Rotari: l'editto

Post N° 12


Devo notare, con grande tristezza, che a leggermi siete veramente in pochi. Mi e' stato detto, da una di Voi, che i racconti sono troppo lunghi e scoraggerebbero il potenziale lettore fin dall'inizio. Cosa posso farci, scriverli piu' corti? farne il riassunto?Io comunque continuo a scrivere egualmente, magari col tempo...troverete il tempo, perche' penso si tratti solo di questo, troppo presi dalla frenesia del correre quotidiano.Il racconto di oggi e' scritto su commissione, su un fatto veramente accaduto, senza morti e con lieto fine. I protagonisti, ma chi altri se non loro, i miei amici cani.           PICCOLA STORIA D'AMORE DI UN CUORE IMMENSAMENTE GRANDEE cosi', per colpa di quella barboncina nera, pur anche bella ma tanto antipatica, al pari della sua vezzosa padroncina, mi trovo qui, solo, impaurito e terrorizzato a vagare per le campagne di Codevilla.Per una stupidata, per una disattenzione mi ritrovo ad avere perso tutto: papa' Fausto e i miei sette compagni di cascina, sei cani, Flic e Floc, Nevio. Lilla, Orazio e Cornelia e il gatto Bartolomeo che era solito dividere con me la cuccia e il cibo.Mi trovavo, come tutti i giorni, sull'auto con papa' Fausto che non si muoveva mai senza portarmi con se e, come era sua abitudine, quando scendeva dalla macchina per qualche commissione o per bere un bianchino con gli amici. mi lasciava solo sull'auto, "a fare la guardia", come soleva ripetermi.Anche quella mattina era andata cosi', ero rimasto solo sull'auto, col finestrino abbassatoperche' faceva molto caldo quando, mentre stavo per prendere sonno, il mio naso viene solleticato da uno stimolo che conoscevo molto bene e che gli umani chiamano "di cagnetta in calore". Che definizione impropria e scolorita, per me era allo stesso tempo i colori dell'arcobaleno, il profumo del paradiso e l'aroma del giardino delle delizie. Svegliatomi all'istante, mi alzo sulle zampette posteriori e con quelle anteriori appoggiate al finestrino aperto chi ti vedo? lei, la barboncina nera che sculetta al guinzaglio di un'altrettanto sculettante padroncina.Non ci credono gli umani che noi cani ci comprendiamo col nostro abbaiare, coi nostri ululati e uggiolii e col nostro incedere: la barboncina, che si era accorta della mia presenza, altro non mi stava dicendo:" Lo so che sei lė, te la faccio annusare ma non te la dō, sei troppo zotico, un cane campagnolo, mentre io sono di razza e aristocratica, per di pių": Proprio io, Zago, spinone di quattro anni, che potevo contare un numero sterminato di cagnoline rese da me felici, non potevo certo assistere a quella presa in giro senza reagire e, con un balzo, salto fuori dall'auto e, lancia in resta, mi metto all'inseguimento di quella smorfiosetta.L'inseguimento durō poco, due curve e un tratto di strada sterrata, quando la mia amata scomparve, con la sua padroncina, dietro il cancelletto verde di una villetta.Non dandomi per vinto rimasi almeno un'oretta davanti al cancello ad aspettare e quando, sconsolato, feci ritorno sui miei passi,dell'auto di papā Fausto non era rimasta traccia.In pochi minuti venni assalito dall'ansia e ben presto questa si tramuto' in terrore.; gli occhi mi si velarono di lacrime e i pensieri pių lugubri occuparono il mio, fino ad allora, spensierato cervello.Incominciai a girare in tondo annusando a destra e a sinistra, ma dell'odore di papā Fausto nemmeno l'ombra. Permaneva invece quello della barboncina, causa di tutte le mie disgrazie.Avevo sete, una sete tremenda e gia' scendevano le prime ombre della sera. A quell'ora in cascina, venivano riempite le nostre ciotole e, festanti, con le code proiettate verso il cielo, cenavamo tutti quanti insieme.Scese la notte, cercai riparo tra i cespugli, ma non riuscii di certo a dormire. Le punture delle zanzare e i rumori pių disparati me lo impedivano.Al mattino, pių stanco della sera prima, mi incamminai per un viottolo; dovetti scappare perchč inseguito da un cane pių grosso di me e che non aveva intenzioni pacifiche.Anche le persone che incontravo non avevano un buon odore, mi sembravano ostili, non si accorgevano di me o, addirittura, mi gridavano:" Vai via cagnaccio".Attraversando una strada sentii il rumore di una frenata; per poco non finii sotto le sue ruote.Finalmente una fontanella e un po' di sollievo per la mia gola riarsa dalla sete.Mi avvicinai a due bambini che giocavano e uggiolai:" Mi sono perso, non avete visto passare di qui papā Fausto?" Per tutta risposta un sasso mi sfioro' il naso accompagnato da un :" Pussa via, bestiaccia":La seconda notte la passai in un fosso; come era diverso il paesaggio rispetto alla mia cascina.Quella notte versai calde lacrime e i miei guaiti erano indirizzati ai miei compagni di gioco:" Flic e Floc dove siete", "Bartolomeo perche' non vieni qui ad accuciarti e scaldarmi un po??" e soprattutto:"Papā Fausto, dove sei, non abbandonarmi, sono ancora vivo".Il mattino successivo raggiunsi Voghera e, all'improvviso, sentii uscire dalla porta di un bar un odore buono, un odore di persona per bene, come quello che aveva papā Fausto. Mi avvicinai con circospezione e la vidi, dietro il bancone, affacendata con piatti, tazzine e bicchieri. Era lei ad emanare quel buon odore.Piu' la guardavo e pių pensavo a Pallina, la mia vecchia mamma.Un guaito per attirare la sua attenzione, un suo sguardo e fu subito amore:" Ma cosa fai qui?, Ti sei perso?, Hai fame? Vuoi un po' d'acqua?.In men che non si dica avevo davanti al mio naso una ciotola d'acqua fresca e un piatto con dentro ogni ben di dio da mangiare.Dopo due giorni di terrore avvertii un senso di rilassamento e di pace: Riassaporai i piaceri di una casa e di una famiglia. Quella signora cicciottella, Patrizia ho sentito che la chiamavano, intuivo che non mi avrebbe abbandonato; mi accarezzava in continuazione, mi porgeva dell'altro cibo e, per quella giornata, mi tenne, anche se legato sotto un ombrellone, vicino a lei. Io non la perdevo d'occhio mentre andava avanti e indietro con piatti e vassoi:Solo verso sera, quando chiusero il bar, provai ancora un senso di paura: Si trattava di decidere dove avrei passato la notte. Mamma Patrizia mi voleva portare a casa sua ma Sara, la sua bambina, si opponeva perche' aveva paura che io litigassi col suo gatto.Io avevo cominciato a guaire:" Guarda Sara che io con i gatti vado d'accordo, dormo nella cuccia con Bartolomeo e non l'ho mai morsicato, nemmeno quando fa' le puzzette". Ma cosa volete farci, noi cani comprendiamo il linguaggio degli umani ma, sembra, che loro non comprendano il nostro.Fatto sta che passai la notte rinchiuso in uno sgabuzzino del bar; pero' ero tranquillo perche' mamma Patrizia mi aveva promesso che il giorno dopo sarebbe tornata e, con quella faccia, come potevo dubitarne:Il giorno dopo, infatti, torno' e fu ancora grande festa.I due giorni successivi furono pieni di novita'. Per prima cosa devo dire che il mio piatto era sempre pieno di prelibatezze; avanti di quel passo mi sarei trovato anch'io cicciottello come mamma Patrizia.Vedevo tanta gente che entrava e usciva dal bar; c'era chi mi guardava appena, chi si fermava a farmi i complimenti, ad ognuno non veniva risparmiata la mia storia. Mi sentivo un cane importante.Ogni tanto arrivava Roberta che usciva da una porta vicina al bar e mi portava a spasso per i miei bisogni: Anche lei aveva un buon odore; non era la figlia di Patrizia, ma di un'altra signora che per mestiere vendeva quei pestilenziali cosi che di tanto in tanto papā Fausto metteva in bocca e, dopo averli accesi, facevano un fumo che mi faceva tossire e lacrimare gli occhi per un bel pezzo.In quei giorni avevo intuito che Patrizia si dava da fare per ritrovare papā fausto; aveva addirittura scritto ad un giornale e inviato una mia fotografia.Verso la tarda mattinata di quel venerdi' captai che qualcosa di nuovo era successo; mamma Patrizia aveva assunto in volto un colore rosso acceso e, quando parlava, le sentivo tremare la voce. Che differenza fra gli umani e noi, loro balbettano, noi agitiamo la coda o, al massimo, lasciamo andare qualche goccia di pipė.Dopo una mezzoretta compresi il motivo di quel "ciapa, ciapa"; aveva telefonato papā Fausto che, dopo aver letto il giornale, comunicava che presto sarebbe giunto a riprendermi.Non immaginate la felicita' che ho provato in quei momenti; se Roberta non mi avesse portato a fare un giretto, la pipė l'avrei lasciata andare tutta sotto l'ombrellone.Da quel momento i minuti cominciarono a sembrarmi ore e le ore giorni. Non ebbi pių il coraggio di toccare acqua e cibo.Finalmente vidi arrivare l'auto e da essa scendere papā Fausto che, come mi vide allargo' le braccia e gridō:" Zago". Gli volai in braccio e lo leccai tutto sulla faccia ma, quando mi voltai e vidi mamma Patrizia, comprersi come fosse triste, intuendo che mi avrebbe perso. Saltando dalle braccia di papā Fausto volai addosso a mamma Patrizia e, leccandole il viso, uggiolai:" Cara mamma, sei stata tu a salvarmi, non ti scorderō per tutta la vita".E' notte, abbiamo fatto tardi perche' in cascina si e' festeggiato il mio ritorno; ho dovuto raccontare ai miei amici la storia della mia avventura fino allo sfinimento.Prima di dormire devo recitare le preghiere della sera, come mi ha insegnato mamma Pallina, fin da piccolo. Questa sere e le prossime saranno pių lunghe perche', oltre a ringraziare Gesų per tutte le cose belle che ho e le persone buone che mi circondano, devo ringraziarlo per avermi fatto incontrare una mamma dal cuore cosė grande come Patrizia. "Caro Gesų mantienila sempre bella, giovane e in salute e, come l'ho sentita spesso lamentarsi, pur non comprendendone bene il motivo, con quindici chili in meno".