..Uomini...

Post N° 53


E' un po' lungo lo so.....ma forse qui si trova qualche risposta..... Le parole dell'amoreGalimberti (filosofo) «L' amore parla molto, è un discorso. Si dichiara, e spesso culmina in questa dichiarazione in cui finisce: atto linguistico altamente ambiguo, quasi indecente» scrive Jean Baudrillard .E in effetti, dovendo esprimere l' inesprimibile, l' amore non ha parole, e perciò ne usa in gran quantità nel tentativo disperato di dare espressione a ciò che sfugge alla logica, al buonsenso, all' ordine del discorso che, pur essendo per sua natura tragicamente episodico, finge di essere completo. Si va da una frase all' altra nel tentativo di catturare l' evento, si ricorre persino al silenzio per dare all' evento maggiore intensità, poi basta un cambiamento impercettibile per sconfessare tutte le parole e deviarle dalla via che si era imboccata per dar parola all' amore. Per il solo fatto di essere un sentimento, nel linguaggio l' amore si muove un po' a vuoto, dovendo dichiararsi senza svelarsi, simulare quel che non si sa se si prova o non si prova, negarsi senza precludersi la possibilità di un recupero, esprimersi avendo cura che le parole non siano smentite dal tono con cui si pronunciano e dai gesti che le accompagnano. Nelle cose d' amore, infatti, verità e falsità intrecciano le loro equivoche danze, dove la sincerità non garantisce nulla, così come la menzogna non necessariamente inganna, perché quando a regolare il discorso è la passione, chi parla non si sente fino in fondo responsabile delle sue parole, e soprattutto non è tenuto davvero a renderne conto. Tutto questo dirotta il discorso amoroso al di fuori di qualsiasi controllo linguistico e, grazie a questa sua tipica sregolatezza, è possibile esprimere l' indicibile, rafforzare la menzogna, indebolire la verità, minimizzare il tradimento, contrastare il già detto, appianare l' equivoco, correggere il passo falso, con un cambio di livello di comunicazione, dove la contraddizione svanisce anche se la coerenza arranca. E questo perché gli amanti amano la verità, ma insieme le loro illusioni. E quando le illusioni crollano, se l' amore è una follia, ci si può sempre salvare confessando la propria irragionevolezza, lo stato di vaneggiamento, l' instabilità indotta dalla passione. Per stabilizzare l' instabile, il linguaggio dell' amore di solito ricorre al paradosso e perciò dice che sarà per sempre quel sentimento che si prova in quel momento. Per esprimere la forza e l' intensità ricorre alla durata, quando non è assolutamente vero che la durata di un sentimento dipenda dalla sua intensità. Queste considerazioni valgono anche per quelle condotte a cui molte donne ricorrono per alimentare il gioco dell' amore, differendo nel tempo la concessione di sé, senza mai ovviamente spegnere la speranza. Esse parlano il linguaggio della virtù, in realtà ciò che sta loro a cuore non è la castità, ma la durata. Ciò che esse ottengono è che, nell' attesa l' innamorato finisce per apprezzare più la caccia della preda, perché quando l' amore assorbe tempo, ma soprattutto un tempo insincero, si autodistrugge. Dissolve le qualità che avevano messo le ali alla sua immaginazione e le sostituisce con la familiarità, perché la durata temporale, che conferisce all' amicizia la sua perfezione, non garantisce l' amore dalla sua corrosione. Combinando in modo occulto conquista e sottomissione, l' amore, per riuscire nel suo intento, non può che affidarsi al linguaggio della contraddizione che riesce a combinare sollecitazione e accettazione, per cui si dice che: «L' amore rende ciechi» e nello stesso tempo che «aguzza la vista», o che l' amore è una prigione da cui non si vorrebbe mai uscire, o una malattia da cui non si vorrebbe mai guarire, una ferita che ci si augura non si rimargini mai. Questi paradossi del linguaggio dell' amore vogliono infrangere la logica, perché la logica presiede la normalità, la quotidianità, la vita di tutti i giorni, mentre l' amore vuole esprimere l' eccesso, l' insolito, lo sconvolgente, e non può farlo se non infrangendo le regole della ragionevolezza. Infatti non rappresenta bene la passione l' uso di un linguaggio che dà l' idea di poterla dominare, così come non rappresenta bene l' unicità dell' evento l' impiego di parole che, nella loro ordinata successione, riconosciamo adatte per una normale conversazione. La pretesa totalizzante dell' amore e la propensione per l' eccesso fanno sì che il linguaggio dell' amore non abbia limiti nel sollecitare, nell' indurre, nel desiderare, nel pretendere. Questa mancanza di autolimitazione renderebbe l' amore una condizione parossistica ai confini dell' insostenibilità se a limitarlo non intervenisse il tempo perché, scrive Niklas Luhmann: «L' amore inevitabilmente termina e, in verità, più rapidamente che la bellezza, dunque più rapidamente che la natura~ L' amore dura solo per un breve periodo e la sua fine compensa la mancanza di ogni altro limite. L' essenza stessa dell' amore, l' eccesso, è il fondamento della sua fine». Ma possiamo essere ancora più radicali e dire che la fine di un amore coincide con la sua realizzazione, che perciò deve essere il più possibile differita, se non addirittura evitata. Ciò è dovuto al fatto che l' amore detesta la ripetizione, e siccome è impossibile una creatività spinta all' eccesso, capace di produrre ogni giorno novità, si ricorre a quell' altra strategia che cerca la resistenza, gli ostacoli, gli impedimenti, perché solo così l' amore acquista durata. Qui la parola svolge un ruolo essenziale perché, creando fraintendimenti, incomprensioni ed equivoci all' unico scopo di superarli, garantisce la continuità della comunicazione.