LuvelioJUSA

Artù ha perduto il Graal


Non so se avete già avuto modo di vedere il  King Arthur di Antoine Fuqua, prossimamente nelle sale italiane, ma sono sicuro che non potrete vedendolo non  restare colpiti dall’originalità di una storia e soprattutto di personaggi che nella immaginazione di tutti noi comuni sognatori, apparivano decisamente differenti. Siamo d’accordo nel rilasciare senza ricorso la licenza artistica al cinema di stravolgere a suo uso e consumo le più -improfanabili saghe o tradizioni, ma Re Artù, Lancillotto e gli altri eroi della Tavola Rotonda sono famosi nella fantasia degli europei nell’ abbinamento  esclusivo alla Croce Cristiana, e il Santo Graal e la sua ricerca costituiscono uno dei capitoli più celebri ed emblematici di tutta la leggenda. Il film di Fuqua, bello per ogni altro aspetto, crea un po’ di confusione rispetto all’immagine che lo spettatore serba prima di entrare in sala e quella cui è costretto uscendone. A parte l’obliterazione del calice Sacro, che sparisce senza appello dalla scena, vengono inseriti una serie di elementi estranei rispetto ad ogni tradizionale approccio storiografico e filologico sul ciclo bretone. La produzione del film giustifica il fatto sulla base di recenti scoperte storiche che ambienterebbero Artù nella Provincia Britanna del V secolo e identificherebbe i cavalieri dalla tavola rotonda con quei Sarmati che Marco Aurelio una volta sconfitti, costrinse a prestare servizio militare per l’Impero. Ma a questa collocazione nuova alla quale si potrebbe soprassedere se non altro per il piacere di una evoluzione storiografica, resta più difficile accettare un Lancillotto “Tra-Sfigurato” da paladino della Croce ad alfiere di un giacobinismo del tipo più propriamente moderno. Ad un tratto del film a Lancillotto viene fatto pronunciare nei confronti di un Artù in preghiera di fronte al Dio Cristiano: -Ma cosa credi di risolvere implorandoti addosso. Io biasimo tutto quello che costringe un uomo ad inginocchiarsi.- Qualcuno potrebbe obiettare si tratti invero di un Lancillotto Pagano, vista pure l’originalità Sarmata, ma la caratterizzazione del personaggio è invece palesemente e volutamente sulla falsa-riga del tipo anarco-giacobino. Ciò che resta del tradizionale Cavaliere è il coraggio nella sua variante più incosciente, mentre tutti gli altri elementi di riconoscimento  lasciano spiazzati di fronte ad un personaggio del tutto nuovo alle tradizioni. Siamo d’accordo del resto che la caratterizzazione cristiana delle leggende legate ai cavalieri della tavola Rotonda trova spiegazione in riferimento ai racconti di Chretien de Troyes, che essendo cortigiano dei Re di Francia durante la II e III crociata, ebbe più di un motivo di far propaganda all’Alleanza crociata, disegnando leggendari eroi funzionali alla causa. Questo per dire che anche il de Troyes, pur nella sua “classicità” non sarebbe nient’altro che il macchinista di storia inventata su misura di certe esigenze. Ma l’eredità di Lancillotto e compagni è ormai fedele a quella lettura che negli anni ha alimentato il mito e la leggenda. Uno stravolgimento del genere a meno che non sia anch’esso funzionale ad una qualche logica, cinematografica forse, politica speriamo di no, scandalistica con molta probabilità (in un era in cui basta scrivere che Cristo era sposato per vendere centinaia di migliaia di copie nel mondo) è comunque d’impatto e qualcuno dovrebbe spiegarci. Lj