Luna Park Mentale

RACCONTI STONATI: NOTTURNO URBANO


Premessa: questo è un post un pò diverso dai soliti di questo blog: è un esperimento di breve racconto, forse il primo e l'ultimo. "Racconti stonati" perchè nascono dall' ascolto di una canzone rielaborata in storia (breve), ma dalle mani di uno che scrittore non è, e quindi ci può stare qualche "stecca". In fondo al post c'è il pezzo da cui ha origine il tutto. Buona lettura.Mezzanotte: l'ora delle streghe. O meglio dell'inizio del suo "show". Ormai erano 10 anni che Luca lavorava in quella radio: aveva condotto sempre e solo programmi notturni perchè a quegli orari le emittenti non hanno l'ossessione degli ascolti, c'è più libertà. E poi perchè la notte era un pò casa sua, il giorno gli stava stretto.Taciturno e solitario nella vita di tutti i giorni, ogni volta che inforcava le cuffie e apriva il microfono si trasformava: adorava parlare a ruota libera nascondendosi nelle pieghe dell'FM, quando lo faceva gli sembrava di trovarsi a una tavolata di amici. Lui e gli ascoltatori erano diventati quasi una famiglia: alcuni li conosceva davvero, altri erano presenze impalpabili ma sempre costanti  dall'altra parte dell'etere che si palesavano attraverso telefonate, sms, mail. Ma forse lui sentiva che questa era la sua vera famiglia, e non quella biologica, che l'aveva sempre osteggiato nel suo percorso artistico. "Trovati un lavoro serio" dicevano sempre i genitori, convinti che fare lo speaker radiofonico fosse una perdita di tempo, un passatempo da ragazzini: Luca doveva fare l'avvocato come il padre, non il saltimbanco dietro un microfono. E anche se era riuscito a togliersi diverse soddisfazioni con questo mestiere, il ragazzo era sempre considerato la pecora nera della famiglia.Il suo momento preferito era quando alla una apriva i telefoni e mandava tutti in diretta per far dire a ognuno qualsiasi cosa gli passasse per la testa: si perchè per lui la notte era anche questo, comunicare senza filtri a uno sconosciuto cose che di giorno non ti sogneresti di dire a nessuno, forse nemmeno a te stesso. Questo "contatto mentale" gli aveva permesso di conoscere tante storie: la ragazza in crisi col partner che chiedeva consiglio, gli operai che facevano il turno di notte alla catena di montaggio a cui faceva compagnia durante il loro duro lavoro, uomini disperati per un divorzio da poco consumato, insonni che cercavano nell'oscurità delle 2 le risposte a domande che forse mai si erano davvero posti, o semplicemente quelli a cui piaceva fare le ore piccole ogni notte e non solo nei week-end.Erano le 2:55, scorrevano le note dell'ultimo disco e doveva salutare, perchè alle 3 si chiudeva: "buonanotte a quelli che ogni notte puoi giurarci che son presenti, e lo saranno. grazie". Era il suo saluto di ogni notte. Spense il microfono, salutò il fonico, si infilò il giaccone e uscì dalla sede della radio: l'oscurità avvolgeva i suoi pensieri, sempre confusi. Ma quella notte di venerdi c'era anche una vena di malinconia: quella era stata l'ultima puntata del suo programma, da li in poi avrebbe appeso le cuffie al chiodo. Non sapeva se era giusto cosi, ma da lunedi avrebbe cominciato a fare l'avvocato..  (Ligabue - Chissà se in cielo passano gli who)P.S. Se fa cagare potete dirlo tranquillamente :-)