PERPLESSO

Venerdì santo a Chieti, tanti anni fà...


Venerdì Santo a Chieti in una contrada al limite della città quando le strade finivano in viottoli fangosi e canneti impenetrabili. Alle tre precise (l'ora nona) papà ci faceva inginocchiare tra i solchi del maggese bagnato, perchè era morto qualcuno di molto importante. La sera ci portava alla processione: un mito, anche nella scenografia cittadina. I macellai che esponevano gli agnelli morti con le bandierine, i negozi luminosi, (poi venne la tradizione del buio) e poi la processione, un interminabile serpentone di figuranti incappucciati, nella migliore tradizione spagnola, prima silente e a seguire il salmodiare dei canti gregoriani delle partiture dei seminaristi e poi le note struggenti giù in fondo del miserere. Le confraternite degli incappucciati, i simboli affidati alle grandi famiglie, per noi uno dei portatori dell'Angelo era zio Francesco, poi suo figlio Luigino , ci fu un tempo che passò a un altro cugino e compare, Ettorino. Anch'io una volta, non ricordo le circostanze, ebbi l'onore di porgere la spalla all'Angelo. Intanto mammà la regina anche dei fiadoni aveva riempito il circondario dei profumi dei fiadoni, con la foglia della palma benedetta, con i formaggi secchi che aveva asciugato per una mezza stagione sulle "ratelle" , che cominciava a preparare dal giovedì santo. Quando passavano i terzetti che cantavano "la passione". Quelli meno attrezzati con un organetto sfiatato "tre vocette" che risolveva il caso con due tre battute supportate da due cantori che alternativamente, cantavano con ritmo veloce, "..il cristo all'ora di notte".., mentre altri con fiammanti Scadalli a 40 o (i più ricchi) a 80 bassi e addirittura con quattro cantori facevano un vero concerto con il canto commovente e sincopato della "passione". Poi papà a notte fonda quando la processione era rientrata ci portava a "Ciardette" e ci comprava le scarpe e via verso la casa lontana laggiù nella valle oscura rigorasamente a piedi per le carrarecce bagnate.