)* Inoltra: UN DIO, ma tante religioni e tante guerre . Ma è proprio così? Gli eventi di questi giorni più che mai inducono TUTTA la collettivitàumana a chiedersi cosa stia accadendo. Ognuno avrà la sua risposta: voleredivino, volere umano, volere della natura che si ribella, karma collettivo opersonale o delle nazioni, spiegazioni scientifiche razionali ed altreapparentemente irrazionali, e via via fino alle profezie. Al di là di tante risposte, delle quali magari OGNUNA contiene una parte diverità, mi sono domandata se, ALMENO TRA DI NOI, si potrebbe con buonavolontà partire da una basa COMUNE per cercare di individuare una parte del compito che penso singolarmente abbiamo, sia come componenti della societàpolitica,culturale e sociale, sia come componenti di una comunità virtuale,sia come componenti- per qualcuno, di UN CORPO unico sia materiale chespirituale. Insomma, rispettando ogni punto di vista ed ogni idea, ricordando che ognunopenso abbia un suo proprio pecorso, benchè Inscindibile da quello deglialtri (specie per chi crede che si sia UN CORPO UNICO, cioè UNO) mipiacerebbe sapere se almeno siamo d'accordo con quanto espresso per esempiodal seguente articolo, o quale accordo si potrebbe trovare. A che fine?.. vi chiederete? Non lo so...forse per fare il punto dellasituazione, forse per sentirmi più unita anche a voi tutti, forse perchèsemplicemente sto obbedendo a questo impulso di scrivere, e di scrivere apersone che, facendo parte di gruppi denominati "Angeli" o "Spiritualità" o "Medianità" o "Ponte..." o "Bosco Incantato"....ecc...(sono le com chefrequento virtualmente, oltre alle persone reali della mia vita) pensopossano farsi le stesse domande e cercare risposte adatte, PER ORA, perquesto momento della propria vita. Scusate quindi se posto un articolo altrui, ma meglio di me sintetetizzaalcuni accenni che ritengo essenziali. Non ditemi quindi di scrivere conla MIA testa perchè è chiaro che in linea di massima concordo con quantoposto. Buona lettura a voi, anche se penso che molti già sapranno le cose di cui siparla. Con amicizia MirellaSe Dio è uno, perché tante religioni? Da Focus – scoprire e capire il mondo N° 123 gennaio 2003 www.focus.it Pag 1/4 Nel nome di uno stesso Dio ebrei cristiani e musulmani pregano amano,guardano al futuro, ma può accadere che si facciano anche la guerra. Negliultimi tempi si tende a rimarcare differenze piuttosto che somiglianze:molti utilizzano luoghi comuni, scambiando tradizioni locali per verareligione, senza risparmiarci qualche “leggenda metropolitana”. • A lezione di religione Quasi mai però si fa riferimento alle dottrine originali di queste religioniche rivelano quanti siano i punti in comune fra le tre grandi fedimonoteiste, che tutte insieme rappresentano il credo di più della metà degliabitanti della Terra. E fanno capire che sono così sostanziali da rendereassurda e in-coerente qualsiasi pretesa di diffidare degli appartenenti adaltre religioni o, peggio ancora, nel vedere in loro “infedeli” o nemici dacombattere. • Il grande patriarca La figura biblica che unisce più di tutte è quella di Abramo, il padrespirituale, e forse anche reale, di ebrei, cristiani e musulmani. Abramo fuil grande pensatore che scopri l’evidenza diretta di un Dio unico. Fu ilfondatore del monoteismo. Dal suo seme, il testo biblico racconta, nacqueroIsmaele, dal quale sono discesi gli arabi o israeliti, e Isacco, da cuivennero gli ebrei e i cristiani. “Nella Bibbia si sancisce la fratellanzafra ebrei. cristiani e musulmani” spiega Jean Louis Ska, teologo delPontificio istituto biblico. Le parentele bibliche sono, in effetti, strette: la moglie di Abramo. Sara,non può avere figli e allora prega una schiava, Agar, di concepire unbambino con Abramo al posto suo. Una sorta di ricorso alla pratica modernadell'utero in affitto, perfettamente accettabile a quell’epoca. NasceIsmaele e poi, per intervento divino, già molto avanti nell'età, Sara riescea partorire lei stessa un figlio, Isacco, “Incomprensioni fra Sara e Agar,costringeranno Abramo a mandare via di casa, a malincuore, la schiava conIsmaele. Andranno nel deserto, dove però verranno sempre aiutati da unangelo mandato da Dio” sottolinea Ska. • Ismaele e Isacco E qui si scopre un secondo punto importante: nella Bibbia l'angelo rassicuraAgar dicendo che anche Ismaele fonderà un grande popolo di Dio. “E vero”conferma Elia Ricetti, rabbino capo di Venezia “si tratta di due patti.Distinti, ma di due patti”. Quindi la Bibbia afferma che Dio fece un pattocon Abramo e la sua discendenza attraverso Isacco (gli ebrei e, in seguito,i cristiani), ma che fece qualcosa di simile anche con Ismaele (i musulmani)La Bibbia ovviamente è prodiga di particolari sul primo dei due patti, datoche racconta le vicende degli ebrei. Ma a margine della cronaca ebraica, cisono altri dati a favore della sussistenza dell'altro patto e di un rispettoreciproco. “Isacco nella vita adulta va a fare visita al fratello Ismaele. Epoi Ismaele partecipa anche ai funerali di Sara e dello stesso Abramo.Quando Ismaele muore, vengono profuse nella Bibbia le stesse parole che siusano nei confronti dei giusti” spiega il rabbino. L'importanza del patriarca è riconosciuta anche dal Corano, dove si raccontail sacrificio compiuto da Abramo (senza specificare però il nome del figlioche il padre, messo alla prova da Dio. stava per immolare). • Abramo e la Mecca La festa più importante dell’Islam, la ‘id aI-adha, ricorda proprio ilsacrificio di Abramo, simbolo della sottomissione a Dio, ma anche dellamisericordia divina. Abramo e Ismaele, secondo il Corano, avrebbero insiemefondato la Kaaba della Mecca (la struttura che conserva la Pietra Nera), aconfermare lo strettissimo grado di parentela fra ebrei (da cui sidistaccarono i cristiani) e musulmani. “Che si riflette anche dal punto divista culturale” spiega Ska. «Abramo, che a 75 anni, su chiamata del Signorelascia la casa del padre (un venditore di idoli) per fondare il popolo diDio, è l'uomo che rompe i ponti con il passato, è il superamento del mito diUlisse e del concetto greco dell'eterno ritorno. Con Dio non si tornaindietro, si bruciano le navi e si va avanti, verso il cambiamento. ConAbramo la religione diventa storia. Infatti se prima la religione era legataa una dimensione mitica della creazione, in un tempo indefinito, al di fuoridi una dimensione storica, nella Bibbia Dio si muove nella storia e, anzi,ne determina con gli uomini gli avvenimenti. Da modo per affrontare eventiparticolari. come il cambiamento delle stagioni, le carestie o la morte, lareligione diventa con Abramo pratica quotidiana. portatrice di etica e divalori che tutti devono rispettare nella società. Il fatto di dettare uno stile di vita e di proiettarsi nella costruzionedella storia umana, oltre al gusto per la scienza, accomuna le tre grandireligioni. • Jesus Christ superstar Un altro dato stranamente poco noto in Occidente è la popolarità di Gesù nelmondo musulmano. “Per i musulmani” chiarisce l'imam Yahya Sergio Yahe Pallavicini, direttoredella Comunità religiosa islamica italiana “Gesù è un profeta moltoparticolare, perché ha portato (di persona) la parola di Dio a un livelloanalogo al Corano. Molti sapienti musulmani fanno un parallelo fra leucarestia dei cristiani e la recitazione dei versi del Corano. Nell'Islamsi ritiene che Gesù sia il maestro del soffio divino della vita. Inoltre, ilCorano riconosce grande importanza a Maria di cui si sottolinea lo stato diverginità”. E’ il ruolo di Gesù (lbn Mariam, cioè figlio di Maria), nato si a Betlemme,ma sotto una palma, e che per il Corano non è mai morto in quanto Dio loavrebbe elevato in cielo da vivo, è fondamentale per i musulmani. Anche lorocredono nel giorno del giudizio, ma non pensano che a giudicarli verrà illoro amato profeta Muhammad (Maometto). Chi allora? A tornare sulla Terrasarà proprio il padre della religione cristiana: “Il compito, è scritto nelCorano, sarà di Gesù” spiega Pallavicini, che non vede in ciò alcunacontraddizione. “L'Islam riconosce i profeti biblici della tradizioneebraica, la figura di Gesù e molti santi cristiani. Siamo tutti discendentidi Abramo, ma ancor prima di Sem (altra figura biblica), dal quale vengono ipopoli semitici”. Una discendenza confermata anche dalla scienza: la modernagenetica ha dimostrato che ebrei e palestinesi sono geneticamente uguali,hanno gli stessi antenati. • Rivolte a tutti La dimensione etica delle tre grandi religioni non deriva solo da unconcetto di parentela. più importante ancora è il loro carattere universale,cioè aperto a tutti. San Paolo, il grande promotore della religione cristiana e colui che presele distanze dal mondo ebraico. nella sua Lettera ai Romani e in altridocumenti fa riferimento ad Abramo con un numero di citazioni inferiori soloa quelle dedicate a Gesù. E sottolinea che Abramo scoprì Dio ben prima delpatto della circoncisione (praticata poi anche dai musulmani) e che pertantonon è necessario circoncidersi e far parte della stirpe ebraica per seguireil Signore. “Ma va ricordato che la vocazione universalistica c'è semprestata fra gli ebrei” spiega il rabbino di Venezia. Universalistica è anchela religione musulmana (“Che non fa alcuna discriminazione di razza o dicenso” ribadisce Pallavicini). • Umili, schiavi, oppressi Le tre grandi religioni non sono nate "aristocratiche" e hanno lacaratteristica di rivolgersi a tutti con una certa attenzione ai problemisociali. Quella ebraica è stata la religione di un popolo di schiavi, quellacristiana inizia come speranza per gli oppressi, quella musulmana ha purefondato il suo successo fra gli umili. “Non è un caso che uno dei cinque pilastri dell'islam sia la decima, lelemosina del 10 per cento del proprio guadagno per i bisognosi” spiegaPallavicini. In pratica è l'altra faccia della carità cristiana o dellasolidarietà ebraica. “Le tre religioni hanno in comune la ricerca del bene,la pratica quotidiana della preghiera e un forte interesse per lacollettività”. E aggiunge Richetti: “Io trovo che in comune abbiamo il senso di giustizia,il rispetto per i bisogni del prossimo, della vita, l'idea che tutti sonofigli di Dio, la sacralità della famiglia, ancora punto di appoggiofondamentale per gli esseri umani”. Ce n'è insomma a sufficienza per pensareche le tre religioni, invece che per cementare l’odio reciproco, possanoservire per combatterlo. La religione non è mai la causa diretta dei massacri, ma un pretesto perfarli. “Non conosco un solo caso di vera guerra di religione. La storia dimostrache la religione non è mai in primo piano fra le cause di una guerra”. Afare questa affermazione netta è Franco Cardini. ordinario di storiamedioevale all’Università di Firenze, studioso abituato a districarsi fra inomi e le date che scandiscono anche episodi poco edificanti, come assassinimassacri e saccheggi, riconducibili a principi cristiani ed emiri musulmani“A seconda delle epoche, la guerra può avvalersi di contenuti più o menosacri, che appaiono però secondari rispetto a obiettivi sociali e politici”spiega Cardini. “Questa è una verità che gli esperti conoscono, ma difficileda divulgare perché poi si tende a semplificare, finendo così per ribadireun concetto sbagliato”. Questo non significa però che la religione non sia una componente importantenelle guerre: “Dato che morire per prosaici motivi economici di conquistanon è edificante, si offrono agli individui che devono combattere motivialti: la religione ovviamente ne contiene parecchi”. Il problema, semmai èche questo è avvenuto spesso con il consenso dei rappresentanti ufficialidelle diverse religioni.. Ci sono poi, secondo Cardini, guerre definite comelaiche che arrivano ad avere forti connotati religiosi, come la guerracivile spagnola. E guerre cosiddette religiose con contenuti "laici": peresempio, il saccheggio dei lanzichenecchi di Roma nel 1507 o la battaglia diLepanto, in realtà una lotta per il possesso di Cipro. “Che le tre religionidi Abramo possano ammettere la guerra santa è proprio da escludere” affermaCardini. “Il tentativo di spacciare una guerra come religiosamente pura èsolo un alibi. Lo stesso Sant'Agostino non parlava di guerra giusta. Volevasolo affermare il principio legale della guerra, dove la responsabilità nonriguarda più il singolo cristiano, ma i governi. Per non parlare del Jihad. che ha soprattutto a che fare con la lotta interiore, ma che continuaa essere tradotta come guerra agli infedeli”. • L'Europa copiò l'Islam Nelle guerre, la religione avrebbe insomma il ruolo di "marcatore culturale"così come l'amore per la patria, l'attaccamento alla tribù o a una fazionepolitica, componenti per cementare l'azione del gruppo combattente. Ma comela mettiamo con le crociate? Per Cardini neanche le crociate erano pureguerre di religione. Venivano infatti definiti pellegrinaggi armati, lobiettivo era liberare Gerusalemme e non convertire i musulmani. Dellostesso parere è Ahmad 'Abd al Walivv Vincenzo, storico della UniversitàFederico Il di Napoli. “Le crociate sono state un modo di aprirsi la stradaa oriente in un periodo in cui l'Europa era isolata e depressaeconomicamente. Nel bene e nel male hanno messo in contatto due mondi,nemmeno troppo diversi, che finirono per migliorarsi reciprocamente” diceVincenzo. “Basta ricordare lo sviluppo della medicina e della matematica, eche le università in Occidente prima delle crociate non esistevano: nacquerosul modello delle scuole musulmane”, Autore di “Islam, l'altra civiltà”,Vincenzo nega il concetto stesso di guerre di religione. Partendo da unaconsiderazione: “Non ci sono mai state aree omogenee di culto”, cioèdefinite in modo rigido entro confini geografici. La situazione era moltopiù articolata. Pensiamo al pluralismo religioso nell'impero romano, o aBaghdad, sede del califfato prima del 1256: oltre ai musulmani, vi era il30% di ebrei, zoroastriani e cristiani con proprie amministrazioni religioseUn modello ripreso poi a Istanbul”. Lo stesso impero ottomano si fondavasul pluralismo religioso, per cui dai Balcani fino all'Ungheria esisteva unaprevalenza cristiana. A Cordova durante l'occupazione araba, la biblioteca conteneva 4 milioni divolumi e venne conservata la cultura greca: gli scambi fra ebrei, cristianie musulmani erano incentivati, così come in Sicilia con l'imperatorecristiano Federico Il. “I mondi religiosi omogenei e contrapposti sono soloun’interpretazione dei nostri tempi” afferma Vincenzo. “Una religione si puòdifendere, ma non imporre con la forza”. Le analisi per il passato sono ancora valide per le guerre di oggi? Il libroinchiesta “Il Dio della guerra” (A. Guerini) conferma la tesi dellareligione come alibi. Gli autori, Emanuele Giordana e Paolo Affatato, hanno pesato il fattorereligioso in Cecenia, Indonesia, nei Balcani e in altre zone di conflittietnico-religiosi. • Bosniaci? No, musulmani E anche il ruolo giocato dai luoghi comuni. “Per esempio, la definizionedell'esercito bosniaco come "musulmano" nasce dalle corrispondenze delleagenzie e dei quotidiani occidentali. L'esercito all'inizio era nazionale epluralista: un inviato del quotidiano francese “Le Monde” ci ha detto chenei suoi articoli scriveva "esercito bosniaco", ma in redazione a Parigicambiavano in “esercito musulmano", dato che vedere una guerra con la lentedella religione era un modo per semplificare. Alcuni luoghi comuni,continuamente ripetuti dagli organi d'informazione, hanno certamentecontribuito ad amplificare gli aspetti religiosi del conflitto”. Che restanoperò secondari nelle recenti guerre balcaniche, “In realtà” ritengono gliautori “lobby nazionaliste hanno strumentalizzato le diverse identitàreligiose”. • Armi e interessi Pure in Cecenia. è la guerra a usare la religione e non viceversa: ifondamentalisti islamici sono emersi di recente, in concomitanza con leaspirazioni di potere di alcuni capi locali. Ma il loro generale, Khattab,ha raccolto molti consensi sulle macerie della politica repressiva di Eltsinin Cecenia fino al 1996. “La leadership locale pensava di controllare ifondamentalisti, così come lo credeva l'esercito russo, che listrumentalizzava per legittimare le sue violazioni dei diritti umani sullapopolazione”.
Post N° 447
)* Inoltra: UN DIO, ma tante religioni e tante guerre . Ma è proprio così? Gli eventi di questi giorni più che mai inducono TUTTA la collettivitàumana a chiedersi cosa stia accadendo. Ognuno avrà la sua risposta: voleredivino, volere umano, volere della natura che si ribella, karma collettivo opersonale o delle nazioni, spiegazioni scientifiche razionali ed altreapparentemente irrazionali, e via via fino alle profezie. Al di là di tante risposte, delle quali magari OGNUNA contiene una parte diverità, mi sono domandata se, ALMENO TRA DI NOI, si potrebbe con buonavolontà partire da una basa COMUNE per cercare di individuare una parte del compito che penso singolarmente abbiamo, sia come componenti della societàpolitica,culturale e sociale, sia come componenti di una comunità virtuale,sia come componenti- per qualcuno, di UN CORPO unico sia materiale chespirituale. Insomma, rispettando ogni punto di vista ed ogni idea, ricordando che ognunopenso abbia un suo proprio pecorso, benchè Inscindibile da quello deglialtri (specie per chi crede che si sia UN CORPO UNICO, cioè UNO) mipiacerebbe sapere se almeno siamo d'accordo con quanto espresso per esempiodal seguente articolo, o quale accordo si potrebbe trovare. A che fine?.. vi chiederete? Non lo so...forse per fare il punto dellasituazione, forse per sentirmi più unita anche a voi tutti, forse perchèsemplicemente sto obbedendo a questo impulso di scrivere, e di scrivere apersone che, facendo parte di gruppi denominati "Angeli" o "Spiritualità" o "Medianità" o "Ponte..." o "Bosco Incantato"....ecc...(sono le com chefrequento virtualmente, oltre alle persone reali della mia vita) pensopossano farsi le stesse domande e cercare risposte adatte, PER ORA, perquesto momento della propria vita. Scusate quindi se posto un articolo altrui, ma meglio di me sintetetizzaalcuni accenni che ritengo essenziali. Non ditemi quindi di scrivere conla MIA testa perchè è chiaro che in linea di massima concordo con quantoposto. Buona lettura a voi, anche se penso che molti già sapranno le cose di cui siparla. Con amicizia MirellaSe Dio è uno, perché tante religioni? Da Focus – scoprire e capire il mondo N° 123 gennaio 2003 www.focus.it Pag 1/4 Nel nome di uno stesso Dio ebrei cristiani e musulmani pregano amano,guardano al futuro, ma può accadere che si facciano anche la guerra. Negliultimi tempi si tende a rimarcare differenze piuttosto che somiglianze:molti utilizzano luoghi comuni, scambiando tradizioni locali per verareligione, senza risparmiarci qualche “leggenda metropolitana”. • A lezione di religione Quasi mai però si fa riferimento alle dottrine originali di queste religioniche rivelano quanti siano i punti in comune fra le tre grandi fedimonoteiste, che tutte insieme rappresentano il credo di più della metà degliabitanti della Terra. E fanno capire che sono così sostanziali da rendereassurda e in-coerente qualsiasi pretesa di diffidare degli appartenenti adaltre religioni o, peggio ancora, nel vedere in loro “infedeli” o nemici dacombattere. • Il grande patriarca La figura biblica che unisce più di tutte è quella di Abramo, il padrespirituale, e forse anche reale, di ebrei, cristiani e musulmani. Abramo fuil grande pensatore che scopri l’evidenza diretta di un Dio unico. Fu ilfondatore del monoteismo. Dal suo seme, il testo biblico racconta, nacqueroIsmaele, dal quale sono discesi gli arabi o israeliti, e Isacco, da cuivennero gli ebrei e i cristiani. “Nella Bibbia si sancisce la fratellanzafra ebrei. cristiani e musulmani” spiega Jean Louis Ska, teologo delPontificio istituto biblico. Le parentele bibliche sono, in effetti, strette: la moglie di Abramo. Sara,non può avere figli e allora prega una schiava, Agar, di concepire unbambino con Abramo al posto suo. Una sorta di ricorso alla pratica modernadell'utero in affitto, perfettamente accettabile a quell’epoca. NasceIsmaele e poi, per intervento divino, già molto avanti nell'età, Sara riescea partorire lei stessa un figlio, Isacco, “Incomprensioni fra Sara e Agar,costringeranno Abramo a mandare via di casa, a malincuore, la schiava conIsmaele. Andranno nel deserto, dove però verranno sempre aiutati da unangelo mandato da Dio” sottolinea Ska. • Ismaele e Isacco E qui si scopre un secondo punto importante: nella Bibbia l'angelo rassicuraAgar dicendo che anche Ismaele fonderà un grande popolo di Dio. “E vero”conferma Elia Ricetti, rabbino capo di Venezia “si tratta di due patti.Distinti, ma di due patti”. Quindi la Bibbia afferma che Dio fece un pattocon Abramo e la sua discendenza attraverso Isacco (gli ebrei e, in seguito,i cristiani), ma che fece qualcosa di simile anche con Ismaele (i musulmani)La Bibbia ovviamente è prodiga di particolari sul primo dei due patti, datoche racconta le vicende degli ebrei. Ma a margine della cronaca ebraica, cisono altri dati a favore della sussistenza dell'altro patto e di un rispettoreciproco. “Isacco nella vita adulta va a fare visita al fratello Ismaele. Epoi Ismaele partecipa anche ai funerali di Sara e dello stesso Abramo.Quando Ismaele muore, vengono profuse nella Bibbia le stesse parole che siusano nei confronti dei giusti” spiega il rabbino. L'importanza del patriarca è riconosciuta anche dal Corano, dove si raccontail sacrificio compiuto da Abramo (senza specificare però il nome del figlioche il padre, messo alla prova da Dio. stava per immolare). • Abramo e la Mecca La festa più importante dell’Islam, la ‘id aI-adha, ricorda proprio ilsacrificio di Abramo, simbolo della sottomissione a Dio, ma anche dellamisericordia divina. Abramo e Ismaele, secondo il Corano, avrebbero insiemefondato la Kaaba della Mecca (la struttura che conserva la Pietra Nera), aconfermare lo strettissimo grado di parentela fra ebrei (da cui sidistaccarono i cristiani) e musulmani. “Che si riflette anche dal punto divista culturale” spiega Ska. «Abramo, che a 75 anni, su chiamata del Signorelascia la casa del padre (un venditore di idoli) per fondare il popolo diDio, è l'uomo che rompe i ponti con il passato, è il superamento del mito diUlisse e del concetto greco dell'eterno ritorno. Con Dio non si tornaindietro, si bruciano le navi e si va avanti, verso il cambiamento. ConAbramo la religione diventa storia. Infatti se prima la religione era legataa una dimensione mitica della creazione, in un tempo indefinito, al di fuoridi una dimensione storica, nella Bibbia Dio si muove nella storia e, anzi,ne determina con gli uomini gli avvenimenti. Da modo per affrontare eventiparticolari. come il cambiamento delle stagioni, le carestie o la morte, lareligione diventa con Abramo pratica quotidiana. portatrice di etica e divalori che tutti devono rispettare nella società. Il fatto di dettare uno stile di vita e di proiettarsi nella costruzionedella storia umana, oltre al gusto per la scienza, accomuna le tre grandireligioni. • Jesus Christ superstar Un altro dato stranamente poco noto in Occidente è la popolarità di Gesù nelmondo musulmano. “Per i musulmani” chiarisce l'imam Yahya Sergio Yahe Pallavicini, direttoredella Comunità religiosa islamica italiana “Gesù è un profeta moltoparticolare, perché ha portato (di persona) la parola di Dio a un livelloanalogo al Corano. Molti sapienti musulmani fanno un parallelo fra leucarestia dei cristiani e la recitazione dei versi del Corano. Nell'Islamsi ritiene che Gesù sia il maestro del soffio divino della vita. Inoltre, ilCorano riconosce grande importanza a Maria di cui si sottolinea lo stato diverginità”. E’ il ruolo di Gesù (lbn Mariam, cioè figlio di Maria), nato si a Betlemme,ma sotto una palma, e che per il Corano non è mai morto in quanto Dio loavrebbe elevato in cielo da vivo, è fondamentale per i musulmani. Anche lorocredono nel giorno del giudizio, ma non pensano che a giudicarli verrà illoro amato profeta Muhammad (Maometto). Chi allora? A tornare sulla Terrasarà proprio il padre della religione cristiana: “Il compito, è scritto nelCorano, sarà di Gesù” spiega Pallavicini, che non vede in ciò alcunacontraddizione. “L'Islam riconosce i profeti biblici della tradizioneebraica, la figura di Gesù e molti santi cristiani. Siamo tutti discendentidi Abramo, ma ancor prima di Sem (altra figura biblica), dal quale vengono ipopoli semitici”. Una discendenza confermata anche dalla scienza: la modernagenetica ha dimostrato che ebrei e palestinesi sono geneticamente uguali,hanno gli stessi antenati. • Rivolte a tutti La dimensione etica delle tre grandi religioni non deriva solo da unconcetto di parentela. più importante ancora è il loro carattere universale,cioè aperto a tutti. San Paolo, il grande promotore della religione cristiana e colui che presele distanze dal mondo ebraico. nella sua Lettera ai Romani e in altridocumenti fa riferimento ad Abramo con un numero di citazioni inferiori soloa quelle dedicate a Gesù. E sottolinea che Abramo scoprì Dio ben prima delpatto della circoncisione (praticata poi anche dai musulmani) e che pertantonon è necessario circoncidersi e far parte della stirpe ebraica per seguireil Signore. “Ma va ricordato che la vocazione universalistica c'è semprestata fra gli ebrei” spiega il rabbino di Venezia. Universalistica è anchela religione musulmana (“Che non fa alcuna discriminazione di razza o dicenso” ribadisce Pallavicini). • Umili, schiavi, oppressi Le tre grandi religioni non sono nate "aristocratiche" e hanno lacaratteristica di rivolgersi a tutti con una certa attenzione ai problemisociali. Quella ebraica è stata la religione di un popolo di schiavi, quellacristiana inizia come speranza per gli oppressi, quella musulmana ha purefondato il suo successo fra gli umili. “Non è un caso che uno dei cinque pilastri dell'islam sia la decima, lelemosina del 10 per cento del proprio guadagno per i bisognosi” spiegaPallavicini. In pratica è l'altra faccia della carità cristiana o dellasolidarietà ebraica. “Le tre religioni hanno in comune la ricerca del bene,la pratica quotidiana della preghiera e un forte interesse per lacollettività”. E aggiunge Richetti: “Io trovo che in comune abbiamo il senso di giustizia,il rispetto per i bisogni del prossimo, della vita, l'idea che tutti sonofigli di Dio, la sacralità della famiglia, ancora punto di appoggiofondamentale per gli esseri umani”. Ce n'è insomma a sufficienza per pensareche le tre religioni, invece che per cementare l’odio reciproco, possanoservire per combatterlo. La religione non è mai la causa diretta dei massacri, ma un pretesto perfarli. “Non conosco un solo caso di vera guerra di religione. La storia dimostrache la religione non è mai in primo piano fra le cause di una guerra”. Afare questa affermazione netta è Franco Cardini. ordinario di storiamedioevale all’Università di Firenze, studioso abituato a districarsi fra inomi e le date che scandiscono anche episodi poco edificanti, come assassinimassacri e saccheggi, riconducibili a principi cristiani ed emiri musulmani“A seconda delle epoche, la guerra può avvalersi di contenuti più o menosacri, che appaiono però secondari rispetto a obiettivi sociali e politici”spiega Cardini. “Questa è una verità che gli esperti conoscono, ma difficileda divulgare perché poi si tende a semplificare, finendo così per ribadireun concetto sbagliato”. Questo non significa però che la religione non sia una componente importantenelle guerre: “Dato che morire per prosaici motivi economici di conquistanon è edificante, si offrono agli individui che devono combattere motivialti: la religione ovviamente ne contiene parecchi”. Il problema, semmai èche questo è avvenuto spesso con il consenso dei rappresentanti ufficialidelle diverse religioni.. Ci sono poi, secondo Cardini, guerre definite comelaiche che arrivano ad avere forti connotati religiosi, come la guerracivile spagnola. E guerre cosiddette religiose con contenuti "laici": peresempio, il saccheggio dei lanzichenecchi di Roma nel 1507 o la battaglia diLepanto, in realtà una lotta per il possesso di Cipro. “Che le tre religionidi Abramo possano ammettere la guerra santa è proprio da escludere” affermaCardini. “Il tentativo di spacciare una guerra come religiosamente pura èsolo un alibi. Lo stesso Sant'Agostino non parlava di guerra giusta. Volevasolo affermare il principio legale della guerra, dove la responsabilità nonriguarda più il singolo cristiano, ma i governi. Per non parlare del Jihad. che ha soprattutto a che fare con la lotta interiore, ma che continuaa essere tradotta come guerra agli infedeli”. • L'Europa copiò l'Islam Nelle guerre, la religione avrebbe insomma il ruolo di "marcatore culturale"così come l'amore per la patria, l'attaccamento alla tribù o a una fazionepolitica, componenti per cementare l'azione del gruppo combattente. Ma comela mettiamo con le crociate? Per Cardini neanche le crociate erano pureguerre di religione. Venivano infatti definiti pellegrinaggi armati, lobiettivo era liberare Gerusalemme e non convertire i musulmani. Dellostesso parere è Ahmad 'Abd al Walivv Vincenzo, storico della UniversitàFederico Il di Napoli. “Le crociate sono state un modo di aprirsi la stradaa oriente in un periodo in cui l'Europa era isolata e depressaeconomicamente. Nel bene e nel male hanno messo in contatto due mondi,nemmeno troppo diversi, che finirono per migliorarsi reciprocamente” diceVincenzo. “Basta ricordare lo sviluppo della medicina e della matematica, eche le università in Occidente prima delle crociate non esistevano: nacquerosul modello delle scuole musulmane”, Autore di “Islam, l'altra civiltà”,Vincenzo nega il concetto stesso di guerre di religione. Partendo da unaconsiderazione: “Non ci sono mai state aree omogenee di culto”, cioèdefinite in modo rigido entro confini geografici. La situazione era moltopiù articolata. Pensiamo al pluralismo religioso nell'impero romano, o aBaghdad, sede del califfato prima del 1256: oltre ai musulmani, vi era il30% di ebrei, zoroastriani e cristiani con proprie amministrazioni religioseUn modello ripreso poi a Istanbul”. Lo stesso impero ottomano si fondavasul pluralismo religioso, per cui dai Balcani fino all'Ungheria esisteva unaprevalenza cristiana. A Cordova durante l'occupazione araba, la biblioteca conteneva 4 milioni divolumi e venne conservata la cultura greca: gli scambi fra ebrei, cristianie musulmani erano incentivati, così come in Sicilia con l'imperatorecristiano Federico Il. “I mondi religiosi omogenei e contrapposti sono soloun’interpretazione dei nostri tempi” afferma Vincenzo. “Una religione si puòdifendere, ma non imporre con la forza”. Le analisi per il passato sono ancora valide per le guerre di oggi? Il libroinchiesta “Il Dio della guerra” (A. Guerini) conferma la tesi dellareligione come alibi. Gli autori, Emanuele Giordana e Paolo Affatato, hanno pesato il fattorereligioso in Cecenia, Indonesia, nei Balcani e in altre zone di conflittietnico-religiosi. • Bosniaci? No, musulmani E anche il ruolo giocato dai luoghi comuni. “Per esempio, la definizionedell'esercito bosniaco come "musulmano" nasce dalle corrispondenze delleagenzie e dei quotidiani occidentali. L'esercito all'inizio era nazionale epluralista: un inviato del quotidiano francese “Le Monde” ci ha detto chenei suoi articoli scriveva "esercito bosniaco", ma in redazione a Parigicambiavano in “esercito musulmano", dato che vedere una guerra con la lentedella religione era un modo per semplificare. Alcuni luoghi comuni,continuamente ripetuti dagli organi d'informazione, hanno certamentecontribuito ad amplificare gli aspetti religiosi del conflitto”. Che restanoperò secondari nelle recenti guerre balcaniche, “In realtà” ritengono gliautori “lobby nazionaliste hanno strumentalizzato le diverse identitàreligiose”. • Armi e interessi Pure in Cecenia. è la guerra a usare la religione e non viceversa: ifondamentalisti islamici sono emersi di recente, in concomitanza con leaspirazioni di potere di alcuni capi locali. Ma il loro generale, Khattab,ha raccolto molti consensi sulle macerie della politica repressiva di Eltsinin Cecenia fino al 1996. “La leadership locale pensava di controllare ifondamentalisti, così come lo credeva l'esercito russo, che listrumentalizzava per legittimare le sue violazioni dei diritti umani sullapopolazione”.