E' ancora scarsa e superficiale la conoscenza in Italia della
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo di cui oggi si celebra il 60° anniversario. Ebbene, secondo una ricerca commissionata dalla Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province Autonome, solo il 9% dei ragazzi e delle ragazze tra i 18 e i 34 anni ha letto il suo testo integralmente; e addirittura il 50% dei giovani non ne ha mai neanche sentito parlare. Invece, il canale unico che consente la conoscenza della Dichiarazione sembra essere la scuola (seguita a distanza dall'Universita'). Secondo lo studio ('I giovani e la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo'), a casa, in famiglia, nei partiti politici e nelle associazioni di volontariato la Carta internazionale sembra essere ''un asteroide lontano e sconosciuto, di cui nessuno parla, nessuno discute e nessuno si prodiga a diffondere''. In termini assoluti chi parla meno della Dichiarazione e' la televisione: il 78% dei giovani che la usano come principale fonte di informazione non conosce questo documento fondamentale per la storia della civilta' umana; segue per livello di scarsa attenzione la carta stampata, con un 54% di ragazzi-lettori che non hanno mai letto la Dichiarazione. Ogni giorno invece i nostri bambini vengono metodologicamente istruiti alla violenza attraverso immagini televisive, cinematografiche, videogiochi ecc. I nostri giovani sono vittime di un continuo ed incessante bombardamento psicologico. La memorizzazione è una delle più importanti componenti della complessa struttura psicologica dell'essere umano. Era il 1948, il mondo usciva stravolto da una guerra senza precedenti che aveva annientato la dignità umana e la comunità internazionale, riunita nella giovane Onu, sentì l'esigenza di mettere nero su bianco un codice etico valido per l'intera umanità. E' nata così la Dichiarazione, redatta da alcuni tra i più importanti intellettuali dell'epoca, dai francesi Jacques Maritain e Renè Cassin, al libanese Charles Malik, al cinese P. C. Chang, sotto la direzione del canadese John Peters Humphrey. A presiedere la commissione Eleanor Roosvelt, moglie del presidente Usa Franklin Delano. Il 10 dicembre 1948 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite vota i 30 articoli del testo finale: 48 i Paesi favorevoli e otto gli astenuti, gli Stati del blocco sovietico, il Sudafrica e l'Arabia saudita. Da allora la Dichiarazione, che si è ispirata ai principi della Rivoluzione francese, seppur non vincolante per i Paesi che l'hanno firmata, è stata il punto di riferimento per lo sviluppo delle moderne democrazie e a tutt'oggi rimane la base dei documenti delle Nazioni Unite e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Dal primo articolo che stabilisce l'uguaglianza e la libertà di tutti gli esseri umani, al trentesimo che sancisce il carattere inalienabile dei diritti, vengono enumerati una serie di principi comuni posti a fondamento della dignità umana. Il diritto alla vita, al giusto processo, alla privacy, all'asilo, alla proprietà, all'istruzione, e poi, la libertà di pensiero e di espressione e la condanna della tortura e della schiavitù. Allora perchè si educa alla violenza e alla guerra la gioventù?Il mondo è chiamato a riflettere su sè stesso, di fronte a un anniversario importante: i 60 anni della Dichiarazione universale dei diritti umani. E le parole della segretaria generale di Amnesty International, Irene Khan, sono chiare: «E’ arrivato il momento che i governi riparino a sei decenni di fallimenti nel campo dei diritti umani e diano seguito alle loro promesse»