Mina 1958 - 2011

1988 - Ridi Pagliaccio


Il primo volume di Ridi Pagliaccio si apre e si chiude con due canzoni d’amore, molto differenti tra loro, ma che affrontano entrambe il tema dell’amore sofferto alla medesima maniera rockeggiante. Con Il portiere di notte, Mina affronta un pezzo relativamente giovane (di due anni prima) e di un autore non ancora affrontato, Enrico Ruggeri: per intensità interpretativa e drammaticità vocale è un gran bel momento di partenza (anche se Ruggeri non gradì molto il risultato). Anche Noi due nel mondo e nell’anima, viene affrontata da Mina in una versione “sopra le righe”, da momenti d’atmosfera quasi onirica  e disperata al rock puro e duro delle chitarre nella coda finale. Il jazz anni ’50 riecheggia nelle note di Moody’s mood di James Moody, appunto, e di Eddie Jefferson, affrontata con suadente grazia ed eleganza. Salto nell’attualità più o meno recente con la bellissima Canzoni stonate, portata al successo da un Gianni Morandi in fase di rinascita artistica: la quotidianità delle immagini, la leggerezza della voce che evoca il ricordo, rendono questo brano uno dei momenti più intensi del volume. Il repertorio di Leon Russel torna ad essere affrontato da Mina con questa versione di This masquerade, portata al successo da George Benson nel 1976. Segue una versione molto rilassata di Into the groove di Madonna, che brilla per degli acuti molto simpatici e dove la gigioneria gioca un ruolo decisivo. Grande momento con It’s impossibile, versione inglese della canzone “Somos novios” di Armando Manzanero (anch’essa interpretata nell'album "Nostalgias"). La canzone, portata al successo da Perry Como, viene affrontata da Mina con una puntualità e un rigore interpretativo meraviglioso: soprattutto nella seconda parte della canzone, quando le note salgono, lei diventa immensa, grandiosa.Romantica, dolce e malinconica è la Mina che emerge da Un’ora, una bellissima canzone creata da due firme storiche del panorama musicale e televisivo italiano: Antonio Amurri e Bruno Canfora: attualizzata dagli arrangiamenti di Massimiliano Pani, la canzone conserva intatta l’atmosfera anni ’60, incredibilmente bella.Veloce, intensa e divertente la versione di You’ll never never know cui segue la ariosa La compagnia, canzone portata al successo da Lucio Battisti ( e più recentemente ripresa da Vasco Rossi) che permette a Mina di appoggiarsi candidamente sul tappeto vocale del coro per lanciarsi a tutta voce nei versi do Mogol. Si ritorna negli Stati Uniti con I left my heart in San Francisco, grande successo da Tony Bennet: Mina, nella sua interpretazione, parte lieve e delicata per rimarcare con decisione e convinzione il finale di canzone. Se la sentissero in America!!!Per aprire il secondo volume, Mario Robbiani costruisce un arrangiamento su misura perchè Mina possa affrontare l’aria di Ridi Pagliaccio, tratta da I pagliacci di Ruggiero Leoncavallo. Momento breve, intenso, lirico e grandioso che trova in quel “one, two three, four” il trait d’union per congiungersi al rock tutto musicale di Das kind ist in dem teller. Il testo ispirato di Paolo Limiti che evoca l’incredulità per l’appagamento, per la felicità dell’amore trovato, sono il tema della bellissima Lui, lui, lui che è da considerare ormai uno dei classici di Mina. Sottilmente ironica, lucidamente acida e sorniona  è la Mina delle immagini felici e retoriche delle festività in E’ Natale, mentre poi  si dedica anima e corpo nella lirica L’ultimo gesto di un clown: anche in questo caso, il testo mai banale di Paolo Limiti, sulla musica di Gianfranco Fasano, crea una storia credibile, vera, fatta di immagini concrete e reali. Mina riesce a donare un pathos e un’intensità interpretativa che chiude il cerchio della perfezione. Amo molto la scrittura di Samuele Cerri che anche in Dalai, si conferma un buon architetto delle immagini e delle parole. Un tipo indipendente è un pezzo malinconico ed amaro, dai colori scusi in cui  viene fuori al meglio lintensità vocale di Mina. La banalità della rima Cuore, amore, cuore viene analizzata nella sua complessità pratica (“sembra tanto facile da fare e non lo è) con leggerezza e semplicità. Pino Presti regala la musica per un brano divertentissimo, ironico, sensuale: Il bignè, che pur non essendo famosa come le altre canzoni del filone mangereccio per l'evidente doppio senso, sicuramente rimane una bella prova di Valentino Alfano. Infine, nostalgica, timorosa, teneramente piccola e insicura è la Mina di Rimani qui, bel finale per un album ricco, sanguigno e ricco di momenti di alta qualità.