MICHAEL JACKSON

Il mito di Peter Pan e l'infanzia rubata.


Molti hanno attribuito a Michael Jackson "la sindrome di Peter Pan", la quale definisce un soggetto che si rifiuta di crescere, di operare nel mondo degli adulti, rifugiandosi in una realtà immaginaria in cui vigono le regole e i comportamenti del mondo dell'infanzia. Questa sindrome, non contemplata dal DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali),  che sembra descrivere puntualmente la figura di Michael, è stata a sua volta spesso considerata una sua ulteriore stravaganza.Le ragioni dell'attaccamento di Michael alla fanciullezza sono, però, molto più complesse e profonde e vanno ricercate nei meandri tortuosi della sua infanzia, non soltanto negata, ma deviata, distorta, mondata.Fin dalla tenera età di cinque anni, Michael è stato costretto a vivere come un adulto, senza nessuna considerazione per il suo sviluppo psico-affettivo, le cui fisiologiche fasi sono state inibite, dunque saltate.  Il bambino Michael  trascorreva le giornate negli studi di registrazione, guardando da lontano, piangente, i coetanei che giocavano spensierati. Il bambino Michael doveva cantare nei night fumosi in cui si esibivano le spogliarelliste e le prostitute consumavano amplessi coi clienti sui divanetti di velluto. Il bambino Michael ha dovuto subire l'atroce violenza del padre Joe, musicista fallito, che riversava sul figlio le proprie ambizioni artistiche disattese, sfogando su di lui anche la rabbia derivante dall'invidia di un talento straordinario che a lui era stato negato.Molte volte Michael Jackson ha raccontato delle terrbili torture iflittegli dal padre, che si consumavano seguendo una sorta di rituale quasi mistico, durante il quale veniva prima denudato, poi unto su tutto il corpo e infine furiosamente colpito con corde e fruste fino ad essere lasciato esanime.  Ma l'orrore continua. Ai tempi di Jackson Five, per chiudere le serate in gloria,  Joe era solito reclutare delle prostitute: alcune le teneva per sé, le altre le gettava nei letti dei figli, affinchè ne facessero degli "uomini". Il bambino Michael cercava di sottrarsi a quella liturgia deplorevole, ma "l'amorevole" padre si accertava sempre personalmente che almeno "qualcosa" accadesse.Per sopportare un simile calvario, Michael non ha potuto far altro che ricorrere a un meccanismo di difesa: la fissazione, rimanendo bloccato allo stadio preadolescenziale, perché proprio in quella fase egli aveva subito i traumi che ne avevano deragliato i binari della crescita. Crescendo a sua volta, inoltre, sarebbe diventato egli stesso uno di quegli adulti, a cominciare dal padre da cui cercò di farsi amare per tutta la vita, che tanto profondamente lo avevano ferito.Michael rimase un fanciullo puro e innocente, che si circondava di bambini perché quelli erano i suoi coetanei affettivi, a cui egli  cercava di risparmiare almeno un poco di quel dolore che a lui era stato inflitto.