PENSATOIO VIRTUALE

Post N° 77


Il compagno azionista Gabriele Oliviero (scrive in rosso) mi chiede di postare la sua risposta per l'amico a_tiv (scrive in nero), dopo aver letto il suo commento al post n.76Mary...il partito d'azione si è sciolto, diluito per necessità ma ancheper ricollocazione politica nei percorsi storici del pensiero. Traqusti c'erano liberali, socialisti, mazziniani, marxisti e persinopatrioti risorgimentali. La politica una volta era per pochi. Siformavano cordate di pensiero che avevano carattere di localismi e diispirazione intellettuale. Oggi i partiti vanno ad assumere aspetti diconsenso diverso. Sono meno tollerate le personalizzazioni e lelocalizzazioni del consenso, anche perchè le strategie politiche sonodiverse da ieri e richiedono coinvolgimenti più vasti. I mercati sonoaperti ed ampi.Credo che ognuno possa analizzare la realtà a seconda del suo peculiare modo di interpretarla. La tradizione politica azionista in Italia non è stata assolutamente estemporanea o legata a banali necessità momentanee come tu sostieni ma affonda le basi nella tardizione anteriore a quella dello stesso risorgimento italiano, tornando indietro nel tempo fino al giacobinismo rivoluzionario francese. Il merito dell’azionismo in italia, non si esaurisce certo nella dura e tenace lotta di Liberazione ma si estende, fino a diventare, in modo originale e tutto italiano, un tentativo di sintesi - a cui il pensiero di Rosselli ha dato il La – tra socialismo e liberalismo; fondendo in modo del tutto nuovo ed innovativo, il concetto di giustizia sociale (tipiche del sentimento socialista) e peculirità e aspirazione personale (tipiche del pensiero liberale).Le esperienze che hanno portato gli azionisti a confluire in altri soggetti politici furono dettate da intendimenti diversi e da un diverso modo di valutare la politica e la realtà del tempo. La visione azionista fu schiacciata dai colossi partitici ed ideologici dell’epoca (PCI-DC)e le forze attrattive di questi poli ne determinarono il disfacimento. Un disfacimento solo apparente perché le idee e il”sentirsi azionisti” ha continuato a mantenersi vivo nel tempo e nell’animo di tutti coloro che hanno continuato a sentirsi orgogliosi di questa appartenenza. Questa tardizione non poteva andare persa ed è per questo motivo che la bandiera azionista è stata nuovamente innalzata dopo ben 61 anni di attesa; appunto perché, al contrario di altre non si è mai estinta. Mi suona strana l’affermazione che fai quando ti riferisci alla  - secondo te – spersonalizzazione della politica odierna. Non so che tipo di imput hai ma ti faccio presente che mai in Italia, la personalizzazione, il culto di sé e della leadership hanno brillato in modo così lucente (a parte il periodo fascista ovviamente). Purtroppo, oggi, al contrario di allora, questi leaders da lustrini e pajettes non possono minimamente essere paragonati, per capacità personali, carisma e cultura ai leaders di allora e questo è uno dei drammi della politica italiana di questi tempi. I leaders non sono leaders veri, ma macchiette della comunicazione, “tronisti” senza qualità.Non ci sono più i grandi blocchi di una volta che, dacontrapposizioni militari, assumevano l'aspetto di protezionismocommerciale. Le scelte politiche, pertanto, sono oggi più che ierilegate alla politiche economiche, perchè si sa che non c'è consenso senon c'è soddisfazione al bisogno. Le scelte economiche si fanno con lemaggioranze che assumono decisioni coerenti. Le scelte dettate dalle necessità dell’economia, difficilmente collimano con le necessità delle persone. Lo sfascio sociale a cui assistiamo affonda le sue radici proprio nella abdicazione della politica nei confronti dell’economia. Personalmente farei volentieri a meno di questa visione delle cose e di questa sudditanza ai poteri forti, per passare ad una politica meno attenta ai bisogni del mercato e più orientata a quelli del popolo. Le decisioni coerenti e giuste, sono quelle in favore delle persone. Possiamo (e dobbiamo) fare a meno di coerenti decisioni e coerenti governi, proni alle esigenze delle multinazionali e del grande capitale.  Prodi, ad esempio, ècaduto principalmente perchè non aveva i numeri per sostenere una suapolitica economica. Era tirato per la giacchetta ora dagli uni oradagli altri, finendo per irritare un po' tutti. Non servono, quindi nuove formazioni politiche.A seconda dei punti di vista, la caduta di Prodi, potrebbe essere vista come un’ottima cosa per il paese vista la sua incapacità nell’azione di governo e la direzione che avevano preso le sue scelte. L’eterogeneità poi non era esclusiva del centrosinistra ma molto più vistosa nel centrodestra che però ha continuato a governare per tutta una legislatura. Il sentire più o meno il bisogno di un nuovo soggetto politico è una questione prettamente personale. Se ci si accontenta di quello che offre il penoso panorama politico italiano e si crede di poterne trarre godimento liberi di accontentarsi; ma bisogna tenere a mente che non tutti sono disposti a subire questo scempio del significato del termine politica e quindi cercano alternative nuove. Sottolineo alternative e quindi necessariamente soggetti nuovi e non restyling di vecchi carrozzoni o stantie nomenklature di partito. Assistiamo persino alla mortificazione del partito, forse il più vecchio, della tradizione democratica italiana:il partito socialista.Il partito scocialista sconta le conseguenze delle sue scelte e del suo passato prossimo. L’incapacità di rinnovamento e di una incisiva azione politica portano necessariamente al coma o alla morte.Servono convergenze e responsabilità. Serve facilitare la scelta nella chiarezza. Oggi, si voglia o menoriconoscerlo, ci sono solo due formazioni politiche che competono perindicare l'indirizzo politico del Paese e sono il PDL ed il PD.Non credo sia una questione di riconoscere o meno una situazione ma soprattutto una questione di riconoscersi in questa situazione. Se fosse vero che questa semplificazione da te auspicata fosse la panacea ai mali di questo paese, mi spieghi perché oltre il 30% dell’elettorato si astiene dal voto? La tua adesione o meno ai programmi di questi due partiti o le tue preferenze non si traducono necessariamente in una universalizzazione delle scelte. E’ una tua scelta, un tuo modo di vedere le cose. Pensare che sia l’unico solo perché numericamente sovrasta gli altri ti pone su un piano antidemocratico, non trovi?La prima si richiama a tutti quei valori che hanno concorso a riconoscere,nella civiltà del confronto e della tolleranza, le scelte socialicapaci di offrire soluzioni di progresso e di benessere.Abbiamo avuto occasione di sperimentare questo benessere durante i cinque anni della passata legislatura. Riproporre questi slogan dopo aver avuto l’occasione di dare concretezza a questi teoremi, dimostra quanto distanti siano le chiacchiere dalla realtà. Diciamo che chi se la sente di essere preso in giro per l’ennesima volta si accomodi pure.L'altra, invece, riviene da un pensiero diverso che una volta si riconoscevanella lotta di classe e nel centralismo politico, mentre oggi permutail suo modello a quello delle società più aperte,anche se spessooffrono la sensazione di non credere in ciò che dicono o che fanno. Iosono per la scelta e non la dispersione.Anche io sono per la scelta. Una scelta coraggiosa di cambiamento e non in una conservazione mascherata da innovazione. Anche in questo caso, come dicevo, è questione di gusti… o di coraggio.Gabriele Oliviero