad aiutarne di più.

Mi diceva quindi chi andare a chiamare e chi no.

Il pericolo stava appunto in questo, chi non veniva chiamato, magari non era molto daccordo, e la fame può fare brutti scherzi.

Io non avevo mai avuto a che fare con degli Albanesi fino a quel momento, e quella notte fu un susseguirsi di racconti, di esperienze, di fughe, di solitudine. Io ho ascoltato, ascoltato tanto.

Era tutta gente che aveva bisogno di parlare, parlare tanto.

Michel mi guardava e sorrideva.

Tornati a casa i miei ragazzi erano già tutti pronti e si mangiò subito, e tutti si presero a cuore uno di questi, ascoltando quello che voleva raccontare.

Al secondo giro fece scendere con lui due dei miei ragazzi più grandi.

Quel primo giorno passato alla capanna di Betlemme fu una delle esperienze più indimenticabili.

Passammo li 4 giorni, lavorando con gioia giorno e notte.

La soddisfazione di vedere la casa cambiare colore sotto ai nostri occhi era uno stimolo incredibile.

E poco alla volta dalla puzza iniziale si incominciò a sentire il profumo delle cose lavate. le ragazze fecero un gran lavoro, prima lavarono e poi rammendarono.

Michel non aveva neanche un indumento che non avesse necessità di ago e filo. Poveretto!!!

L'anno successivo compiva 55 anni, e allora con i ragazzi decidemmo di mandargli un Picoglass grande con tutte le nostre foto fatte in quella occasione. Ti racconterò poi come tengo al 55 ;-).

A settembre Don Benzi venne a tenere una conferenza, e allora io telefonai a Michel dicendogli che mi avrebbe fatto piacere che venisse anche lui.

Lui era molto timoroso di Don Benzi e aveva paura.

Io pensavo che non venisse, e poi quando la conferenza era già incominciata da un po', lo vedo arrivare con il suo solito sorriso.

Saluta Don Benzi, e poi quando questo finisce di parlare chiede la parola.

Mezz'ora di spiegazione del suo lavoro e di lode a me e ai miei ragazzi.

Io galleggiavo per aria, i miei ragazzi di più. Io quella sera mi sono sentito santo, solo quella sera in tutta la mia vita, ma questa sensazione meravigliosa la devo a Lui.

Non ci siamo più visti per alcuni anni, poi quando con Elena, Pietro e Betta decidemmo di incominciare il nuovo gruppo, pensammo di portare i nuovi capi a fare un'esperienza forte, e allora decidemmo di andare da lui.

Sentirlo parlare, e dietro di lui vedere il Picoglass in bella mostra con le nostre vecchie foto e un 55 grandissimo, fu una cosa magica, che diede un'impronta grande a questi ragazzi che ora fanno parte dei capi del gruppo.

Anche in quella occasione non dimentico di elogiare l'opera fatta, ma fui io che in quella occasione volli dimostrargli l'affetto che avevo per lui, e lo abbracciai tanto.

L'anno dopo per Pasqua lo chiamo e mi risponde un altro che non riusciva a dirmi che Michel era morto da poco a causa di un infarto.

Io ringrazio Dio, perchè nella mia vita mi ha fatto conoscere Michel, un santo dei nostri giorni!!!

Questo è quanto, e io a pensare a lui mi commuovo sempre.

 
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Terzo giorno

Post n°14 pubblicato il 04 Novembre 2005 da ilredegliuomini

Non vi sarete offesi, o voi che mi leggete, se ieri non ho commentato il secondo giorno sul Blog. Il motivo è dei più importanti, impegno galante ;-) Scherzo, voi sapete bene il mio cuore dove sta di casa ora. Ho però ricevuto una telefonata inattesa e dolcissima che mi ha tenuto compagnia fino a mattina, quando gli impegni del lavoro mi hanno imposto di smetterla di fare il ragazzino e di andare a riposare quel minimo per non essere poi rincoglioniti. Tre ore di sonno bastano con l'adrenalina che ho in corpo in questi giorni ;-) Non ho ancora capito che cosa frulla nella testa di Pier, anzi, l'ho invitata a ballare un lento con me, ma non ha voluto, e dire che Stella non si è mai rifiutata di ballare con me. Forse perchè non l'ho chiesto nel modo giusto. Con Stella era più facile, la prendevo dolcemente per le zampe e le cantavo "Vorrei tanto ballare con te, mi piacerebbe ballare con te, tanto tanto ballare con te" e come d'incanto lei si alzava in piedi sulle zampe posteriori e con quegli occhioni da gattona mi seguiva nella danza mentre continuavo a cantare.

 
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Amore per sempre

Post n°13 pubblicato il 04 Novembre 2005 da ilredegliuomini

Ciao Joao,

Tu per mei sei come il sole in una giornata senza fine, hai illuminato quella che sono stata, quella che sono e mi dai la forza de pensare a quella che sarò.

Ora lo so, che un amore cosi, può esistere, e ti può fare diventare grande, darti le ali e la capacità di dare il meglio di se stessi, L'ho provato sulla mia pelle e nonostante la sofferenza che provo ora, sono cosi felice di aver sempre creduto che da qualche parte c'eri, e che un giorno ci saremo trovati...

Mi ricorderò sempre i tuoi occhi e spero non perdano mai questa luce che hanno, dalla prima volta che li ho visti mi hanno fatto sentire viva e per questo ti ringrazio tanto....

Non potrei non decidere di amarti, anche se le cose sono come sono e spero tanto che domani, riesca a non piangere. Voglio ricordarmi di te, come il mio Peter Pan. E come sai i bambini sono esseri che portano solo gioia...

Mi dispiace aver cominciato a scriverti solo ora, ma spero ti abbia fatto piacere. E questo è l'ultimo messaggio che ti posso scrivere...

Ricordati: il mio cuore sa e non smette di urlarmi che solo tu mi fai felice!!!!!!!!

TI AMO...

Beijinhos

Eli

 
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