Principessa persiana

Viaggio indietro nel tempo


Dieci anni. Viaggio d'istruzione in primavera con la VB unita alla sezione A. Jeans blu con risvolto, timberland color cuoio, cappellino rosa-fucsia, zainetto sulla spalla, macchina fotografica, piccola rubrica verde. Prima gita - così le chiamavano - fuori regione. La sera prima della partenza la mamma mi preparò la camomilla. Era un rito la camomilla serale quando il giorno dopo andavo in gita. Il cuore batteva forte. In pullman si pregava, si cantava, si dormiva, si mangiava. Felici per il tour e protetti dalle suore che vigilavano senza severità. Loro erano così. Poco invadenti, vicine in modo lontano, dolci nel trasmetterci le regole, intelligenti nel dosare ogni attività culturale-religiosa-ricreativa-sportiva, sensibili nel non imporre con la forza, premurose ma non ossessive o possessive. Una delle tante emozioni provate in quel viaggio scolastico, ho compreso, solo da ragazza,che apparteneva ai sintomi della sindrome con cui sono nata, quella di Stendhal. Ricordo la sensazione che avvertì entrando nel giardino della Reggia di Caserta. Sembrava un salotto all'aperto. I miei occhi di bambina videro un'infinita piscina circondata da aiuole curatissime. Riflettevo, mentre camminavo, a quanto era lungo il tragitto per raggiungere la fine della  vasca d'acqua. All'uscita della residenza comprai da un marocchino ambulante un paio di occhiali a specchio. La città che mi emozionò fortemente e busso al cuore romantico fu Firenze. Occhi fissi e gomiti appoggiati al muro a contemplare l'Arno. Perplessa. Mai avevo visto un fiume. E soprattutto mi sembrava strano che si trovasse in una città. Perchè nel Salento non vi sono fiumi in superficie, perchè a scuola ci avevano insegnato che appartenevano al paesaggio montano. Osservai a lungo il Ponte Vecchio. Mi colpì il fatto che un ponte avesse le case. Chissà se si affaccerà qualcuno da quelle finestre con le persiane rotte. Le suore ci portarono anche al Mercatino delle Pulci. Liberi di comprare i souvenir. Acquistai delle sedie a dondolo in miniatura e alcuni vasetti di terracotta. E accarezzai il muso dorato portafortuna del cinghiale all'ingresso delle prime bancarelle. Ricordo un pomeriggio nuvoloso nel Giardino dei Boboli. Ampi spazi e viali. Ma soprattutto vasche d'acqua che mi catturarono per una magia. Statue di guerrieri al galoppo su cavalli che sembravano emergere dall'acqua. Per la meraviglia e la rarità mi misi a scattare dieci foto una dietro l'altra. Nei giorni successivi visitammo Siena che mi apparse tutta colorata di marrone, Assisi dal dolce clima di pace e la cattedrale di Orvieto, la cui facciata, sebbene con le impalcature, trasmetteva il senso della grandiosità e del prezioso con quelli che mi sembravano altissimi "triangoli" e con le pareti dai colori blu ed oro.Peccato però che nessuno ci descriveva alcun sito e luogo in modo dettagliato. Bisognava avere solo occhi per catturare ciò che ti catturava ed ascoltare "qui stiamo a ___". Fortunatamente io soffrivo della sindrome di Stendhal. La maggior parte dei bambini in pullman non ammirava dai finestrini il paesaggio per sorprendersi delle diversità, passeggiava conversando con i compagni e per condividere le cuffie musicali, vibrava alla parola autogrill.