MEDITERRANEO

Post N° 58


Inferno - canto 10 10. 1 Ora sen va per un secreto calle, 10. 2 tra 'l muro de la terra e li martìri, 10. 3 lo mio maestro, e io dopo le spalle. 10. 4 «O virtù somma, che per li empi giri 10. 5 mi volvi», cominciai, «com'a te piace, 10. 6 parlami, e sodisfammi a' miei disiri. 10. 7 La gente che per li sepolcri giace 10. 8 potrebbesi veder? già son levati 10. 9 tutt'i coperchi, e nessun guardia face». 10. 10 E quelli a me: «Tutti saran serrati 10. 11 quando di Iosafàt qui torneranno 10. 12 coi corpi che là sù hanno lasciati. 10. 13 Suo cimitero da questa parte hanno 10. 14 con Epicuro tutti suoi seguaci, 10. 15 che l'anima col corpo morta fanno. 10. 16 Però a la dimanda che mi faci 10. 17 quinc'entro satisfatto sarà tosto, 10. 18 e al disio ancor che tu mi taci». 10. 19 E io: «Buon duca, non tegno riposto 10. 20 a te mio cuor se non per dicer poco, 10. 21 e tu m'hai non pur mo a ciò disposto». 10. 22 «O Tosco che per la città del foco 10. 23 vivo ten vai così parlando onesto, 10. 24 piacciati di restare in questo loco. 10. 25 La tua loquela ti fa manifesto 10. 26 di quella nobil patria natio 10. 27 a la qual forse fui troppo molesto». 10. 28 Subitamente questo suono uscìo 10. 29 d'una de l'arche; però m'accostai, 10. 30 temendo, un poco più al duca mio. 10. 31 Ed el mi disse: «Volgiti! Che fai? 10. 32 Vedi là Farinata che s'è dritto: 10. 33 da la cintola in sù tutto 'l vedrai». 10. 34 Io avea già il mio viso nel suo fitto; 10. 35 ed el s'ergea col petto e con la fronte 10. 36 com'avesse l'inferno a gran dispitto. 10. 37 E l'animose man del duca e pronte 10. 38 mi pinser tra le sepulture a lui, 10. 39 dicendo: «Le parole tue sien conte». 10. 40 Com'io al piè de la sua tomba fui, 10. 41 guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso, 10. 42 mi dimandò: «Chi fuor li maggior tui?». 10. 43 Io ch'era d'ubidir disideroso, 10. 44 non gliel celai, ma tutto gliel'apersi; 10. 45 ond'ei levò le ciglia un poco in suso; 10. 46 poi disse: «Fieramente furo avversi 10. 47 a me e a miei primi e a mia parte, 10. 48 sì che per due fiate li dispersi». 10. 49 «S'ei fur cacciati, ei tornar d'ogne parte», 10. 50 rispuos'io lui, «l'una e l'altra fiata; 10. 51 ma i vostri non appreser ben quell'arte». 10. 52 Allor surse a la vista scoperchiata 10. 53 un'ombra, lungo questa, infino al mento: 10. 54 credo che s'era in ginocchie levata. 10. 55 Dintorno mi guardò, come talento 10. 56 avesse di veder s'altri era meco; 10. 57 e poi che 'l sospecciar fu tutto spento, 10. 58 piangendo disse: «Se per questo cieco 10. 59 carcere vai per altezza d'ingegno, 10. 60 mio figlio ov'è? e perché non è teco?». 10. 61 E io a lui: «Da me stesso non vegno: 10. 62 colui ch'attende là, per qui mi mena 10. 63 forse cui Guido vostro ebbe a disdegno». 10. 64 Le sue parole e 'l modo de la pena 10. 65 m'avean di costui già letto il nome; 10. 66 però fu la risposta così piena. 10. 67 Di subito drizzato gridò: «Come? 10. 68 dicesti "elli ebbe"? non viv'elli ancora? 10. 69 non fiere li occhi suoi lo dolce lume?». 10. 70 Quando s'accorse d'alcuna dimora 10. 71 ch'io facea dinanzi a la risposta, 10. 72 supin ricadde e più non parve fora. 10. 73 Ma quell'altro magnanimo, a cui posta 10. 74 restato m'era, non mutò aspetto, 10. 75 né mosse collo, né piegò sua costa: 10. 76 e sé continuando al primo detto, 10. 77 «S'elli han quell'arte», disse, «male appresa, 10. 78 ciò mi tormenta più che questo letto. 10. 79 Ma non cinquanta volte fia raccesa 10. 80 la faccia de la donna che qui regge, 10. 81 che tu saprai quanto quell'arte pesa. 10. 82 E se tu mai nel dolce mondo regge, 10. 83 dimmi: perché quel popolo è sì empio 10. 84 incontr'a' miei in ciascuna sua legge?». 10. 85 Ond'io a lui: «Lo strazio e 'l grande scempio 10. 86 che fece l'Arbia colorata in rosso, 10. 87 tal orazion fa far nel nostro tempio». 10. 88 Poi ch'ebbe sospirando il capo mosso, 10. 89 «A ciò non fu' io sol», disse, «né certo 10. 90 sanza cagion con li altri sarei mosso. 10. 91 Ma fu' io solo, dove sofferto 10. 92 fu per ciascun di tòrre via Fiorenza, 10. 93 colui che la difesi a viso aperto». 10. 94 «Deh, se riposi mai vostra semenza», 10. 95 prega' io lui, «solvetemi quel nodo 10. 96 che qui ha 'nviluppata mia sentenza. 10. 97 El par che voi veggiate, se ben odo, 10. 98 dinanzi quel che 'l tempo seco adduce, 10. 99 e nel presente tenete altro modo». 10.100 «Noi veggiam, come quei c'ha mala luce, 10.101 le cose», disse, «che ne son lontano; 10.102 cotanto ancor ne splende il sommo duce. 10.103 Quando s'appressano o son, tutto è vano 10.104 nostro intelletto; e s'altri non ci apporta, 10.105 nulla sapem di vostro stato umano. 10.106 Però comprender puoi che tutta morta 10.107 fia nostra conoscenza da quel punto 10.108 che del futuro fia chiusa la porta». 10.109 Allor, come di mia colpa compunto, 10.110 dissi: «Or direte dunque a quel caduto 10.111 che 'l suo nato è co'vivi ancor congiunto; 10.112 e s'i' fui, dianzi, a la risposta muto, 10.113 fate i saper che 'l fei perché pensava 10.114 già ne l'error che m'avete soluto». 10.115 E già 'l maestro mio mi richiamava; 10.116 per ch'i' pregai lo spirto più avaccio 10.117 che mi dicesse chi con lu' istava. 10.118 Dissemi: «Qui con più di mille giaccio: 10.119 qua dentro è 'l secondo Federico, 10.120 e 'l Cardinale; e de li altri mi taccio». 10.121 Indi s'ascose; e io inver' l'antico 10.122 poeta volsi i passi, ripensando 10.123 a quel parlar che mi parea nemico. 10.124 Elli si mosse; e poi, così andando, 10.125 mi disse: «Perché se' tu sì smarrito?». 10.126 E io li sodisfeci al suo dimando. 10.127 «La mente tua conservi quel ch'udito 10.128 hai contra te», mi comandò quel saggio. 10.129 «E ora attendi qui», e drizzò 'l dito: 10.130 «quando sarai dinanzi al dolce raggio 10.131 di quella il cui bell'occhio tutto vede, 10.132 da lei saprai di tua vita il viaggio». 10.133 Appresso mosse a man sinistra il piede: 10.134 lasciammo il muro e gimmo inver' lo mezzo 10.135 per un sentier ch'a una valle fiede, 10.136 che 'nfin là sù facea spiacer suo lezzo.