..Uomini...

25 aprile


Da "Donne e ragazze nella Resistenza in Friuli" , di Flavio Fabbroni , a cura del Comitato Regionale dell'ANPI del Friuli-Venezia Giulia "Nell'Italia occupata nel corso del 1944 prese piede anche una organizzazione di supporto alla resistenza voluta dalle donne: i Gruppi di difesa della donna (GDD). L'obiettivo era di coinvolgere le donne nella resistenza, invitandole a procurare vettovaglie denaro e materiale alla guerriglia, pubblicare giornali, distribuire stampa clandestina organizzare manifestazioni sociali e politiche. I Gruppi intendevano essere, come si dice oggi, trasversali e l'appartenenza politica non interessava.Quando nell'ottobre del '44 il CNL Alta Italia li riconobbe, il Partito Liberale e la Democrazia Cristiana non aderirono e quest'ultima motivò la sua posizione affermando che avrebbe accettato solo un'associazione che si limitasse a scopi esclusivamente assistenziali: le donne, in altre parole, dovevano per alcune forze politiche rimanere relegate al ruolo che la società tradizionale aveva loro attribuito.In Friuli i GDD pubblicarono nella clandestinità anche un giornale, "La donna friulana". Nel numero di marzo del '45 si legge: ...Se noi donne avessimo fatto politica quando il fascismo, espressione delle cricche reazionarie, stava tramando ed attuando oppressioni ed aggressioni, non ci avrebbero affatto ingannate nel modo che ci hanno ingannato."IL DOPO"E infine c'è da considerare l'immagine delle partigiane, come fu recepita da larga parte della società. Negli ambienti più evoluti e politicizzati le ragazze che erano state in montagna o staffette in pianura non subirono in genere violenze psicologiche; molte continuarono il loro impegno pubblico nell'Unione Donne Italiane o nel sindacato, o nelle sezioni dei partiti, pur sempre vivendo il faticoso compromesso con i tempi della famiglia, oltre che per molte, del lavoro. Nei paesi piccoli però e nelle società più tradizionali, l'idea diffusa era che le partigiane fossero andate in montagna a divertirsi e che fossero delle poco di buono. Un esempio per tutti, anche se particolarmente segnato dall'acredine antipartigiana, lo si legge nella relazione del parroco di Puja (Prata di Pordenone) al vescovo della diocesi di Concordia: Se ci sta a cuore la vera grandezza della Patria e se desideriamo il risanamento del nostro popolo dobbiamo augurarci che queste donne partigiane siano eliminate. E' impossibile che figlie del peccato possano riabilitarsi e divenire domani spose fedeli, buone cristiane e madri esemplari.L'impatto con questa realtà indusse molte donne ad archiviare la loro esperienza nel silenzioso mondo della propria interiorità; non poche rinunciarono anche a richiedere il riconoscimento di partigiane, quasi sperando che l'ambiente ostile in cui molte dovevano vivere, col tempo dimenticasse. CONCLUSIONI... Per le donne e le ragazze del XXI secolo, la memoria di quello che seppero fare quelle ragazze e quelle donne negli anni Quaranta dovrebbe essere sprone per i futuri obiettivi da conquistare e per quell'impegno morale e civile quotidiano per il quale la vita diventa degna di essere vissuta."