Principessa persiana

Appartenersi


Da qualche giorno rifletto sul concetto dell'appartenere a se stessi, del sentiri "vivi" e presenti dentro di noi. Una sensazione, appunto, di presenza dell'anima al corpo. Difficile da spiegare, se non si è mai vissuto il senso di smarrimento, di "distacco" dal divenire del quotidiano e dall'appartenere a sentimenti e stati d'animo che fissano ed infissano, come fosse un vizio ed un male tarantato. Appartenersi significa in qualche misura possedere se stessi, avere la consapevolezza dell'io presente ed attuale, ritrovare la spontaneità e la meccanicità delle piccole cose quotidiane del fare e dell'esserci. Ritrovare la sostenibilità della vita, e delle azioni. Aver dentro di se la partecipazione degli aspetti "materiali" e dell'oggi, senza sentirsi naufraghi, zingari ed eremiti di esclusive sensazioni e sentimenti inutili e molto spesso logoranti, che graffiano l'anima, soprattutto se taciuti, non verbalizzati, chiusi nella cassa disarmonica dell'anima. Appartenersi significa anche avere gioia dentro di se, una serenità che porta a godersi, a riprendere il cammnino senza voltarsi indietro e pensare ai tempi andati, ad essere grati nel riconoscere un nuovo sentimento di benessere. Senza rinnegare i modi con cui si è affrontato il breve o lungo periodo di dolore, adirarsi per i calendari trascorsi e sentirsi in colpa per il dolore che ci ha crogiolato, ma rallegrarsi per quel clima nuovo di serenità che alimenta la nostra anima. Come canta Gianni Morandi "Amo la vita più che mai, appartiene solo a me , voglio viverla per questo". E quel che andato non mi va di rincorrerlo con la perennità dei ricordi, ora che mi sono liberata dalle croci abitudinarie della rimembranza.