Losguardodalontano

Un gioiello rinascimentale


Ferrara mi ha sorpresa. La sua pulizia, la sua “bella gente”, la sua vita notturna quasi elegante, mai sfacciata. Affascinante la sua via San Romano (o Gobetti, non ricordo), porticata, forse l’unica?, dove i palazzi rivestiti di mattoni a vista emanano una bellezza calda, rustica, accogliente.Fra queste vie, ho scoperto un gioiello rinascimentale. No, non il palazzo dei Diamanti… non Schifanoia… Eccolo lì, sulla tavola, fumante: è al pastiz, altrimenti conosciuto come "Pasticcio di maccheroni alla ferrarese". Un relitto dei fasti della Corte estense, frutto, probabilmente, del geniale intuito di Cristoforo Messisbugo, uno dei più celebri cucinieri della storia.Mai mi sarei aspettata una delizia del genere. Un cuore di maccheroncini rigati, conditi con ragù bianco, besciamella, funghi e tartufo, incastonato in una crosta dorata di pasta frolla. Si, pasta frolla, pasta frolla dolce. Impossibile descrivere la fusione dei sapori: dolce e salato si sciolgono in bocca, diventano una cosa sola, nulla sa di stonato. In ordine di comparsa, la crosta, i maccheroni-e-la-besciamella, la carne, i funghi e il tartufo sfilano lungo il palato come una corte principesca, prima il cerimoniere, le guardie, cavalieri e principesse, il Re e la Regina per ultimi. Il Pasticcio è un tutt’uno armonioso. Perfetto. Compiuto.Non certo un piatto semplice, frugale, non certo mutuato dalla tradizione contadina. Il Pasticcio è un piatto che ha sangue blu. E’ il trionfo della ricchezza, dell’abbondanza, dell’opulenza, un metaforico scrigno ricolmo di perle, pietre e gioielli.  Il Pasticcio ti annienta. Di fronte a questo sfarzo, non puoi che chinare la testa. Questa era la Corte estense. Eccolo, il gioiello di Ferrara.