LIBERI

Mitologia di un Amore


Orfeo, figlio di Calliope, una delle Nove Muse e ispiratrice della poesia. Dalla madre apprese il dono di trarre dalla cetra accordi soavi e suoni delicati. Reduce dalla mitica impresa degli Argonauti (il Vello d'Oro), sposò la dolce ninfa Euridice. Privato della moglie, morta a causa delle insidie di uno spasimante respinto, Orfeo tentò, inutilmente, di riprendersi la sposa dall'Averno, il regno dei morti.In questo nostro modesto itinerario fra i miti greci, finalmente non incontriamo un “eroe”, ma troviamo (udite, udite) un poeta. La vita di tutti i giorni, per noi mortali, può essere bella anche senza i soliti rambo, senza quelle improbabili figure di superuomini che tutto possono e che tutto hanno, ormai fortunatamente rintracciabili solo negli spot pubblicitari e nei film americani. La vita è bella anche se ci compare davanti un semplice uomo molto comune, dall’animo tenero e dai sentimenti poetici.E un poeta fu il nostro mitico Orfeo, che con la sola interiorità dei suoi versi era riuscito a incantare persino le maliarde e pericolose Sirene, quando ne era stato assediato sulla nave degli Argonauti.Ebbe momenti sereni e felici questo giovane uomo, di una felicità fatta di cose semplici e comuni, in una terra ridente dove viveva con la sua amata sposa, la ninfa Euridìce. Le selve e i placidi corsi d’acqua erano il loro mondo, il mondo dei miti, s’intende. Dolce beatitudine: una sposa, l’amore, la serenità. Chiederemmo di più, noi, dalla vita? (sì, dirà certamente qualcuno: un conto in banca).Ma c’è un detto che, nel suo pessimismo, trovo abbastanza realistico e veritiero: quando vedi che la tua felicità sta durando da troppo tempo, comincia a preoccuparti.  E così fu anche per il nostro poeta, forse troppo felice. .Il mondo  - ci avrete fatto caso -  è pieno di seduttori, o di quei pigmei del pensiero che si credono tali: e uno di questi piombò un giorno, d’un tratto, nella vita serena di Orfeo ed Euridice. Còlto da irrefrenabili eccedenze ormonali, questo fusto di borgata si mise in testa che “lui” avrebbe posseduto la bella ninfa, le si parò davanti con fare concupiscente e, alle resistenze di lei, la inseguì per i boschi, furioso perché lei gli sfuggiva e proprio per ciò ancora più eccitato dalla smania di possederla: non le offriva l’Amore, voleva solo sbatterla su un prato e affondare nel suo corpo l’unico argomento virile che fosse capace di usare. Era uno di quelli (e sono tanti) che nella testa hanno solo spermatozoi.Il Cielo fu pietoso con Euridice, pur nella sua crudeltà. Nell’affannosa fuga la ninfa mise un piede sopra un serpe velenoso nascosto nell’erba: un grido soffocato, il bel corpo cadde e i colori della vita impallidirono sul suo volto. Fra le braccia di Orfeo disperato, Euridice uscì dalla vita.Non è nelle capacità mie, ma dei poeti, descrivere e sublimare la disperazione del giovane Orfeo: la stessa natura rimane turbata dal suo grido angosciato, persino gli animali e le rupi, intorno, si commuovono e fanno eco di gemiti ai lamenti del suo cuore colpito; le ombre si fermano, mute e incantate, in un crepuscolo senza fine. Il dolore di aver perso l’amata, così turpemente e così all’improvviso, era troppo grande perché potesse accettarlo. Decise di andarla a cercare, dovunque fosse, anche nell’aldilà: per ritrovarla, per riportarla  - chissà? - alla vita.  E scese nell’Oltretomba.Anche Plutone, il dio degl’Inferi, ne ebbe compassione; vide l’Amore, quello che va oltre la morte. E al disperato poeta che, vivo fra i morti, brancolava piangendo la compagna dei suoi giorni sereni, concesse una grazia: che, dalla folla evanescente delle ombre, una, quella di Euridice, se ne potesse staccare e riprendere il cammino verso la terra, dove splendono il sole e l’amore.Ma a una condizione  - fu l’inesorabile patto - : che nel cammino verso la vita, Orfeo non si volgesse mai indietro per guardare la sposa, finché entrambi non fossero giunti nel mondo della luce. E l’uomo accettò quel patto.La via fu lunga, e penoso non poter riguardare la sposa ritrovata; ma il duro impegno che l’amante si era assunto fu a lungo mantenuto, per la gioia e nella certezza che quel sacrificio significava la vita.Ma se la vita è un sogno, la morte è purtroppo drammaticamente reale. Non le si può sfuggire. A un tratto, giunti quasi sul limitare fra le tenebre e lo splendore, Orfeo non udì più sull’erba i passi della moglie. E si voltò. Vide un’ombra che lentamente si dileguava, scomparendo fra le nebbie del nulla. L’Erebo se l’era ripresa per sempre.Un mattino il corpo di Orfeo fu trovato smembrato in un bosco: in una notte di orge, le fedeli di un dio nemico lo avevano dilaniato.Ma forse, chissà, al mite poeta non fu negato, quel giorno, di ricongiungersi alla sua amata sposa, e nelle nebbie dei sogni ritornare, entrambi vivi e reali, insieme a lei.