L_irrequieto

LETTI E LAVORO: TRA IL RICATTO E LO STUPRO


 C’è una forma di violenza sulle donne di cui poco si parla ma è tanto diffusa: il ricatto sessuale sul posto di lavoro e/o per il posto di lavoro che rappresentano vicende tutt'altro che "frivole"; in ordine di tempo la vicenda più clamorosa riguarda l'istituto di medicina legale di Torino, dove a detta della "gola profonda" (e non ridete!) entravano a farne parte gli amici del "barone", i suoi "fratelli massoni", i parenti e quelle che "la davano" per laurearsi, per lavorare, per fare carriera; in parole povere le mignotte ma per questa categoria, nessuna clemenza, quando penso a loro penso a "carne" e nulla di più.Il fenomeno dello "stupro/ricatto"  viene agevolato anche con il precariato, con la mancanza di trasparenza nei casi di concorsi, di promozioni e di assunzioni (ed in questo caso la liberalizzazione del mercato del lavoro ha le sue responsabilità), con la mancanza di una normativa nazionale sul mobbing. Le responsabilità politiche, dal PDL al PD, sono gravissime: se da una parte si incentiva il ricorso al precariato e si vuol togliere l'articolo 18, dall'altro si parla di "clientelismo responsabile" e di libero licenziamento per 4 anni per i neo assunti a tempi indeterminato.
Perchè tanto clamore se un immigrato o un italiano, violentano una donna e poi tanta omertà, tanta compiancenza su tutte le violenze, sui soprusi che le donne devono subire per poter lavorare? Forse è ora, che l'8 marzo, alle donne si regalino coltelli piuttosto che mimose? Troppe chiacchiere da salotto mentre le donne subiscono, forse è giunta l'ora di passare ai fatti? In fondo, ne castri uno, ne educhi cento e magari ne salvi altre mille; inoltre con il "corpo del reato",  si potrebbe assicurare un pasto a qualche cane randagio; l'ideale sarebbe tagliare anche i testicoli, ma considerando che in genere le circostanze non permettono di fare un buon lavoro, il minimo dovrebbe essere il glande ed in questo caso si potrebbe fare pure a meno del coltello.Magari sarà un pò forte come provocazione, ma in mezzo al muro d'omertà che circonda certe vicende, certe "prassi", è uno dei pochi modi di far "rumore".