Lunatatuata...

A te che sei volato via....


Ho scoperto di non avere una foto insieme a te....ma la tua foto più bella ce l'ho ogni giorno sulla mia scrivania...quella foto in barca con lo sfondo del mare...tu mi guardi...non stai sorridendo...ma hai uno sguardo sereno...pulito....ti guardo ogni volta che la mia vita va a pezzi  e cerco in quello sguardo conforto... ti guardo ogni volta che la mia vita va a gonfie vele  e cerco in quello sguardo condivisione....ti guardo e sorrido...amo il tuo sorriso finestra aperta del tuo essere...amo il tuo sguardo specchio della tua onestà...cerco ancora la tua mano sempre tesa nel dare...ricordo i tuoi abbracci accoglienza sincera del tuo cuore...sento la tua parola espressione di ciò che amavi e in cui credevi...anelo l'eloquenza del tuo silenzio...hai hai costruito un mondo dentro di me....hai fatto per me più di quanto abbia fatto la fede per rendermi migliore, hai fatto per me più di quanto abbia fatto il destino per rendermi felice......un altro anno è passato...ma tu non passi mai.....MI MANCHI FABIO.......Ormai quell'uomo errava con me nell'animo e la mia anima non poteva stare senza di lui. Ed ecco che tu, che incombi alle spalle dei tuoi fuggitivi, "Dio delle vendette" e nello stesso tempo fonte di ogni misericordia, che ci converti a te in modi stupefacenti, ecco che lo togliesti da questa vita, dopo che aveva trascorso un anno appena nella mia amicizia, per me dolce al di sopra di tutte le dolcezze di quella mia vita. Da questo dolore il mio cuore fu ricoperto di tenebra, e tutto ciò che vedevo era morte. E la patria era per me un supplizio, e la casa paterna una incredibile infelicità, e tutto ciò che avevo messo in comune con lui, senza di lui si era mutato in una sofferenza lacerante. I miei occhi lo cercavano dovunque, e non lo trovavano; e odiavo tutte le cose perché non avevano lui, e non potevano più dirmi: "Eccolo, verrà", come quando da vivo non era lì. Io stesso ero divenuto per me un grosso punto interrogativo, e chiedevo alla mia anima perché fosse triste, perché mi tormentasse tanto, e non sapeva rispondermi niente. E se le dicevo: "Spera in Dio", giustamente non mi obbediva, perché era più vero e migliore quell' uomo carissimo che aveva perso, di quel fantasma in cui le ordinavo di sperare. Solo il pianto mi era dolce. Ed io continuavo ad essere per me un luogo di infelicità, dove non potevo restare, dal quale non potevo fuggire.  (Agostino, Confessioni 4. 4. 7 - 7.12 passim)