DIO E GLI UOMINI

MALASANITA'


Ospedale Tor Vergata e malasanitàMartedì 22 gennaio 2008, Ore 18.00,
ospedale universitario Tor Vergata, Roma, reparto dializzati. E’ finito ora il turno pomeridiano per i dializzati cronici, che tre volte la settimana devono subire il trattamento in quell’ospedale. Tutto come sempre, tutto normale, per quei malati che vedono la loro vita scorrere, in quei tre giorni, attaccati ad una macchina. Una macchina che può determinare la sottile differenza tra la vita e la morte. Tutto normale, tranne un paziente malato da un tempo forse troppo lungo per quel male che ti consente, si, di vivere, ma ti logora dentro un poco alla volta senza dirti quando sarà esaurito il tuo tempo. Quel paziente è come un’anomalia scientifica in quel sistema, un soggetto fuori dalla casistica canonica, fuori dalle statistiche, un paziente anomalo, malato da troppi anni di quel male.Un sopravvissuto, che viene visto con un sorriso di falsa solidarietà dagli addetti alla medicina, quei soloni che sputando diagnosi come sentenze dall’alto delle loro certezze e della loro scienza non vedono gli uomini davanti a loro come tali, ma unicamente come fonte di statistiche per la loro scienza esatta che non ammette errori, eccezioni, sopravvissuti. Il medico responsabile del reparto dialisi vede il suo paziente anomalo avere problemi: fibrillazione cardiaca con frequenza di 140 battiti al minuto, una diagnosi che non lascerebbe dubbi, per una persona “normale” significherebbe ricovero immediato in cardiologia.Per il paziente anomalo no! Forse la sua malattia dura da troppo tempo per pretendere di essere ancora considerato un essere umano e non solo un morto che cammina. Il medico del reparto dialisi chiama la cardiologia e comunica le condizioni del suo paziente anomalo. Risposta via fax dal medico di cardiologia: il paziente può recarsi presso il pronto soccorso dove eventualmente, se e quando saremo chiamati (nota aggiuntiva non presente nella risposta ma di ovvia deduzione), ci recheremo per valutarne le condizioni. Paziente tra l’altro un po’ fastidioso, eh! Non nascondiamocelo (altra nota aggiuntiva non presente ma di altrettanto ovvia deduzione). Il vecchio paziente ha a malapena la forza di raggiungere la macchinetta del trasporto dializzati, non riuscirebbe mai a trovare la forza per recarsi al pronto soccorso tra decine di persone malate e familiari al seguito. E poi perchè dovrebbe farlo, in fondo la risposta avuta è forse più chiara di qualsiasi diagnosi: è ormai solo un morto che cammina e… sarebbe ora smettese di farlo. Non dice nulla, si reca all’uscita dell’ospedale, traballando si appoggia ad una sedia, poi telefona alla figlia: sto per tornare a casa, si… tutto bene… o forse no… ma che cambia. Questa è una storia di ordinaria anormalità verificatasi in un ospedale definito di vertice della nostra sanità nazionale!