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Clint ci ha deluso!

Post n°21 pubblicato il 14 Marzo 2005 da LuvelioJUSA

Ecco la storia di un Guerriero dei nostri tempi tragicamente svilito, forse, in una vecchiaia non delle migliori. Adesso lo ricopriranno di Oscar alla carriera, giustamente, ma incenseranno come già fanno, un film che non vale l’ombra di tutta una passata carriera. Parlo di Clint Eastwood, di quel mito vivente che da “Per un pugno di dollari” in poi, ci ha regalato esempi unici di “nuova epica”, pur in salsa western o metropolitana, di quel tipo di cinema che fece di Eastwood un attore “riconosciuto” gelosamente a Destra. Se si pensa a film come “Impiccalo più in alto” si potrebbe pure pensare ad una “Destra Anarchica”, ma insomma quello che mi preme rilevare è che la sinistra certo non aveva mai avuto modo –e pure nella storia di furti di iconolatria ne ha compiuti - di rivendicarne anche solo una lontana rappresentanza. E invece, quando meno te lo aspetti, quando vai tranquillo al cinema convinto che il film potrà solo “confermarti” ma non “sorprenderti”, figurarsi tradirti, succede il patatrac.

“Million dollar baby”, avrei fatto bene a non vederlo.

Facendola breve, al termine di una storia a tratti macchiettistica, il Grande Clint s’è perso nel  messaggio poco edificante, quasi oltre il limite negativo di un nichilismo come quello di Sartre –mi viene da dire-, dove l'eutanasia è propinata con la facilità di un Capezzone.

In più, la strada che porta E. a optare per la Dolce-morte (non so se ha visto il film, sicuramente lo vedrà), è scelta al di là di reali condizioni di malessere fisico. La protagonista non soffre particolarmente dolore fisico, ma mentale; non vuole accettare una vita a-normale. Mi ha inorridito la faciloneria di un film che è il Manifesto dell'Eutanasia, così come della strisciante Cultura Eudemonica da cui essa  trae nutrimento.

La "necessità di morte" è strumentalmente data a bere, come necessità di sfuggire al Dolore fisico, quando invece - se si è attenti al film e non mossi da pregiudizio - si dovrebbe vedere lapalissiano l'incolmabile vuoto a vivere di una psiche mal integrata. Una ragazza evidentemente depressa prima di salire alla ribalta dello sport; lo sport le darà la sensazione di un riscatto come una qualunque illusione; l’incidente fisico la ricondurrà al malessere iniziale. Tutto molto banale e chiaro.
L’epilogo invece è ingiustamente mistificatore, mischia le carte indecorosamente tra la “noia di vivere” (o depressione), con il problema –assolutamente estraneo-  dell’eutanasia. Con questa straordinaria  mistificazione politica, Eastwood dà  l’autorizzazione a tutti i depressi del mondo per farla finita, e agli sbandieratori dell’eutanasia di applicarla. Il fatto curioso è che lo  premieranno per questo.

 

 

 
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