samael

3 MARZO 2011


 messaggio numero 393....stamattina sono uscito col professore, dovendo anche scorrazzare con la mia cagnolina, dall'osservatorio siamo andati in strada per vedere le reazioni della gente, quantomeno per osservare il fenomeno dalla strada. Lui era convintissimo del fatto che nessuno si sarebbe salvato, che l'enorme onda di calore, che sarebbe a sua detta, partita dal sole di lì a poco, ci avrebbe abbrustolito tutti. Non fu così, per fortuna.Poco prima che l'onda si sviluppasse, dall'osservatorio di Monte Mario siamo scesi e ci siamo trovati nei mercati rionali di viale delle Milizie, passeggiavamo come se nulla fosse, ma in realtà eravamo decisamente diretti verso il Tevere, per vedere se l'acqua ne avesse subito un qualche influsso. Obiettai, ma lo feci apposta, che qualunque luogo sarebbe stato un vano ricovero, lui  quasi rassegnato mi rispose che valeva la pena di rimanere sino all'ultimo. Non condividevo affatto il suo stato d'animo e continuavo a ripetergli che nulla sarebbe andato secondo le sue più nere previsioni, che tutto sarebbe passato e che avremmo osservato dei fenomeni naturali certo molto irruenti, ma niente affatto devastanti. Scegliemmo una scalinata irta, di un palazzo che si affacciava proprio su un'ansa del Tevere, da lì, disse, se la morte ci avesse colto, lo avrebbe fatto in modo rapido. Sbuffando per l'insistenza del suo pessimismo mi misi a sedere ed attesi, con la mia cagnolina in braccio, osservando le persone, che erano state avvisate di rimanere in casa, e che invece facevano esattamente le stesse cose che svolgevano tutti i giorni; si arrabbiavano, si arrabattavano, si affannavano...praticamente come se nulla dovesse accadere, offendendo le forze dell'ordine che tentavano di chiudere alcune strade verso il centro città.Il professore guardò l'orologio, e con una faccia seria come non l'avevo mai visto mi disse: -Ci siamo! è quasi mezzogiorno...    gli risposi: -Eufemio, quanto ci mette ad arrivare?   Dette una seconda occhiata all'orologio, a quella patacca sempre puntuale che portava in tasca, non avendo lui il panciotto, e mi disse che l'onda avrebbe impiegato pochissimi secondi ad arrivare e che non c'era il tempo per fare nulla, se non pregare. Stufo di fargli domande mi misi ad osservare e questo che segue è quello che accadde dopo.Una folata di un calore strano, ovattato, musicale quasi, si stese davanti a noi, l'aria divenne violacea, le acque del Tevere si alzarono all'improvviso, ad onde, come se vi fosse una mareggiata, e correvano, sembrava, quasi al contrario, ma era solo l'effetto della marea, a dare quell'impressione. Le foglie dei platani del lungotevere si staccarono, come se fossero secche, ma erano appena verdi, un vento senza apparente direzione appiattì la polvere della strada, come se soffiasse dall'alto, invece che da un unico punto, le nubi, sino ad allora presenti, presero a muoversi tutte in direzioni differenti, alcune evaporarono, altre invece si addensarono, ma tutte si sparpagliarono, come se una mano ci fosse passata attraverso, le avesse rese solide e poi le avesse spostate. Fu allora che dissi ad Eufemio di guardare verso l'osservatorio; una colossale formazione che non poteva essere di nubi si stava eclissando proprio in quell'istante, sembrava una gigantesca cupola, io la vedevo, lui vedeva solo un accenno di quel che gli stavo descrivendo. Poi accadde una cosa stranissima; la mia cagnolina, la sentii parlare, mi disse mentalmente che tutto era passato e tutto era cambiato, anche l'assetto del campo magnetico terrestre e che questi erano solo i primi flares ed i primissimi effetti, quelli evidenti. Notai solo allora dell'enorme silenzio che sovrastava la capitale, a parte i suoni della natura e mi accorsi che poco prima non un solo animale era in giro. Solo allora mi resi conto che stavo ascoltando come prima non facevo, informazioni arrivavano a iosa, da non so quale direzione, informazioni sui cambiamenti dovuti all'esposizione di quei raggi.Dopo circa un minuto tutto tornò normale, tranne l'aria ancora violetta, ed il silenzio....non una macchina riusci ad essere rimessa in moto quel giorno.