Gesù è Amore

Lei ha detto NO all'aborto


Lei ha detto No all'Aborto ! 
 
 
 Santa Gianna Beretta Molla.Estremamente limpida, estremamente graziosa. Così appare la dottoressa Gianna Beretta all’ingegnere Pietro Molla nei primi incontri. Si conoscono nel 1954 e si sposano a Magenta il 24 settembre 1955. Nella famiglia di lei, i Beretta milanesi, i 13 figli erano stati ridotti a otto dall’epidemia di “spagnola” dopo la guerra 1915/18 e da due morti nella prima infanzia. Dagli otto vengono fuori una pianista, due ingegneri, quattro medici e una farmacista. Uno degli ingegneri, Giuseppe, si fa poi sacerdote; e due dei medici diventeranno religiosi: Madre Virginia e Padre Alberto, missionari. Gianna, la penultima degli otto, nata nella casa dei nonni a Magenta, è medico chirurgo nel 1949 e specialista in pediatria nel 1952. Continua però a curare tutti, specialmente chi è vecchio e solo. Medico a 360 gradi. Per lei tutto è dovere, tutto è sacro: "Chi tocca il corpo di un paziente", dice, "tocca il corpo di Cristo". I coniugi vivono la robusta tradizione religiosa familiare (Messa e preghiera quotidiana, vita eucaristica) inserendola felicemente nella modernità. Gianna ama lo sport (sci) e la musica; dipinge, porta a teatro e ai concerti il marito, grande dirigente industriale sempre occupato. Vivono a Ponte Nuovo di Magenta, e lei arricchisce di novità gioiose anche la vita della locale Azione cattolica femminile: i “ritiri” sono momenti di forte interiorità, e lei vi aggiunge occasioni continue di festa: è davvero la collaboratrice della loro gioia. Vive questo incarico come la missione di medico: dopo la sua morte, il marito leggerà gli appunti con cui lei preparava gli incontri, scoprendovi "una connessione indissolubile tra amore e sacrificio". Nascono i figli: Pierluigi nel 1956, Maria Rita (Mariolina) nel 1957, Laura nel 1959. Settembre 1961, quarta gravidanza, ed ecco la scoperta di un fibroma all’utero, ecco l’ospedale, la gravità sempre più evidente del caso, la prospettiva di rinuncia alla maternità per non morire. E per non lasciare soli tre orfani. Ma Gianna ha la sua gerarchia di valori, che colloca al primo posto il diritto a nascere. E così decide: a prezzo della sua vita e del dolore dei suoi, a dispetto di tutto, Gianna Emanuela nasce, e sua madre può ancora tenerla tra le braccia, prima di morire il 28 aprile 1962. Una morte che è un messaggio luminoso d’amore. Ma ogni giorno della sua esistenza era stato già vissuto da Gianna nella luce. Proclamandola beata in Roma il 24 aprile 1994, Giovanni Paolo II ha voluto esaltare, insieme all’eroismo finale, la sua esistenza intera, l’insegnamento di tutta una vita. Così parla per lei Gianna Emanuela, la figlia nata dal suo sacrificio: "Sento in me la forza e il coraggio di vivere, sento che la vita mi sorride". E vuole rendere onore alla mamma, "dedicando la mia vita alla cura e all’assistenza agli anziani".E' stata proclamata santa da Giovanni Paolo II il 16 maggio 2004.   
   Il valore della vitaVi confesso che ho fatto una grande fatica a leggere questa notizia riportata su Avvenire martedì. Mi è suonato così strano, non mi sembrava di aver sentito la notizia dai TG o su altri giornali, se non quelli che partivano dallo sdegno della Curia o dalle colonne dell’Osservatore Romano. Ma è una storia che fa venire i brividi, forse un po’ di più per chi ha accanto un piccolo, un indifeso, un paio di occhietti vispi e curiosi sul mondo, e ti viene voglia di stringerteli forte al petto, come a voler compensare quella piccola vita spezzata ingiustamente. Ma i brividi non sono minori anche per le tante famiglie dove la gioia di un piccolino non è mai arrivata o per chi ha perso quella piccola vita insieme alla quale se ne è andato un pezzettino anche della propria, e ai brividi si aggiunge anche la rabbia.Sabato scorso una donna al quinto mese di gravidanza si è sottoposta ad un aborto “terapeutico” in un ospedale di Rossano in provincia di Cosenza, e il piccolo feto, non degnato di uno sguardo è stato abbandonato in un angoletto, destinato poi ad essere smaltito come rifiuto sanitario. La pietà cristiana ha voluto che il cappellano dell’ospedale il giorno seguente fosse andato a pregare su quel corpicino; grande la sua sorpresa quando si è accorto che proprio in quell’“aborto” scorreva ancora la vita. Vano il tentativo di trasportalo nel centro più specializzato che potesse tentare la rianimazione. Come poteva quell’esserino indifeso, sopravvivere 24 ore senza essere nutrito, protetto, coccolato, riscaldato? Prontamente sono stati inviati dal Ministero gli ispettori e di oggi è la notizia, riportata solo su Avvenire, che i sanitari dell’equipe sono stati indagati per omicidio volontario. Poi ci sarà l’autopsia! Mi ha colpito l’intervista di ieri a Casini, presidente nazionale del Movimento per la vita, che quasi con rassegnazione diceva che questo non è un caso isolato, ma che capita più di quanto possiamo pensare, e nei modi più impensabili. Nell’intervista rilasciata ieri a Viviana Daloiso diceva: “ La cultura della vita, fortunatamente, è più diffusa di quanto questi episodi facciano pensare. Credo però che i casi, come quello di Rossano, che arrivano effettivamente alla ribalta delle cronache, siano molti di più di quelli che si verificano…” (da Avvenire del 27/04/2010 pag 4)Oggi, sempre e solo Avvenire, raccontava la storia di un feto sopravvissuto e a cui è stata riconosciuta la dignità di persona dopo essere stato abortito:è stato accudito e strenuamente difeso dall’equipe medica che ha voluto dargli il nome augurale di Vittorino, perché lui la battaglia per la vita la doveva vincere e l’ha vinta anche grazie ed insieme a loro, e oggi è un bimbo sano e felice di 11 anni. (da Avvenire del 28/04/10 pag 11)La cosa che mi fa riflettere è l’indifferenza, l’assuefazione che un po’ dilaga rispetto a queste vicende. Delle 2 ragazze morte in gita a Ventotene si è detto per tanti giorni, si sono seguiti i funerali, intervistati i genitori disperati. Dei piccoli uccisi affogati in mare dalla madre, si è detto ed indagato sulla sua presunta depressione. Ma della piccola vita oggi non si dice quasi nulla e non gli si dà neanche la dignità di persona, ma rimane sempre e solo un “feto abortito”.La cosa che mi ha letteralmente sconvolta è proprio il silenzio dei media, giornali, tv, silenzio che ad esempio non si placa sull’albero in memoria delle stragi di mafia e in particolare dei giudici Falcone e Borsellino “spogliato” nella notte. Per carità, è simbolo di una corrente e di uno spirito di giustizia e legalità che per la Sicilia sono molto importanti…. Ma la vita? Sembra davvero che ci siamo assuefatti a queste brutalità, a questa indifferenza a questa facilità di fare e disfarsi di una vita, di un essere umano.Allora questo mio flusso di pensieri vuole solo sollecitare chi legge a rivolgere una preghiera in più al Signore della vita perché apra i nostri cuori, gli doni l’inquietudine e l’indignazione per notizie come questa, e sulle labbra faccia sgorgare quel “SI” alla vita sempre e comunque, perché come diceva un caro amico “possiamo imparare a scorgere Dio nelle piccole cose di ogni giorno e ci conceda di amare la vita, la nostra, così com’è!”